24/01/2015, 00.00
INDIA – USA
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Obama in India: nucleare, terrorismo e clima (all’ombra di Cina e Pakistan)

Il presidente degli Stati Uniti atterrerà domani a New Delhi, per la sua prima visita ufficiale dall’insediamento del Primo ministro Modi. L’inquilino della Casa Bianca parteciperà alla parata per la Festa della Repubblica, ma a premere sono soprattutto le possibilità di nuovi investimenti. Una legge indiana rischia di frenare le “aspirazioni atomiche” di Narendra Modi.

New Delhi (AsiaNews) - L'arrivo di Barack Obama in India apre una questione da 182 miliardi di dollari che attira l'attenzione di quasi tutti i grandi Stati asiatici. Secondo stime degli analisti di Bloomberg, questa è la spesa che il Paese dovrebbe investire per costruire nuove centrali nucleari e - come promesso dal premier Narendra Modi - fornire energia elettrica a 1,2 miliardi di persone, 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Domani Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, atterrerà in India per una visita di Stato di tre giorni, e proprio il nucleare sarà uno dei temi più caldi al centro dei colloqui tra i due leader.

Obama arriva in India appena quattro mesi dopo la visita di Modi a Washington. Il Primo ministro indiano ha sorpreso tutti quando, a stretto giro, ha invitato il presidente Usa a presiedere come "ospite speciale" alla parata per la Festa della Repubblica, il 26 gennaio.

Ma la cerimonia per commemorare l'adozione della Costituzione nel 1950 è, per tanti commentatori, solo la "scusa" ufficiale che Modi ha usato per rivedere presto Obama. Lotta al terrorismo, difesa, clima, investimenti e nucleare sono, infatti, le questioni da discutere al tavolo dei colloqui.

Su quest'ultimo tema, però, c'è un ostacolo legale che rischia di fare da deterrente per nuovi progetti (e investimenti), ovvero la cosiddetta "responsabilità d'incidente". A differenza di tutti gli altri Paesi del mondo, l'India ha una legge sulla responsabilità nucleare (Nuclear Liability Act, 2010) che impone anche al fornitore dei materiali usati per la costruzione e la manutenzione delle centrali di rispondere economicamente alle vittime in caso di incidente. Una clausola voluta con forza da Delhi dopo il disastro di Bhopal, che causò la morte di oltre 15mila persone, ma che è considerata controversa da tanti Stati internazionali.

Tra questi anche gli Stati Uniti, uno dei primi fornitori dell'India in campo atomico insieme alla Russia. Gli analisti sottolineano la difficoltà che Modi avrà per trovare un compromesso. Proprio il suo partito Bharatiya Janata Party (Bjp) - ora al governo, nel 2010 all'opposizione - era stato tra i più strenui sostenitori di tale clausola. Ma oggi portare avanti questa posizione rischia di ritorcersi contro il premier indiano, che attraverso l'energia nucleare ha promesso di portare la corrente elettrica nelle case di tutto il popolo. Oltretutto, mettersi contro gli Stati Uniti potrebbe allontanare investimenti preziosi.

Nel 2008 era stata sempre Washington ad aiutare Delhi a ottenere un'esenzione dal Nuclear Suppliers Group, gruppo di nazioni esportatrici di reattori atomici e carburante, che aveva bloccato il commercio con qualsiasi Paese non aderente al Trattato di non proliferazione nucleare. L'India non ha mai firmato la convenzione e ha condotto il suo primo test nel 1974, anno di formazione del gruppo.

Tuttavia, Modi ha già mostrato di sapersi muovere nei vari equilibri che regolano la geopolitica internazionale, incontrando uno dopo l'altro (a pochi mesi dal suo insediamento) i leader di Giappone, Cina e Stati Uniti. Tutti Stati in contrasto fra loro per vari motivi. 

Proprio Pechino è un altro tasto "caldo" per Stati Uniti e India. Washington è interessata ad avere buoni rapporti con una democrazia in rapido sviluppo come Delhi. Essa può diventare una potenza nel continente asiatico e fare da contraltare al modello di sviluppo cinese, in una regione dove Stati Uniti e Cina competono per conquistare maggiore influenza.

Tuttavia, al di là del grande "potenziale di crescita", i rapporti economici tra Stati Uniti e India sono ancora zoppicanti. Il commercio complessivo tra Washington e Pechino (che in fatto di numeri ha una popolazione simile a quella indiana) è di circa 560 miliardi di dollari, nove volte superiore a quello indo-americano.

Per non parlare dell'altro grande "terzo incomodo": il Pakistan, alleato degli Stati Uniti, ma eterno nemico dell'India. Finora, salvo sporadici episodi, neanche la diplomazia "alla Modi" ha saputo risolvere tale questione.

 

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