18/03/2007, 00.00
VATICANO
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Papa: il vero senso della vita è esser parte dell’amore di Dio

All’Angelus il Papa parla della Sacramentum Caritatis e sottolinea il rapporto tra Eucaristia e amore di Dio. Questa mattina Benedetto XVI ha visitato il carcere minorile romano di Casal del Marmo ed ha sottolineato che la vera gioia ed il senso della vita discendono dal “porre Dio al primo posto”.
Cittrà del Vaticano (AsiaNews) - Salutato da auguri per il suo onmastico – che cade domani – sia dai fedeli presenti in piazza San Pietro per la recita dell’Angelus che dai giovani del carcere minorile romano di Casal del Marmo, ove si è recato stamattina in visita, Benedetto XVI in entrambe le occasioni ha parlato del senso del rapporto tra Dio e l’uomo. All’Angelus sottolineando come nell’Eucaristia l’amore di Gesù verso i discepoli “passa” a tutti gli uomini e diviene fondamento della gioia cristina, nel carcere minorile indicando nella scelta di seguire Dio il modo per trovare il vero senso della vita e, quindi, della felicità.
 
“L’Eucaristia – ha detto alle 30mila persone presenti in Piazza San Pietro - alimenta nei credenti di ogni epoca quella letizia profonda, che fa tutt’uno con l’amore e con la pace, e che ha origine dalla comunione con Dio e con i fratelli”.
 
Il Papa ha poi parlato della pubblicazione dell’esortazione apostolica postsinodale “Sacramentum caritatis”. “L’ho elaborata – ha detto - raccogliendo i frutti della XI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, svoltasi in Vaticano nell’ottobre del 2005. Conto – ha aggiunto - di ritornare su tale importante testo, ma fin d’ora desidero sottolineare che esso è espressione della fede della Chiesa universale nel Mistero eucaristico, e si pone in continuità con il Concilio Vaticano II e il magistero dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II.
 
“Nell’Eucaristia Cristo ha voluto donarci il suo amore, che lo ha spinto ad offrire sulla croce la vita per noi. Nell’ultima Cena, lavando i piedi ai discepoli, Gesù ci ha lasciato il comandamento dell’amore: ‘Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri’ (Gv 13,34). Ma poiché questo è possibile solo rimanendo uniti a Lui, come tralci alla vite (cfr Gv 15,1-8), ha scelto di rimanere Egli stesso tra noi nell’Eucaristia perché noi potessimo rimanere in Lui. Quando, pertanto, ci nutriamo con fede del suo Corpo e del suo Sangue, il suo amore passa in noi e ci rende capaci a nostra volta di dare la vita per i fratelli (cfr 1 Gv 3,16). Da qui scaturisce la gioia cristiana, la gioia dell’amore”.
 
Di gioia di vivere e del senso da dare alla propria vita, Benedetto XVI aveva parlato anche ai giovani detenuti di Casal del Marmo, sua prima visita ad un carcere. L’istituto - dove sono una cinquantina di ragazzi e ragazze di vari Paesi del mondo - è lo stesso della prima visita in prigione di Giovanni Paolo II (nel 1980), che fu invitato qui dall’allora segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli che per 30 anni trascorreva qui tutto il tempo che poteva, come ha ricordato lo stesso Benedetto XVI.
 
Durante la messa, Benedetto XVI, commentando, in gran parte a braccio, l’episodio evangelico del Figliol prodigo ha evidenziato come dietro alle figure dei due figli ci siano “due progetti di vita abbastanza diversi”, con il figlio più giovane che trova insoddisfacente la sua vita da agricoltore benestante. “Vuole una vita libera da discipline, norme, comandmenti”, “libera con tutte le sue bellezze”. Da parte sua, il padre “è rispettoso”, del figlio, che “deve trovare il suo progetto di vita”.
Così il giovane prende il suo patrimonio. “Adesso la sua libertà è fare quel che voglio fare, non essere nel carcere di queste discipline della casa”. E “nei primi momenti si sente felice, ma poi man mano rimane un vuoto sempre più inquietante”: La “schiavitù della libertà consumata nei piaceri terreni” non era ancora la vita, “anzi la vita si allontana sempre più”. Allora il giovane comincia a riflettere, “a chiedersi se non è piu vita vivere per gli altri”. Egli comincia così una riflessione, un “cammino interiore di maturazione di un un nuovo progetto di vita, che diventa anche cammino esteriore”.
 
La festa per il ritorno del figliol prodigo mostra che “proprio il lavoro, l’umiltà, la disciplina di ogni giorno crea la festa”; il giovane sa che “certo anche in futuro la sua vita sarà non facile, le tentazioni torneranno”, ma ormai saprà che “una vita senza Dio non funziona, manca l’essenziale”.
“I comandamenti non sono ostacoli per la libertà, ma indicatori della strada per andare dove trovare la vita” e “il Vangelo ci aiuta a capire chi è veramente Dio: il Padre misericordioso oltre ogni misura”.
 
Si tratta, nelle parole di Benedetto XVI, di “capire cos’e la liberta e cosa è apparenza di libertà”, affermando che “la libertà è un trampolino per tuffarsi verso la grandezza di Dio o per scendere nel piano inclinato verso l’abisso del peccato e del male”. E, dopo la celebrazione, incontrando i giovani, che ha salutato uno ad uno, e le autorità presenti, il Papa è tornato a chiedere “come si può essere felici quando si soffre, quando si è privati dalla libertà, quando ci si sente abbandonati”, la vera gioia, ha risposto, “è la consapevolezza che Dio vi ama”: “si potrebbe perfino – ha concluso - essere privi di tutto, della libertà e della salute ed essere in pace e sereni nella gioia: il segreto è che Dio occupi il primo posto nella vita”.
 
Dopo la recita dell’Angelus, infine, ha rivolto un particolare saluto al Comitato di collegamento di cattolici per una civiltà dell’amore che, in occasione della festa di San Giuseppe, rilancia la campagna ‘Adotta un papà’, in collaborazione con gli Istituti missionari, a beneficio delle famiglie povere nei Paesi in via di sviluppo”. “Grazie – ha concluso - per questa iniziativa”.
 
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