24/01/2020, 12.19
VATICANO
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Papa: comunicazioni sociali, raccontare il bene che unisce e non le falsità

Il messaggio di Francesco è dedicato “al tema della narrazione”. Dio stesso è ad un tempo creatore e narratore. “Egli infatti pronuncia la sua Parola e le cose esistono”. “Anche i Vangeli sono racconti”. La storia di Gesù, poi, mostra come Dio abbia preso a cuore l’uomo e che per Lui “non esistono storie umane insignificanti o piccole”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – L’uomo è l’unico essere che ha “bisogno” di raccontarsi e di raccontare, ma la narrazione non deve essere strumentale, mirare al possesso, ma deve servire la verità, farsi strumento “del bello che ci abita”, frutto dell’amore del Creatore.

Rifuggire dal male, dalla “violenza e falsità” alle quali portano chiacchiere e pettegolezzi e “respirare la verità delle storie buone”, in primo luogo nella Bibbia e nelle altre che “ispirate” possono divenire “un’appendice del Vangelo”, come le Confessioni di Agostino è il cuore del messaggio di papa Francesco per la 54ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, domenica 24 maggio, e che ha per tema «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2). La vita si fa storia”.

Pubblicato oggi, nel giorno del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, il messaggio, scrive il Papa, è dedicato “al tema della narrazione”, perché di fronte al propagarsi di racconti “falsi e malvagi”, fino ai “livelli esponenziali” del deepfake, “credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme”.

Dio stesso, scrive Francesco, è ad un tempo creatore e narratore. “Egli infatti pronuncia la sua Parola e le cose esistono (cfr Gen 1). Attraverso il suo narrare Dio chiama alla vita le cose e, al culmine, crea l’uomo e la donna come suoi liberi interlocutori, generatori di storia insieme a Lui”.

“In questo senso la Bibbia è la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. Al centro c’è Gesù: la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e al tempo stesso la storia d’amore dell’uomo per Dio. L’uomo sarà così chiamato, di generazione in generazione, a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto”.

“Anche i Vangeli, non a caso, sono dei racconti. Mentre ci informano su Gesù, ci ‘performano’  a Gesù, ci conformano a Lui: il Vangelo chiede al lettore di partecipare alla stessa fede per condividere la stessa vita. Il Vangelo di Giovanni ci dice che il Narratore per eccellenza – il Verbo, la Parola – si è fatto narrazione: «Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha raccontato» (Gv 1,18). Ho usato il termine ‘raccontato’ perché l’originale exeghésato può essere tradotto sia ‘rivelato’ sia ‘raccontato’. Dio si è personalmente intessuto nella nostra umanità, dandoci così un nuovo modo di tessere le nostre storie”.

La storia di Gesù, poi, mostra come Dio abbia preso a cuore l’uomo e che per Lui “non esistono storie umane insignificanti o piccole”. “Per opera dello Spirito Santo, ogni storia, anche quella più dimenticata” può “rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo”. “Come il Racconto del Pellegrino di Ignazio. Come la Storia di un’anima di Teresina di Gesù Bambino. Come i Promessi Sposi, come I fratelli Karamazov. Come innumerevoli altre storie, che hanno mirabilmente sceneggiato l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo”.

“In ogni grande racconto entra in gioco il nostro racconto. Mentre leggiamo la Scrittura, le storie dei santi, e anche quei testi che hanno saputo leggere l’anima dell’uomo e portarne alla luce la bellezza, lo Spirito Santo è libero di scrivere nel nostro cuore, rinnovando in noi la memoria di quello che siamo agli occhi di Dio”. E “raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile”. “A Lui possiamo narrare le storie che viviamo, portare le persone, affidare le situazioni. Con Lui possiamo riannodare il tessuto della vita, ricucendo le rotture e gli strappi. Quanto ne abbiamo bisogno, tutti! Con lo sguardo del Narratore – l’unico che ha il punto di vista finale – ci avviciniamo poi ai protagonisti, ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi. Sì, perché nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta a un possibile cambiamento”.

Per questo, “anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio. Non si tratta perciò di inseguire le logiche dello storytelling, né di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori, di rivelare a ciascuno che la sua storia contiene meraviglie stupende. Per poterlo fare, affidiamoci a una donna che ha tessuto l’umanità di Dio nel grembo e, dice il Vangelo, ha tessuto insieme tutto quanto le avveniva”. E che Maria sciolga “il cumulo di nodi in cui è aggrovigliata la nostra vita”, aiutandoci a “costruire storie di pace e di futuro”.(FP)

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