23/05/2019, 17.57
VATICANO
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Papa a Caritas Internationalis: Umiltà, comunione, rinuncia, contro efficientismo, mondanità, culto di sé

Messa di inaugurazione per la XXI Assemblea di Caritas Internationalis presieduta da papa Francesco. “Per il bene della missione” devono essere lasciate anche “quelle convinzioni e tradizioni umane che sono più di ostacolo che d’aiuto”. “La presenza di Dio, ... non abita nella grandezza di quello che facciamo, ma nella piccolezza dei poveri che incontriamo”. “Stare davanti al tabernacolo e davanti ai tanti tabernacoli viventi che sono i poveri”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Chiediamo la grazia di accogliere la via indicata dalla Parola di Dio: umiltà, comunione, rinuncia”. Per fare questo è necessario rinunciare a “efficientismo”, “mondanità”, “culto di sé”. È l’invito che papa Francesco ha rivolto ai 450 rappresentanti della Caritas Internationalis nella messa che inaugura la loro XXI Assemblea generale, sul tema “Una famiglia umana, una casa comune”, ispirato all’enciclica “Laudato Si’” (23-28 maggio).

Alla messa, celebrata all’altare della cattedra nella basilica di san Pietro, hanno partecipato almeno 40 vescovi da tutto il mondo, insieme al presidente dell’organismo, il card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippine).

Riferendosi spesso alle letture della messa del giorno (Atti 15, 7-21 e Giovanni 15, 9-11), il pontefice ha anzitutto criticato “la tentazione dell’efficientismo”: “Gesù non vuole che la Chiesa sia un modellino perfetto, che si compiace della propria organizzazione ed è capace di difendere il proprio buon nome… la fede non è una tabella di marcia, ma una «Via» (At 9,2) da percorrere insieme, sempre insieme, con spirito di fiducia”. Occorre perciò apprendere “tre elementi essenziali per la Chiesa in cammino: l’umiltà dell’ascolto, il carisma dell’insieme, il coraggio della rinuncia”.

Nel “coraggio della rinuncia” il papa – citando anche la lettura degli Atti che parla delle decisioni al concilio di Gerusalemme – dice che “per il bene della missione, per annunciare a chiunque, in modo trasparente e credibile, che Dio è amore, anche quelle convinzioni e tradizioni umane che sono più di ostacolo che d’aiuto, possono e devono essere lasciate”, a cui va aggiunta “la rinuncia … a noi stessi”. “Per seguire il Signore – ha continuato - bisogna camminare spediti e per camminare spediti bisogna alleggerirsi, anche se costa. Come Chiesa, non siamo chiamati a compromessi aziendali, ma a slanci evangelici. E nel purificarci, nel riformarci dobbiamo evitare il gattopardismo, cioè il fingere di cambiare qualcosa perché in realtà non cambi nulla. Questo succede ad esempio quando, per cercare di stare al passo coi tempi, si trucca un po’ la superficie delle cose, ma è solo maquillage per sembrare giovani. Il Signore non vuole aggiustamenti cosmetici, vuole la conversione del cuore, che passa attraverso la rinuncia. Uscire da sé è la riforma fondamentale”.

Il “coraggio della rinuncia” viene “dall’umiltà dell’ascolto”: “Sa ascoltare solo chi lascia che la voce dell’altro entri veramente in lui. E quando cresce l’interesse per gli altri, aumenta il disinteresse per sé. Si diventa umili seguendo la via dell’ascolto, che trattiene dal volersi affermare, dal portare avanti risolutamente le proprie idee, dal ricercare consensi con ogni mezzo”.

L’ascolto è soprattutto “l’ascolto della vita: Paolo e Barnaba raccontano esperienze, non idee. La Chiesa fa discernimento così; non davanti al computer, ma davanti alla realtà delle persone. Persone prima dei programmi, con lo sguardo umile di chi sa cercare negli altri la presenza di Dio, che non abita nella grandezza di quello che facciamo, ma nella piccolezza dei poveri che incontriamo. Se non guardiamo direttamente a loro, finiamo per guardare sempre a noi stessi; e per fare di loro degli strumenti del nostro affermarci”.

“Dall’umiltà dell’ascolto al coraggio della rinuncia, tutto passa attraverso il carisma dell’insieme. Infatti, nella discussione della prima Chiesa l’unità prevale sempre sulle differenze. Per ciascuno al primo posto non ci sono le proprie preferenze e strategie, ma l’essere e sentirsi Chiesa di Gesù, raccolta attorno a Pietro, nella carità che non crea uniformità, ma comunione”.

Tale comunione si fonda sul rimanere “nel suo amore”. “Come si fa? Bisogna stare vicini a Lui, Pane spezzato. Ci aiuta stare davanti al tabernacolo e davanti ai tanti tabernacoli viventi che sono i poveri. L’Eucaristia e i poveri, tabernacolo fisso e tabernacoli mobili: lì si rimane nell’amore e si assorbe la mentalità del Pane spezzato. Lì si capisce il «come» di cui parla Gesù: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi» (ibid.). E come il Padre ha amato Gesù? Dandogli tutto, non trattenendo nulla per sé... Quando invece ci tratteniamo dal dare, quando al primo posto ci sono i nostri interessi da difendere, non imitiamo il come di Dio, non siamo una Chiesa libera e liberante. Gesù chiede di rimanere in Lui, non nelle nostre idee; di uscire dalla pretesa di controllare e gestire; ci chiede di fidarci dell’altro e di donarci all’altro”.

“Chiediamo al Signore – ha concluso - che ci liberi dall’efficientismo, dalla mondanità, dalla sottile tentazione di rendere culto a noi stessi e alla nostra bravura. Chiediamo la grazia di accogliere la via indicata dalla Parola di Dio: umiltà, comunione, rinuncia”.

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