P. Stan Swamy, sacerdote arrestato a Ranchi: ‘Fabbricate e false’ le accuse contro di me
Il gesuita 82enne è stato arrestato e rilasciato per ordine della polizia del Maharashtra. Gli agenti hanno creato una falsa lettera che lo collegherebbe a gruppi di guerriglieri maoisti. Il sacerdote difende i diritti di carcerati, dalit, tribali. “Il mio lavoro urta i potenti interessi dei politici al governo”.
Ranchi (AsiaNews) – Le accuse della polizia “contro di me non sono altro che assolute falsità”. Lo afferma p. Stan Lourdusamy (conosciuto come p. Stan Swamy), 82 anni, sacerdote gesuita di Ranchi. Egli è tra gli attivisti che a fine agosto la polizia indiana ha accusato di tradimento, terrorismo e complicità con i guerriglieri maoisti. A differenza di altri cinque volti noti del panorama culturale del Paese, ora in carcere, il sacerdote è stato rilasciato dopo qualche giorno.
Secondo attivisti e membri ecclesiastici, gli arresti servono a ridurre al silenzio coloro che criticano l’attuale governo nazionalista indù e spianare la strada al partito Bjp (Bharatiya Janata Party) alle prossime elezioni del 2019. Il 3 settembre il sacerdote ha diffuso una dichiarazione ufficiale (per il testo completo, v. allegato). Nel testo egli ricostruisce le fasi delle indagini della polizia del Maharashtra, che investiga sugli scontri del gennaio scorso tra dalit e radicali indù. Sono proprio gli scontri ad essere al centro delle accuse di sedizione e incitamento al terrorismo che hanno portato all’arresto degli intellettuali in tutto il Paese.
Tra le accuse rivolte a p. Swamy, l’esistenza di una lettera in cui si parla di un presunto finanziamento a gruppi maoisti. A tal proposito, egli tuona: “Non è nient’altro che una completa invenzione e assoluta falsità diffusa dalla polizia del Maharashtra”. Poi nega la veridicità della lettera e sostiene che si tratta di un documento “fabbricato”.
Secondo il gesuita, a dare fastidio alle autorità di governo è la sua attività in favore dei prigionieri incarcerati senza giusto processo, dei dalit e dei tribali. Egli infatti è il coordinatore del PPSC (Persecuted Prisoners Solidarity Committee), comitato che ha denunciato il ritardo dei processi dei prigionieri “che languono nelle carceri del Jhanrkhand”.
P. Swamy continua la dichiarazione sostenendo che da anni si batte “per far sì che dalit e tribali adivasi prendano coscienza dei loro diritti, così come garantito dalla Costituzione indiana”, e in particolare dei diritti terrieri delle comunità adivasi, contro lo Stato che vorrebbe espropriarne i possedimenti.
“Temo che tutte queste mie attività – conclude il sacerdote – abbiano suscitato l’irritazione di potenti interessi all’interno del governo, che non solo hanno imposto di creare un’accusa di sedizione contro di me in Jharkhand, ma hanno anche incluso il mio nome in un falso caso che mi collega a organizzazioni illegali a livello nazionale. Tutto questo ha un unico obiettivo: screditare me e altri intellettuali, avvocati e attivisti che si battono per i diritti dei più poveri tra i poveri nello Stato del Jharkhand e in tutta l’India.
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