30/07/2016, 21.38
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Papa: Giovani, siate protagonisti della storia, seguendo Gesù “il Signore del rischio”

Alla Veglia di Cracovia, vissuta da un milione di giovani, papa Francesco invita a rispondere di persona all’appello di Gesù per trasformare il mondo. Superare la paura e la paralisi conseguente, non essere “imbambolati” e “intontiti” dal consumismo, dalla felicità comoda come un divano. Gli adulti hanno bisogno del coraggio e del rischio dei giovani. Toccanti testimonianze di una ragazza polacca, una siriana di Aleppo, un giovane paraguayano ex tossicodipendente.

Cracovia (AsiaNews) – Un invito a a passare dalla paura che “si rintana nella chiusura” e nella “paralisi”; a non accontentarsi di rinchiudere la felicità in un “divano”, nell’immobilità , “a stare comodi, tranquilli, ben sicuri”, vivendo, anzi “vegetando”  da “addormentati”, “imbambolati”, “intontiti”. Alla Veglia cominciata stasera alle 19.30 nella spianata del Campus misericordie, papa Francesco ha invitato i giovani ad essere protagonisti della loro vita e della storia, “lasciando un’impronta”. “La storia oggi – ha detto - ci chiede di difendere la nostra dignità e non lasciare che siano altri a decidere il nostro futuro”.

La Veglia di preghiera a cui hanno partecipato almeno un milione di giovani, aveva come tema “Gesù, Sorgente di Misericordia”, ed è stata introdotta dal saluto dell’arcivescovo di Cracovia, il card. Stanisław Dziwisz. Invitando il papa a presidere l’incontro, egli ha detto: “Padre santo, i giovani sono la speranza della Chiesa e del mondo del terzo millennio. Saranno essi a prendere la responsabilità delle sorti delle loro nazioni, comunità e famiglie. Essi annunzieranno il Vangelo della pace con un linguaggio nuovo, con nuova sensibilità,
con nuova speranza”.

Sono seguite poi cinque rappresentazioni sceniche con a tema “la fede ai dubbiosi, la speranza agli scoraggiati, l’amore agli indifferenti, il perdono a chi ha fatto del male, la gioia alle persone tristi”. A queste sono state inframezzate tre testimonianze.

Anzitutto quella di Natalia, una ragazza polacca che viveva nel vuoto del consumismo e della carriera, ma anche nella tristezza, che ha cambiato vita dopo una confessione. “Quando stavo andando a confessarmi  - ha detto - ero convinta che avevo perso per sempre la vita eterna e invece ho sentito che Dio mi aspettava da sempre e Lui ha scelto per me quel giorno. Sono uscita dalla chiesa come da un campo di battaglia, molto stanca ma allo stesso tempo molto felice, con una sensazione di vittoria e con la convinzione che Gesù tornava con me a casa”.

Un’altra testimonianza è quella di Miguel, paraguayano, ex tossicodipendente dall’età di 11 anni, che ha anche ucciso ed è stato in prigione, recuperato nella “Fazenda de la Esperanca”, una casa di accoglienza in Brasile.

Poi è stata la volta di una ragazza siriana, Rand Mittri, di Aleppo, “la città dimenticata”, dove tutto “è stato distrutto, in rovina, sbriciolato”. “Ho imparato – ha sottolineato – che la mia fede in Cristo supera le circostanze della vita… Credo che Dio esista nonostante tutte le nostre sofferenze”.

Rand ha chiesto a tutti di pregare per il suo popolo e il papa, nel suo discorso, ha invitato tutti i giovani a pregare in silenzio per Rand e per tutte le “guerre”, anche quelle interiori.

Prendendo la parola, papa Francesco ha ringraziato da parte di tutti i tre giovani delle testimonianze: “il dolore, la guerra che vivono tanti giovani, non sono più una cosa anonima, non sono più una notizia della stampa, hanno un nome, un volto, una storia, una vicinanza. Oggi la guerra in Siria è il dolore e la sofferenza di tante persone, di tanti giovani come il coraggioso Rand, che sta qui in mezzo a noi e ci chiede di pregare per il suo amato paese”. E per Natalia e Miguel ha commentato: “Siete segno vivo di quello che la misericordia vuole fare in noi”.

“Noi adesso – ha aggiunto - non ci metteremo a gridare contro qualcuno, non ci metteremo a litigare, non vogliamo distruggere. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza, vincere il terrore con più terrore. E la nostra risposta a questo mondo in guerra ha un nome: si chiama fraternità, si chiama fratellanza, si chiama comunione, si chiama famiglia. Festeggiamo il fatto che veniamo da culture diverse e ci uniamo per pregare. La nostra migliore parola, il nostro miglior discorso sia unirci in preghiera”.

A questo punto il pontefice ha invitato tutti i presenti a darsi la mano e a costruire “un ponte”, pregando in silenzio.

Dopo la preghiera, è venuto l’invito a vivere la Pentecoste, a superare la paura  e l’immobilismo, per seguire “Gesù, il Signore del rischio”, andando “per le strade seguendo la ‘pazzia’ del nostro Dio che ci insegna a incontrarlo nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro Dio che ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci stimola a pensare un’economia più solidale. In tutti gli ambiti in cui vi trovate, l’amore di Dio ci invita a portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a Lui e agli altri”.

In un dialogo continuo con i giovani, papa Francesco ha spinto alla decisione personale: “Dio aspetta qualcosa da te, Dio vuole qualcosa da te, Dio aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte delle nostre vite, delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso. E’ così: se tu non ci metti il meglio di te, il mondo non sarà diverso”.

Quasi a commentare le notizie di questi giorni, di violenza e di terrorismo, Francesco ha aggiunto: “La vita di oggi ci dice che è molto facile fissare l’attenzione su quello che ci divide, su quello che ci separa. Vorrebbero farci credere che chiuderci è il miglior modo di proteggerci da ciò che ci fa male. Oggi noi adulti abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità: abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri! E tutti insieme chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della fraternità”.

“Oggi Gesù, che è la via – ha concluso -  ti chiama a lasciare la tua impronta nella storia. Lui, che è la vita, ti invita a lasciare un’impronta che riempia di vita la tua storia e quella di tanti altri. Lui, che è la verità, ti invita a lasciare le strade della separazione, della divisione, del non-senso. Ci stai? Cosa rispondono le tue mani e i tuoi piedi al Signore, che è via, verità e vita? Il Signore benedica i vostri sogni”.

La Veglia è terminata con alcuni canti e preghiere, insieme all’adorazione eucaristica e la benedizione officiata dal pontefice.

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