13/09/2020, 13.07
VATICANO
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Papa: Tre appelli per il perdono, per i profughi di Moria, per la riconciliazione sociale

All’Angelus papa Francesco spinge le famiglie e la società al perdono. In Dio “la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”. Il rancore è “come una mosca fastidiosa d’estate”. Solidarietà e vicinanza a tutte le vittime del rogo scoppiato nel campo profughi di Moria (Lesbo), visitato dal papa nel 2016. Le Chiese lavorino “in favore del dialogo e in favore della riconciliazione” nei luoghi di conflitto fra società civile e poteri politici. La Colletta per la Terrasanta.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Un appello al perdono, ricordando che Dio è insieme giustizia e misericordia; un altro alla comunità internazionale perché si mobiliti per i profughi del campo di Moria (Lesbo), colpiti di un incendio; un terzo appello alla riconciliazione per tutti i luoghi dove la società civile manifesta contro il potere politico. Il pontefice non ha citato nessun luogo, ma è probabile che abbia in mente la Bielorussia, il Libano, l’Iraq, la Thailandia, Hong Kong…

Prima della preghiera dell’Angelus con diverse migliaia di pellegrini in piazza san Pietro, Francesco ha sottolineato l’urgenza del perdono: “Quante famiglie disunite che non sanno perdonarsi! Quanti fratelli che hanno questo rancore dentro! È necessario applicare l’amore misericordioso in tutte le relazioni umane: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, all’interno delle nostre comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica”. Commentando il vangelo di oggi (Matteo 18, 21-35), dei due servi debitori, il papa ha mostrato anzitutto la sproporzione fra il servo che “deve al suo padrone diecimila talenti, una somma enorme, milioni e milioni di euro” e l’altro servo che deve a quel primo servo un “debito… piccolissimo, forse come lo stipendio di una settimana”.

“Nella parabola – ha spiegato - troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re, che perdona tanto – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. C’è bisogno di quell’amore misericordioso, che è anche alla base della risposta del Signore alla domanda di Pietro che precede la parabola: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?» (v. 21). E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!”.

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita! Anche in famiglia! Quante famiglie disunite che non sanno perdonarsi! Quanti fratelli che hanno questo rancore dentro! È necessario applicare l’amore misericordioso in tutte le relazioni umane: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, all’interno delle nostre comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica.

Oggi al mattino, mentre celebravo la messa sono stati colpito dalla prima lettura del Siracide, che dice: Ricorda la fine e smetti di odiare! Pensiamo a questa frase tanto toccante. E non è facile perdonare. Nei momenti tranquilli diciamo: questo me ne ha fatto di tutti i colori! Ma anche ne ho fatte tante. Ma poi il rancore torna come una mosca fastidiosa d’estate. Occorre perdonare sempre, non in un solo momento”.

“Affidiamoci – ha concluso - alla materna intercessione della Madre di Dio: Lei ci aiuti a renderci conto di quanto siamo debitori verso Dio, e a ricordarlo sempre, così da avere il cuore aperto alla misericordia e alla bontà”.

Dopo la preghiera mariana, Francesco ha ricordato l’incendio scoppiato nel campo profughi di Moria (Lesbo) il 9 settembre scorso. Il pontefice aveva visitato quel campo nel 2016.

“E’ sempre vivo in me – ha detto il papa - il ricordo della visita compiuta là e dell’appello lanciato assieme al patriarca ecumenico Bartolomeo e all’arcivescovo Hieronymus da Atene ad assicurare un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi, a chi cerca asilo in Europa. Esprimo solidarietà e vicinanza a tutte le vittime di queste drammatiche vicende”.

Un altro appello è stato rivolto dal pontefice per tutti i luoghi in cui vi sono tensioni fra la società civile e i poteri politici. Il papa ha citato molte situazioni (senza fare il nome di alcun Paese) dove avvengono “numerose manifestazioni popolari di protesta che esprimono il crescente disagio della società civile di fronte a situazioni politiche e sociali di particolare criticità”.

E ha aggiunto: “Mentre esorto i dimostranti a far presenti le loro istanze in forma pacifica, senza cedere alla tentazione dell’aggressività e della violenza, faccio appello a tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche e di governo di ascoltare la voce dei loro concittadini e di venire incontro alle loro giuste aspirazioni assicurando il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà civili.

Francesco ha poi rivolto l’invito alle comunità ecclesiali che vivono in tali contesti perché i pastori si adoperino “in favore del dialogo e in favore della riconciliazione”.

Il papa ha anche ricordato che oggi è la giornata di Colletta per la Terrasanta. Per tradizione essa si svolge al Venerdì Santo, ma quest’anno, a causa della pandemia, è stata spostata al 13 settembre, vigilia della festa dell’esaltazione della Santa Croce. “Nel contesto attuale – ha spiegato - questa colletta è ancora di più un segno di speranza e di solidale vicinanza ai cristiani che abitano nella terra dove Dio si è fatto carne ed è morto e risorto per noi. Oggi compiamo un pellegrinaggio spirituale, in spiritu, con l’immaginazione, con il cuore, a Gerusalemme, dove come dice il Salmo sono le nostre sorgenti. E facciamo un gesto di generosità per quelle comunità”.

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