06/06/2015, 00.00
VATICANO-BOSNIA ERZEGOVINA
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Papa a Sarajevo: Essere operatori di pace, non solo “predicatori”, per contrastare la “terza guerra mondiale a pezzi”

Papa Francesco, alla messa nello stadio Kosevo a Sarajevo condanna chi vuole lo scontro di civiltà e specula sulla vendita di armi. Il lavoro artigianale della pace implica essere anche operatori di giustizia. La riconciliazione con Dio è necessaria per divenire veri operatori di pace. La speranza nel segno dei bambini musulmani, ortodossi, ebrei venuti a salutarlo all’aeroporto. La convivenza in Bosnia fra musulmani, cristiani ed ebrei importante per l’Europa e il mondo.

Sarajevo (AsiaNews) – Essere “operatori di pace” e non “predicatori di pace”, con un lavoro “da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi”. Con l’aiuto di Dio, perché la pace “è dono di Dio”, e praticando la giustizia, è possibile contrastare il clima “di terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’” diffuso nel mondo da chi vuole “lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”.

Sono questi alcuni dei punti salienti dell’omelia che papa Francesco ha pronunciato stamane durante la messa celebrata nello stadio Koševo di Sarajevo, traboccante di giovani, adulti, vecchi e bambini: almeno 80 mila persone, fra cui diversi gruppi di cinesi.

Alla messa “per la pace e la giustizia”, hanno partecipato anche i feriti e i mutilati della guerra che negli anni ’90 del secolo scorso ha sconvolto i Balcani opponendo le popolazioni bosniache (in maggioranza musulmane), i serbi (ortodossi), i croati (cattolici). Con una popolazione mista (musulmani sunniti 45%; ortodossi 36%; cattolici 15%; altre minoranze – fra cui ebrei – al 3%), la Bosnia Erzegovina, può essere un esempio di pace e di convivenza per l’Europa e per il mondo.  Per questo la pace e come costruirla e mantenerla è stato il tema ricorrente di tutti gli interventi del pontefice.

Nell’omelia, (in italiano, con seguente traduzione in bosniaco) Francesco ha detto che la pace “è il sogno di Dio, è il progetto di Dio per l’umanità, per la storia, con tutto il creato”. Tale progetto incontra opposizione “da parte dell’uomo e da parte del maligno”.  Il “clima di guerra”, di “terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’”, è fomentato da “coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi. Ma la guerra significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa soprattutto tante vite spezzate. Voi lo sapete bene, per averlo sperimentato proprio qui: quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore! Oggi, cari fratelli e sorelle, si leva ancora una volta da questa città il grido del popolo di Dio e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà: mai più la guerra!”.

Citando il Vangelo, che dice “Beati gli operatori di pace”, il pontefice precisa: “Non dice “Beati i predicatori di pace”: tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No. Dice: «Beati gli operatori di pace», cioè coloro che la fanno. Fare la pace è un lavoro artigianale: richiede passione, pazienza, esperienza, tenacia. Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia… Questi sì, «saranno chiamati figli di Dio», perché Dio semina pace, sempre, dovunque; nella pienezza dei tempi ha seminato nel mondo il suo Figlio perché avessimo la pace! Fare la pace è un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi”.

“La pace – ha aggiunto - è opera della giustizia. Anche qui: non una giustizia declamata, teorizzata, pianificata… ma la giustizia praticata, vissuta. E il Nuovo Testamento ci insegna che il pieno compimento della giustizia è amare il prossimo come sé stessi (cfr Mt 22,39; Rm 13,9)… Allora la vera giustizia è fare a quella persona, a quel popolo, ciò che vorrei fosse fatto a me, al mio popolo (cfr Mt 7,12)”.

“Non illudiamoci però che questo dipenda solo da noi! Cadremmo in un moralismo illusorio. La pace è dono di Dio, non in senso magico, ma perché Lui, con il suo Spirito, può imprimere questi atteggiamenti nei nostri cuori e nella nostra carne, e fare di noi dei veri strumenti della sua pace. E, andando in profondità, l’Apostolo dice che la pace è dono di Dio perché è frutto della sua riconciliazione con noi. Solo se si lascia riconciliare con Dio, l’uomo può diventare operatore di pace”.

La speranza nel segno dei bambini

Quello di una pace possibile e a portata di mano, con l’aiuto di Dio e degli uomini è un pensiero fisso del pontefice. In precedenza, dopo il suo arrivo all’aeroporto di Sarajevo, all’incontro con le autorità bosniache, egli ha ricordato con commozione il saluto che gli hanno offerto bambini cristiani, musulmani, ebrei e di altre minoranze al suo arrivo (v. foto). “Io ho visto oggi – ha detto a braccio - questa speranza in quei bambini che ho salutato all’aeroporto. Islamici, ebrei, ortodossi, altre minoranze, tutti gioiosi. Quella è la speranza scommettiamo su questo”.  Per Francesco, “la pace e la concordia tra Croati, Serbi e Bosgnacchi, le iniziative volte ad accrescerle ulteriormente, le relazioni cordiali e fraterne tra musulmani, ebrei e cristiani, e altre minoranze religiose rivestono un’importanza che va ben al di là dei suoi confini. Esse testimoniano al mondo intero che la collaborazione tra varie etnie e religioni in vista del bene comune è possibile, che un pluralismo di culture e tradizioni può sussistere e dare vita a soluzioni originali ed efficaci dei problemi, che anche le ferite più profonde possono essere sanate da un percorso che purifichi la memoria e dia speranza per l’avvenire”.

“Abbiamo tutti bisogno – ha aggiunto -  per opporci con successo alla barbarie di chi vorrebbe fare di ogni differenza l’occasione e il pretesto di violenze sempre più efferate, di riconoscere i valori fondamentali della comune umanità, valori in nome dei quali si può e si deve collaborare, costruire e dialogare, perdonare e crescere, permettendo all’insieme delle diverse voci di formare un nobile e armonico canto, piuttosto che urla fanatiche di odio”.

Dopo aver ricordato che “la libertà religiosa” è uno dei diritti umani fondamentali, egli ha concluso dicendo che la Chiesa “auspica vivamente che la Bosnia ed Erzegovina, con l’apporto di tutti, dopo che le nuvole nere della tempesta si sono finalmente allontanate, possa procedere sulla via intrapresa, in modo che, dopo il gelido inverno, fiorisca la primavera. E si vede fiorire la primavera”.

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