18/02/2021, 08.37
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Mosca in rottura con l’Europa. Pechino rivendica la Siberia

di Vladimir Rozanskij

La nuova guerra fredda “ibrida” fra Russia ed EU è iniziata con l’annessione della Crimea. Le ambizioni imperiali di Putin si scontrano con le rivendicazioni della Cina. sulle reti social cinesi sta diventando virale lo slogan “Ridateci la Siberia”.

Mosca (AsiaNews) - Il 15 febbraio, in una conferenza-stampa dopo l’incontro con il suo collega finlandese Pekka Haavisto a San Pietroburgo, il ministro russo degli esteri Sergej Lavrov ha dichiarato che “le nostre relazioni con l’Unione Europea si stanno lacerando, e non per colpa nostra”. Lavrov ha spiegato che dopo il “colpo di stato” dell’Euromaidan ucraino del 2014, l’Unione Europea ha mostrato la sua incapacità di controllare la situazione, cedendo ai ribelli ucraini e in seguito scaricando tutta la responsabilità su Mosca, emanando le sanzioni dopo il referendum di annessione della Crimea e la ribellione dei separatisti del Donbass. E ora la Russia è pronta a rompere del tutto le relazioni con Bruxelles, a cui viene anche lanciata l’accusa di sostenere dall’esterno le proteste in favore del movimento di Aleksej Naval’nyj.

In questi anni, dal dramma ucraino è sorta una nuova variante “ibrida” della guerra fredda tra Russia e Occidente: grande attivismo del controspionaggio russo nei Paesi europei; sostegno ai partiti populisti e sovranisti da parte del Cremlino; intrusioni di hacker e trolley nelle reti sociali a favore degli interessi russi.

L’ostilità della Russia nei confronti dell’Europa porta alla propaganda delle ambizioni imperiali del regime putiniano, e alla legalizzazione delle sue conquiste territoriali.

Ma gli interessi espansionistici della Russia trovano un ostacolo a Oriente: la Cina non vede di buon occhio l’attivismo dei russi, che rischia di creare ostacoli ai progetti di crescita economica del Sol Levante. Al contrario, i cinesi cominciano ad avere essi stessi delle mire espansioniste verso Occidente, a scapito proprio dei territori russi: sulle reti social cinesi sta diventando virale lo slogan “Ridateci la Siberia”.

Negli ultimi 10 anni il Pil cinese è raddoppiato, e ha cominciato a formarsi un’ampia classe media, oltre alla ristretta schiera dei miliardari “oligarchi di regime”. L’idea di recuperare i “territori perduti” si diffonde proprio in conseguenza del benessere sempre più diffuso; e proprio l’annessione russa della Crimea ha ispirato la stessa idea da parte cinese.

Su Weibo sempre più utenti scrivono che la Russia di Putin prima o poi dovrà restituire in modo volontario un milione e mezzo di kmq di territorio, strappati nel corso del XIX secolo dagli aggressivi zar con trattative ingiuste. Questa interpretazione non viene bloccata dalla censura interna, anche perché corrisponde perfettamente ai contenuti dei manuali scolastici cinesi.

In effetti gli zar russi avanzarono pretese molto più ampie di tutti i Paesi che si spartirono i territori cinesi nell’800. Il regime bolscevico non ha mutato l’atteggiamento imperialista del regime zarista nei confronti della Cina. Perfino gli abitanti della Buryatia (v. foto: lago Bajkal), cittadini russi di etnia mongola e cinese, chiedono da tempo di essere reintegrati nella regione federale siberiana, e molti vorrebbero essere riannessi alla Cina.

Nel 2020 il ministero cinese degli esteri ha costretto l’ambasciata russa a cancellare dal proprio sito la spiegazione del nome della città di Vladivostok, “Dominio dell’Oriente”, e a segnalare il suo nome cinese di Haishenwai (海参崴) che andrebbe restaurato come nome effettivo del grande centro portuale russo sul Pacifico. E così, proprio i russi, che pretendono il ritorno di territori come la Crimea, avrebbero indicato ai cinesi la strada per il ritorno a Pechino della Ksibolia, il vero nome della Siberia.

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