17/09/2019, 11.16
VATICANO
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Papa: la compassione è un ‘linguaggio di Dio’, non è pena, ma ‘coinvolgersi’

“Tante volte il linguaggio umano è l’indifferenza. Farsi carico fino a qui e non pensare oltre”. “La compassione ci porta sulla via della vera giustizia. Sempre bisogna restituire a coloro che hanno un certo diritto, e questo ci salva sempre dall’egoismo, dall’indifferenza, dalla chiusura di noi stessi”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – La compassione “è un linguaggio di Dio”, ma “non è un sentimento di pena”, è “coinvolgersi nel problema degli altri, è giocarsi la vita lì”, come fa il Signore. L’ha detto papa Francesco nell’omelia della messa celebrata stamattina a Casa santa Marta, commentando il brano del Vangelo di Luca della liturgia di oggi (Lc 7,11-17) nel quale si narra dell’incontro di Gesù con la vedova di Nain che piange la morte del suo unico figlio, mentre viene portato alla tomba.

L’evangelista non dice che Gesù ebbe compassione ma che “il Signore fu preso da grande compassione”, e il Papa ha notato che è come se dicesse “fu una vittima della compassione”.

C’era molta gente che accompagnava quella donna ma Gesù vede la sua realtà: è rimasta sola oggi e fino alla fine della vita, è vedova, ha perso l’unico figlio. E’ proprio la compassione, infatti, a far capire profondamente la realtà. “La compassione ti fa vedere le realtà come sono; la compassione è come la lente del cuore: ci fa capire davvero le dimensioni. E nei Vangeli, Gesù tante volte viene preso dalla compassione. La compassione è anche il linguaggio di Dio. Non incomincia, nella Bibbia, ad apparire con Gesù: è stato Dio a dire a Mosè ‘ho visto il dolore del mio popolo’ (Es 3,7); è la compassione di Dio, che invia Mosè a salvare il popolo. Il nostro Dio è un Dio di compassione, e la compassione è – possiamo dire – la debolezza di Dio, ma anche la sua forza. Quello che di meglio dà a noi: perché è stata la compassione a muoverlo ad inviare il Figlio a noi. E’ un linguaggio di Dio, la compassione”.

La compassione “non è un sentimento di pena”, che si prova, ad esempio, quando si vede morire un cane sulla strada: “poveretto, sentiamo un po’ di pena”, nota Francesco. Ma è “coinvolgersi nel problema degli altri, è giocarsi la vita lì”. Il Signore, infatti, si gioca la vita e va lì.

Un altro esempio Francesco lo ha preso dal Vangelo della moltiplicazione dei pani quando Gesù dice ai discepoli di dare da mangiare alla folla che lo ha seguito mentre questi vorrebbero congedarla. “Erano prudenti, i discepoli”, ha commentato  Francesco. ”Io credo – ha proseguito - che in quel momento Gesù si sia arrabbiato, nel cuore”, considerando la risposta: ‘Date loro voi da mangiare!’”. Il suo invito è a farsi carico della gente, senza pensare che dopo una giornata così potessero andare nei villaggi a comprare il pane. “Il Signore, dice il Vangelo, ebbe compassione perché vedeva quella gente come pecore senza pastore”. Da una parte, quindi, il gesto di Gesù, la compassione, dall’altra l’atteggiamento egoistico dei discepoli che “cercano una soluzione ma senza compromesso”, che non si sporcano le mani, come a dire che questa gente si arrangi. “E qui, se la compassione è il linguaggio di Dio, tante volte il linguaggio umano è l’indifferenza. Farsi carico fino a qui e non pensare oltre. L’indifferenza. Uno dei nostri fotografi, dell’Osservatore Romano, ha scattato una foto che adesso è nell’Elemosineria, che si chiama ‘Indifferenza’. Ne ho parlato altre volte, di questo. Una notte d’inverno, davanti a un ristorante di lusso, una signora che vive sulla strada tende la mano a un’altra signora che esce, ben coperta, dal ristorante, e quest’altra signora guarda da un’altra parte. Questa è l’indifferenza. Andate a guardare quella fotografia: questa è l’indifferenza. La nostra indifferenza. Quante volte guardiamo da un’altra parte … E così chiudiamo la porta alla compassione. Possiamo fare un esame di coscienza: io abitualmente guardo da un’altra parte? O lascio che lo Spirito Santo mi porti sulla strada della compassione? Che è una virtù di Dio …”.

Il Papa si è detto poi toccato da una parola del Vangelo odierno quando Gesù dice a questa mamma: “Non piangere”. “Una carezza di compassione”. Gesù tocca la bara, dicendo al ragazzo di alzarsi. Allora, il giovane si mette seduto e inizia a parlare. E il Papa ha sottolineato proprio la fine: “Ed Egli lo restituì alla madre”. “Lo restituì: un atto di giustizia. Questa parola si usa in giustizia: restituire. La compassione ci porta sulla via della vera giustizia. Sempre bisogna restituire a coloro che hanno un certo diritto, e questo ci salva sempre dall’egoismo, dall’indifferenza, dalla chiusura di noi stessi. Continuiamo l’Eucaristia di oggi con questa parola: ‘Il Signore fu preso da grande compassione’. Che Lui – ha concluso - abbia anche compassione di ognuno di noi: ne abbiamo bisogno”.

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