04/12/2019, 10.28
VATICANO
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Papa: non è cristiano ricorrere alla magia, in tutte le sue forme

“La fede è abbandono fiducioso nelle mani di un Dio affidabile che si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito”. Il ricordo di padre Popieluszko, ucciso dalla polizia comunista. Nell’incontro con il Consiglio direttivo di Solidarnosc i rapporti tra Chiesa e Stato.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Non è cristiano” ricorrere alla magia in tutte le sue forme. E’ il monito che oggi papa Francesco ha rivolto oggi nel corso dell’udienza generale, prendendo spunto dal passo degli Atti degli apostoli che racconta della missione di Paolo a Efeso e del suo congedo dagli anziani. Un passo, quello degli Atti 20, 32- 35, che ha definito una pagina “bellissima” che ha invitato a leggere.

“Grazie a Paolo – ha detto alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro - circa dodici uomini ricevono il battesimo nel nome di Gesù e fanno esperienza dell’effusione dello Spirito Santo che li rigenera (cfr At 19,1-7). Diversi poi sono i prodigi che avvengono per mezzo dell’Apostolo: i malati guariscono e gli ossessi vengono liberati (cfr At 19,11-12)”.

“La potenza di Dio che irrompe ad Efeso smaschera chi vuole usare il nome di Gesù per compiere esorcismi ma senza avere l’autorità spirituale per farlo (cfr At 19,13-17), e rivela la debolezza delle arti magiche, che vengono abbandonate da un gran numero di persone che scelgono Cristo (cfr At 19,18-19). Un vero capovolgimento per una città, come Efeso, che era un centro famoso per la pratica della magia! Luca sottolinea così l’incompatibilità tra la fede in Cristo e la magia. Se scegli Cristo non puoi ricorrere al mago: la fede è abbandono fiducioso nelle mani di un Dio affidabile che si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito”.

“Forse – ha detto ancora il Papa, parlando a braccio – qualcuno di voi mi dirà: “Ah, sì, questa della magia è una cosa antica: oggi, con la civiltà cristiana questo non succede”. Ma state attenti! Io vi domando: quanti di voi vanno a farsi fare i tarocchi, quanti di voi vanno a farsi leggere le mani dalle indovine o farsi leggere le carte? Anche oggi nelle grandi città cristiani praticanti fanno queste cose. E alla domanda: ‘Ma come mai, se tu credi a Gesù Cristo, vai dal mago, dall’indovina, da tutta questa gente?’, rispondono: ‘Io credo in Gesù Cristo ma per scaramanzia vado anche da loro’. Per favore: la magia non è cristiana! Queste cose che si fanno per indovinare il futuro o indovinare tante cose o cambiare situazioni di vita, non sono cristiane. La grazia di Cristo ti porta tutto: prega e affidati al Signore”.

“La diffusione del Vangelo ad Efeso – ha proseguito - danneggia il commercio degli argentieri, che fabbricavano le statue della dea Artemide, facendo di una pratica religiosa un vero e proprio affare. Su questo  vi chiedo di pensare. Vedendo diminuire quell’attività che fruttava molto denaro, gli argentieri organizzano una sommossa contro Paolo, e i cristiani vengono accusati di aver messo in crisi la categoria degli artigiani, il santuario di Artemide e il culto di questa dea (cfr At 19,23-28)”

Paolo, poi, “manda a chiamare gli anziani della Chiesa di Efeso i presbitero, sarebbero i sacerdoti, per fare un passaggio di consegne ‘pastorali’ (cfr At 20,17-35). Nella parte esortativa, Paolo incoraggia i responsabili della comunità, che sa di vedere per l’ultima volta. E cosa dice loro?: Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge. E questo è il lavoro del pastore: fare la veglia, vegliare su sé stessi e sul gregge. Il pastore deve vegliare, il parroco deve vegliare, fare la veglia, i presbiteri devono vegliare, i vescovi, il papa devono vegliare. Questo è: fare la veglia per custodire il gregge, e anche fare la veglia su sé stessi, esaminare la coscienza e vedere come compie questo dovere di vegliare”.

“Dopo aver affidato questo compito ai responsabili di Efeso, Paolo li mette nelle mani di Dio e li affida alla «parola della sua grazia» (v. 32), fermento di ogni crescita e cammino di santità nella Chiesa, invitandoli a lavorare con le proprie mani, come lui, per non essere di peso agli altri, come lui  a soccorrere i deboli e a sperimentare che «si è più beati nel dare che nel ricevere» (v. 35). Cari fratelli e sorelle – ha concluso - chiediamo al Signore di rinnovare in noi l’amore per la Chiesa e per il deposito della fede che essa custodisce, e di renderci tutti corresponsabili nella custodia del gregge, sostenendo nella preghiera i pastori perché manifestino la fermezza e la tenerezza del Divino Pastore”.

Nel saluto ai fedeli polacchi, Francesco si è rivolto in particolare a organizzatori e  partecipanti alla conferenza dedicata al beato padre Popieluszko, che si è svolta all’Università Urbaniana, in apertura della mostra a lui dedicata. “Vi ringrazio – ha detto loro - per il mantenimento della memoria di questo zelante sacerdote e martire che, barbaramente assassinato dai servizi comunisti, ha dato la vita per l’amore di Cristo, della Chiesa e degli uomini, soprattutto quelli privati della libertà e della dignità”.

Quel periodo della storia polacca è stato al centro anche dell’incontro avvenuto prima dell’udienza generale. Francesco aveva infatti ricevuto il Consiglio direttivo del sindacato polacco “Solidarnosc”, in occasione de 40mo anniversario di fondazione. Nel suo saluto il Papa ha ricordato che Solidarnosc “è stato protagonista di cambiamenti politici e sociali nella vostra Patria e ha avuto un ruolo ispiratore anche al di là dei suoi confini”.

“La parola ‘solidarietà’ si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità» (ibid., 188). È una sensibilità alla voce dei fratelli e sorelle che sono stati privati del diritto a dignitose condizioni di lavoro, alla giusta ricompensa necessaria al sostegno della famiglia, all’assistenza sanitaria o al riposo. «Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa non dispone di soluzioni per tutte le questioni particolari. Tuttavia, insieme con le diverse forze sociali, accompagna le proposte che meglio possono rispondere alla dignità della persona umana e al bene comune» (ibid., 241). Bisogna ricordare che la condizione per positivi cambiamenti nelle strutture sociali è soprattutto il cambiamento della mentalità, delle convinzioni e degli atteggiamenti, a cui vanno educate le giovani generazioni. Altrimenti le stesse nuove strutture, prima o poi, non serviranno più al bene comune, ma a gruppi particolari, e diventeranno corrotte, pesanti e inefficaci, e perfino dannose (cfr ibid., 189)”.

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