06/09/2019, 12.32
MOZAMBICO - VATICANO
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Papa in Mozambico: per avere il ‘diritto alla pace’ imparare ad amare il nemico

La visita al centro “Dream” per le persone affette da Aids/Hiv: “i poveri hanno bisogno, del coinvolgimento personale di quanti ascoltano il loro grido”. “Non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull’ ‘equità’ della violenza. Non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è questo: ‘occhio per occhio, dente per dente’”.

Maputo (AsiaNews) – Esercitare il “diritto alla pace” che ha la gente del Mozambico significa abbandonare la “legge del taglione” e imparare ad amare l’altro, anche il nemico. La “legge dell’amore” è stata al centro dell’ultima giornata di papa Francesco in Mozambico, scandita dalla visita all’Ospedale Zimpeto, straordinaria esperienza nella lotta contro l’Aids, e dalla grande messa nello stadio di Maputo.

Situato alla periferia di Maputo, l’ospedale ospita il centro Dream per le persone affette da Aids/Hiv, avviato nel 2002 dalla Comunità di Sant’Egidio. A Maputo si stima che il 23 per cento della popolazione adulta, poco meno di una persona su quattro, sia sieropositiva. Il programma Dream, esteso ad altri dieci Paesi africani si è occupato di mezzo milione di persone e 130mila bambini sono nati sani da madri sieropositive.

Francesco, che ha visitato due reparti del Centro, in un saluto a pazienti e sanitari ha evidenziato che “tutte le persone che, a vari livelli, fanno parte di questa comunità sanitaria diventano espressione del Cuore di Gesù, in modo che nessuno pensi che il loro grido sia caduto nel vuoto. […] [Sono] un segno di condivisione per quanti sono nel bisogno, per sentire la presenza attiva di un fratello e di una sorella. Non è un atto di delega ciò di cui i poveri hanno bisogno, ma il coinvolgimento personale di quanti ascoltano il loro grido. La sollecitudine dei credenti non può limitarsi a una forma di assistenza – pur necessaria e provvidenziale in un primo momento –, ma richiede quella attenzione d’amore che onora l’altro in quanto persona e cerca il suo bene”.

Ancora legge dell’amore nell’ultimo momento pubblico della visita del Papa, la messa tra le oltre 50mila persone presenti nello stadio. In un Paese nel quale solo esattamente un mese fa, il 6 agosto, è stato firmato l’accordo di pace che ha posto fine a una guerra civile che ha provocato un milione di morti, Francesco ha centrato l’omelia sull’evangelico “amate i vostri nemici”.

“Molti di voi – ha detto - possono ancora raccontare in prima persona storie di violenza, odio e discordie; alcuni, nella loro stessa carne; altri, di qualche conoscente che non c’è più; e altri ancora per paura che le ferite del passato si ripetano e cerchino di cancellare il cammino di pace già percorso”.

“È difficile – ha detto ancora - parlare di riconciliazione quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia, oppure invitare a fare un passo di perdono che non significhi ignorare la sofferenza né chiedere che si cancelli la memoria o gli ideali (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 100). Nonostante ciò, Gesù Cristo invita ad amare e a fare il bene. E questo è molto di più che ignorare la persona che ci ha danneggiato o fare in modo che le nostre vite non si incrocino: è un mandato che mira a una benevolenza attiva, disinteressata e straordinaria verso coloro che ci hanno ferito. Gesù, però, non si ferma qui; ci chiede anche di benedirli e di pregare per loro, che cioè il nostro parlare di loro sia un dire-bene, generatore di vita e non di morte, che pronunciamo i loro nomi non per insulto o vendetta, ma per inaugurare un nuovo rapporto che conduca alla pace. Alta è la misura che il Maestro ci propone!”.

“Con tale invito Gesù, lungi dall’essere un ostinato masochista, vuole chiudere per sempre la pratica tanto comune – ieri come oggi – di essere cristiani e vivere secondo la legge del taglione. Non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull’ ‘equità’ della violenza. Non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è questo: ‘occhio per occhio, dente per dente’. Nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali. «Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti» (ibid., 60). L’ ‘equità’ della violenza è sempre una spirale senza uscita; e il suo costo, molto elevato. C’è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace”.

“‘Amarci’, ci dice Gesù. E Paolo lo traduce come ‘rivestirci di sentimenti di tenerezza e di bontà’ (cfr Col 3,12). Il mondo ignorava – e continua a non conoscere – la virtù della misericordia, della compassione, uccidendo o abbandonando persone disabili e anziane, eliminando feriti e infermi, e divertendosi con le sofferenze inflitte agli animali. Allo stesso modo non praticava la bontà, la gentilezza, che ci spinge ad avere a cuore il bene del prossimo tanto quanto il proprio. Superare i tempi di divisione e violenza implica non solo un atto di riconciliazione o la pace intesa come assenza di conflitto, ma l’impegno quotidiano di ognuno di noi ad avere un sguardo attento e attivo che ci porta a trattare gli altri con quella misericordia e bontà con cui vogliamo essere trattati; misericordia e bontà soprattutto verso coloro che, per la loro condizione, vengono facilmente respinti ed esclusi. Si tratta di un atteggiamento non da deboli, ma da forti, un atteggiamento da uomini e donne che scoprono che non è necessario maltrattare, denigrare o schiacciare per sentirsi importanti; anzi, al contrario. E quest’atteggiamento è la forza profetica che lo stesso Gesù Cristo ci ha insegnato volendosi identificare con loro (cfr Mt 25,35-45) e mostrandoci che la via giusta è il servizio”.

“Vogliamo che la pace regni nei nostri cuori e nel palpito del nostro popolo. Vogliamo un futuro di pace. Vogliamo che «la pace di Cristo regni nei vostri cuori» (Col 3,15)”. “Se la pace di Cristo è l’arbitro nei nostri cuori, allora quando i sentimenti sono in conflitto e ci troviamo indecisi tra due sensi opposti, ‘facciamo il gioco’ di Cristo: la decisione di Cristo ci manterrà nella via dell’amore, nel sentiero della misericordia, nella scelta per i più poveri, nella difesa della natura. Nella via della pace. Se Gesù sarà l’arbitro tra le emozioni contrastanti del nostro cuore, tra le complesse decisioni del nostro Paese, allora il Mozambico ha assicurato un futuro di speranza; allora il vostro Paese potrà cantare a Dio, con gratitudine e di tutto cuore, salmi, inni e canti ispirati (cfr Col 3,16)”.

La messa è stato l’ultimo appuntamento di Francesco in Mozambico. Il Papa alle 12.30 (locali) è partito per il Madagascar, seconda tappa del suo viaggio.

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