28/03/2020, 08.00
INDIA
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Nel blocco di Delhi, il coronavirus, occasione per ‘coltivare il rapporto con Dio’

di Percival Holt

Parla l’ex presidente dei giovani cattolici dell’India. L’incertezza della vita quotidiana, l’impossibilità di uscire, le preoccupazioni dei fedeli per la Settimana Santa. Bene le messe online, ma “serve riscoprire la dimensione della preghiera personale”.

New Delhi (AsiaNews) – Il coronavirus ha sospeso la vita e bloccato gli spostamenti. Ma questo è il tempo per “riscoprire la dimensione della preghiera personale, troppo spesso tralasciata nella vita meccanica che corre al massimo”. Lo dice ad AsiaNews Percival Holt di Delhi, ex presidente del Movimento dei giovani cattolici dell’India. Egli è bloccato al Bethania Centre di Faridabad, sede del National Youth Centre, dove si trova già da qualche settimana per redigere i programmi giovanili. Di seguito il suo racconto.

Da qualche settimana sono al campus del Centro giovanile nazionale insieme ad altre due persone. C’era anche una ragazza, ma è tornata a casa prima del blocco e ci rimarrà fino alla fine della quarantena. Il campus non è molto distante da dove vivo. Nel weekend tornavo a casa e trascorrevo il tempo con la mia famiglia. Il sabato era il giorno dedicato alla spesa al mercato, a qualche commissione e a visitare la capitale. Ora tutto questo non sarà più consentito. Non sappiamo quali movimenti saranno permessi. È tutto in evoluzione. Ma io sto bene e sono sereno.

Il primo ministro ha decretato uno sciopero nazionale per domenica scorsa, 22 marzo, e dal 25 tutta l’India è ferma per tre settimane. Anche le visite mediche sono a rischio. Sono andato in ospedale per una visita di controllo, ma è stata rimandata. Tutto è chiuso, i corrieri sono fermi, i servizi postali sospesi. Sono aperte solo alcune banche, ma raggiungerle è un problema. All’inizio di questa settimana dovevo recarmi ad una filiale, ma sono stato fermato dalla polizia che mi ha domandato dove stessi andando e per quale motivo.

Per ora, la mia quotidianità non è cambiata più di tanto, ma per altre persone è sconvolta. Non si può viaggiare né prendere la metro. La gente non sa come trascorrere il tempo ed è costretta a rimanere in casa. Al campus invece c’è sempre qualcosa da fare: riordinare gli ambienti, pulire, programmare gli eventi per quando la vita tornerà alla normalità. L’arcivescovo di Delhi ci ha chiesto di sviluppare un luogo di formazione per i giovani, quindi stiamo organizzando la fornitura dei corsi.

La giornata trascorre con il ritmo consueto. La mattina celebriamo la messa: siamo molti fortunati di poter ancora partecipare fisicamente alla liturgia, perché in generale non è consentito. Poi facciamo colazione, svolgiamo il lavoro d’ufficio e pranziamo. Dopo il pasto, continuiamo con la programmazione o con le attività nel campus. Nel tardo pomeriggio giochiamo a badminton o altri sport. Dopo cena, ci riuniamo ancora per discutere di pastorale giovanile e di servizio alla Chiesa, confrontandoci su qualsiasi argomento.

Ogni giorno ho l’opportunità di raccogliermi in meditazione nella cappella. Rimango da solo il tempo necessario per pregare e ascoltare canzoni religiose. Con il sacerdote discuto di qualsiasi aspetto che riguardi la fede e la catechesi. È un vero privilegio poter vivere con un prete che continua a seguirmi e a celebrare la messa. Al contrario, per altre persone non è possibile nemmeno confessarsi.

Non sappiamo quali saranno i programmi per la Settimana Santa, se potremo celebrare la Via Crucis, partecipare ai ritiri spirituali e alle funzioni religiose. Molti sono preoccupati perché non sanno come vivere la fede in questa situazione. Anche mia nonna mi ha chiesto: “Come sarà la Via Crucis? Come faremo senza la messa?”. È una situazione nuova per tutti, tranne forse per i nostri nonni che hanno vissuto la partizione dell’India [nel 1947] e la guerra.

Molti vescovi, sacerdoti e persino papa Francesco si sono organizzati per trasmettere la messa online. Tutto questo è una cosa buona. Ma io credo che le persone dovrebbero cogliere l’occasione di spendere questo tempo per la riflessione e la preghiera personale. Altrimenti come potrebbero vivere la fede in una situazione come questa, in cui non è possibile assistere alla messa? Recarsi in chiesa non è l’unico modo in cui poter coltivare lo spirito. È il tempo giusto per riflettere e fare un bilancio sulla propria relazione con Dio, stare da soli e pregare. Il comportamento delle persone è diventato sempre più meccanico, partecipano alla messa solo la domenica. Invece così si può scoprire un rapporto più profondo e significativo con il Padre.

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