Nepal, nove morti negli scontri sulla Costituzione. Kathmandu invia l’esercito
Kathmandu (AsiaNews) - Otto poliziotti, picchiati e bruciati a morte, e un bambino di appena due anni calpestato dalla folla. È questo il tragico bilancio degli scontri di ieri tra forze dell’ordine e manifestanti appartenenti alla minoranza tharu [una tribù di origine mongolica che risiede nella parte meridionale del Nepal - ndr] nel distretto di Kailali. Bamdev Gautam, vice premier e ministro dell’Interno, ha condannato con durezza le violenze e ha deciso di mobilitare l’esercito per riportare il controllo nella regione.
Il contrasto tra il governo di Kathmandu e i gruppi etnici minoritari del Paese si fa sempre più acceso. I gruppi lamentano una mancata rappresentanza nella nuova carta fondamentale del Nepal, la cui bozza è stata presentata a fine giugno. Le proteste di ieri da parte della comunità tharu segnano un livello di violenza elevatissimo e seguono di appena pochi giorni quelle del gruppo madhese, durante le quali sono rimaste uccise altre quattro persone. Entrambi i gruppi sono stanziati nella regione meridionale del Terai [già teatro di violenti scontri - ndr], e chiedono l’istituzione di una provincia autonoma, non prevista dalla suddivisione amministrativa in sei regioni federali che l’Assemblea costituente ha di recente approvato.
I media locali parlano di 21 morti, ma le autorità di governo confermano la morte degli otto poliziotti, tra cui un alto funzionario, e quella del bambino di due anni. Il ministro Gautam ha dichiarato in conferenza stampa: “L’attacco sembrava pianificato e i poliziotti sono rimasti intrappolati tra i manifestanti, che li hanno accerchiati e colti di sorpresa. Gli assalitori avevano armi fatte a mano, coltelli, spade, asce e alcune pistole. Dato che le forze di polizia locali non riescono da sole a controllare le violenze, abbiamo deciso di mandare l’esercito”.
Subas Nemwang, portavoce della Camera, ha invitato tutte le parti in causa a moderare i toni: “Il Parlamento richiede a tutti i gruppi, i quadri di partito, i membri della società civile e tutte le persone di tolleranza a lavorare insieme per la solidarietà e la pace”. Appello condiviso anche dai giovani cattolici, che la settimana scorsa si sono già rivolti ai coetanei delle altre religioni per collaborare insieme e far ripartire il Paese.