02/06/2006, 00.00
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Papa: scopo della missione è diffondere "l'amore di Dio che dà vita al mondo"

Nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale, Benedetto XVI sottolinea che "se non è orientata dalla carità, se non scaturisce cioè da un profondo atto di amore divino", la missione, primario impegno della comunità ecclesiale, "rischia di ridursi a mera attività filantropica e sociale".

Città del Vaticano (AsiaNews) – Portare fino ai confini della Terra "l'amore di Dio che dà vita al mondo" è lo scopo ultimo della missione, "primario impegno" di tutti i cristiani. Perché "se non è orientata dalla carità, se non scaturisce cioè da un profondo atto di amore divino", la missione "rischia di ridursi a mera attività filantropica e sociale". Nel suo messaggio per la 80ma Giornata missionaria mondiale, che ha per tema: "La carità, anima della missione", reso noto oggi, Benedetto XVI evidenzia l'ottica missionaria del tema della "caritas" di Dio, che è al centro della sua prima enciclica.

"L'amore che Dio nutre per ogni persona – scrive infatti il Papa - costituisce il cuore dell'esperienza e dell'annunzio del Vangelo, e quanti l'accolgono ne diventano a loro volta testimoni". "Il mandato di diffondere l'annunzio di questo amore fu affidato da Gesù agli Apostoli dopo la sua risurrezione, e gli Apostoli, interiormente trasformati il giorno della Pentecoste dalla potenza dello Spirito Santo, iniziarono a rendere testimonianza al Signore morto e risorto. Da allora, la Chiesa continua questa stessa missione, che costituisce per tutti i credenti un impegno irrinunciabile e permanente".

Ogni comunità cristiana – si legge ancora nel messaggio per la Giornata che sarà celebrata il 22 ottobre - è chiamata, dunque, a far conoscere Dio che è Amore".

"Del suo amore – prosegue il Papa - Dio permea l'intera creazione e la storia umana. All'origine l'uomo uscì dalle mani del Creatore come frutto di un'iniziativa d'amore. Il peccato offuscò poi in lui l'impronta divina. Ingannati dal maligno, i progenitori Adamo ed Eva vennero meno al rapporto di fiducia con il loro Signore, cedendo alla tentazione del maligno che instillò in loro il sospetto che Egli fosse un rivale e volesse limitarne la libertà. Così all'amore gratuito divino essi preferirono se stessi, persuasi di affermare in tal modo il loro libero arbitrio. La conseguenza fu che finirono per perdere l'originale felicità ed assaporarono l'amarezza della tristezza del peccato e della morte. Iddio però non li abbandonò e promise ad essi ed ai loro discendenti la salvezza, preannunciando l'invio del suo Figlio unigenito, Gesù, che avrebbe rivelato, nella pienezza dei tempi, il suo amore di Padre, un amore capace di riscattare ogni umana creatura dalla schiavitù del male e della morte".

"Alla vigilia della sua passione - prosegue il messaggio papale - Gesù lasciò come testamento ai discepoli, raccolti nel Cenacolo per celebrare la Pasqua, il 'comandamento nuovo dell'amore – mandatum novum': 'Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri' (Gv 15,17). L'amore fraterno che il Signore chiede ai suoi 'amici' ha la sua sorgente nell'amore paterno di Dio. Osserva l'apostolo Giovanni: 'Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio' (1 Gv 4,7). Dunque, per amare secondo Dio occorre vivere in Lui e di Lui: è Dio la prima 'casa' dell'uomo e solo chi in Lui dimora arde di un fuoco di divina carità in grado di 'incendiare' il mondo. Non è forse questa la missione della Chiesa in ogni tempo? Non è allora difficile comprendere che l'autentica sollecitudine missionaria, primario impegno della Comunità ecclesiale, è legata alla fedeltà all'amore divino, e questo vale per ogni singolo cristiano, per ogni comunità locale, per le Chiese particolari e per l'intero Popolo di Dio. Proprio dalla consapevolezza di questa comune missione prende vigore la generosa disponibilità dei discepoli di Cristo a realizzare opere di promozione umana e spirituale che testimoniano, come scriveva l'amato Giovanni Paolo II nell'Enciclica Redemptoris missio, 'l'anima di tutta l'attività missionaria: l'amore che è e resta il movente della missione, ed è anche l'unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato. E' il principio che deve dirigere ogni azione e il fine a cui essa deve tendere. Quando si agisce con riguardo alla carità o ispirati dalla carità, nulla è disdicevole e tutto è buono' (n. 60). Essere missionari significa allora amare Dio con tutto se stessi sino a dare, se necessario, anche la vita per Lui. Quanti sacerdoti, religiosi, religiose e laici, pure in questi nostri tempi, Gli hanno reso la suprema testimonianza di amore con il martirio! Essere missionari è chinarsi, come il buon Samaritano, sulle necessità di tutti, specialmente dei più poveri e bisognosi, perché chi ama con il cuore di Cristo non cerca il proprio interesse, ma unicamente la gloria del Padre e il bene del prossimo. Sta qui il segreto della fecondità apostolica dell'azione missionaria, che travalica le frontiere e le culture, raggiunge i popoli e si diffonde fino agli estremi confini del mondo".

A conclusione del messaggio, che porta la data dl 29 aprile, Benedetto XVI auspica che "la Giornata Missionaria Mondiale sia utile occasione per comprendere sempre meglio che la testimonianza dell'amore, anima della missione, concerne tutti. Servire il Vangelo non va infatti considerata un'avventura solitaria, ma impegno condiviso di ogni comunità. Accanto a coloro che sono in prima linea sulle frontiere dell'evangelizzazione – e penso qui con riconoscenza ai missionari e alle missionarie - molti altri, bambini, giovani e adulti con la preghiera e la loro cooperazione in diversi modi contribuiscono alla diffusione del Regno di Dio sulla terra. L'auspicio è che questa compartecipazione cresca sempre più grazie all'apporto di tutti". (FP)

 

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