14/09/2006, 00.00
VATICANO - GERMANIA
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Papa: il sacerdote, "servo" e "voce" di Gesù, per riportare Dio "al centro"

di Franco Pisano
L'incontro con il clero a Freising conclude la visita di Benedetto XVI in Germania. Un viaggio nei luoghi della giovinezza che ha voluto riproporre all'Occidente la "questione cristianesimo".

Freising (AsiaNews) – La vocazione, la vita e la missione del sacerdote, "servo" e "voce" di Gesù. L'incontro con i sacerdoti e i diaconi di Baviera – coloro che "vivono" e "diffondono" la Parola – ha concluso, oggi, il viaggio di papa Ratzinger sui luoghi della sua giovinezza, dedicato a riproporre alla Germania, e quindi all'intero Occidente, la "questione" della fede cristiana. Una visita, aveva detto al suo arrivo, sabato scorso, che vuole essere un incoraggiamento perché "le nuove generazioni restino fedeli al patrimonio spirituale che, attraverso tutte le crisi della storia, ha resistito". "Sono venuto in Germania – ha detto oggi, nel discorso di commiato - per riproporre ai miei concittadini le eterne verità del Vangelo e confermare i credenti nell'adesione a Cristo". "Sono convinto – ha aggiunto - che in Lui, nella sua parola, si trova la via non solo per raggiungere la felicità eterna, ma anche per costruire un futuro degno dell'uomo già su questa terra".

Caldi dei ricordi personali e dell'accoglienza dei compatrioti, questi giorni sono stati usati dal Papa per riproporre il tema della "centralità di Dio", della ricerca del "volto di Dio", nelle sue diverse sfaccettature. Fino al monito alla "sua" Chiesa tedesca, generosissima quando si tratta di sostenere iniziative di tipo sociale anche in Asia e in Africa, molto meno disponibile di fronte a richieste di aiuto per programmi miranti all'evangelizzazione. Il fatto è, ha detto, che l'uomo del Primo mondo, ricco di tecnica e di mezzi, è "sordo" a Dio. "Fin dall'illuminismo – rilevava due giorni fa alla messa di Ratisbona - almeno una parte della scienza s'impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo. E così Egli dovrebbe diventare inutile anche per la nostra vita". Ma si è visto che "i conti non tornano". "I conti sull'uomo, senza Dio, non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il vasto universo, senza di Lui non tornano". Perché Dio è la "Ragione creatrice". Ragione dunque, immensamente superiore a quella umana, ma ragione, ha detto in una "lezione" agli scienziati, nell'università dove insegnò. Tra cristianesimo e ragione c'è dunque una necessaria armonia, un vicendevole obbligato riferimento. Ridurre la ragione solo ai criteri delle scienze naturali o del positivismo non permette di rispondere agli interrogativi che rimangono sempre fondamentali per l'uomo, ai "da dove veniamo" e ai "dove andiamo". E' una strada che apre le porte al nulla e quindi alle violenze sulla vita e sugli uomini. Lo stesso risultato dove può portare la fede che rifiuta il riferimento alla ragione, come nell'Islam, dove "Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza".

In un viaggio che voleva dunque sollecitare a rimettere "Dio al centro", la conclusione non poteva essere che con coloro che hanno fatto del proporre l'insegnamento di Gesù lo scopo della vita. Come lo stesso Benedetto XVI che ha rievocato il legame tra la cattedrale di Friesing e "quegli anni in cui il mio cammino verso il sacerdozio e poi l'esercizio del ministero furono collegati con questo luogo".

"La vita del sacerdote, la natura stessa della sua vocazione e del suo ministero – ha detto oggi - sta tutta all'interno di questa prospettiva che Gesù ci ha rivelato", "un ottimismo di fondo, basato sulla fiducia

nella potenza del Padre, il "Padrone della messe" (Mt 9,38). Questa fiducia di Gesù diventa per noi motivo di speranza, considerando la capacità che Egli ha di scorgere, oltre il velo delle apparenze, l'azione misteriosa ma irresistibile del Padre".

Per qualificare in questo quadro i compiti del sacerdote, Benedetto XVI ha ricordato due definizioni di Sant'Agostino. La prima è "servus Christi". "Nel termine 'servo' – ha osservato - è implicito un concetto di relazione: il servo è tale in rapporto ad un padrone. Qualificare il sacerdote "servus Christi" significa sottolineare che la sua esistenza ha un'essenziale "connotazione relazionale": in ogni sua fibra egli è relativo a Cristo. Questo non toglie nulla al suo riferimento alla comunità, ne costituisce anzi il fondamento: proprio perché 'servo di Cristo', egli è 'in nome di Lui, servo dei suoi servi' (intestazione dell'Ep. 217 a Vitale; cfr anche De pecc. mer. et rem. III; Ep. 130; Sermo Guelf. 32,3 ecc.)".

"L'altra definizione su cui Agostino ritorna spesso per qualificare il ministro ordinato è quella di 'vox Christi'. Egli sviluppa la riflessione su questo tema meditando sulla figura di Giovanni Battista (cfr Serm. 288; 293,3; Serm. Dolbeau 3, ecc.). Il Precursore di Gesù definisce se stesso una semplice 'voce' mandata ad annunziare Cristo che è la 'Parola'".  

"Si rivelano qui la grandezza e l'umiltà del ministero ordinato. Come Giovanni Battista, il sacerdote e il diacono non sono che i precursori, i servitori della Parola. Al centro non stanno loro ma Cristo, di cui essi devono essere 'voce' con tutta la loro esistenza. Proprio da questa riflessione scaturisce la risposta ad una domanda che ogni pastore d'anime responsabile non può non porsi, soprattutto nella situazione attuale di crescente carenza di sacerdoti: come conservare l'unità interiore nell'attivismo a volte logorante del ministero?  L'approccio alla soluzione di questo problema sta nell'intima comunione con Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34)". "Quanto vi è di molteplice e, visto dall'esterno, addirittura di contrapposto nelle mie attività, si trova unificato a livello di motivazione di fondo: è tutto un essere con Cristo, un agire come strumento in comunione con Lui. Da ciò emerge una nuova visione dell'ascesi sacerdotale. Essa non è da collocare accanto all'agire pastorale come un peso aggiuntivo, un altro compito che sovraccarica ulteriormente la mia giornata. Nell'azione stessa io apprendo a superarmi, a donare la mia vita con serenità; nella delusione e nell'insuccesso imparo a rinunciare, ad accettare il dolore, a distaccarmi da me stesso. Nella gioia della riuscita apprendo la gratitudine. Nell'amministrazione dei sacramenti li ricevo interiormente io stesso… Questa ascesi del servizio, il servizio stesso come la vera ascesi della mia vita, è senz'altro un motivo molto importante che richiede però sempre di nuovo un riordinamento interiore dell'agire a partire dall'essere".

 

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