Minya: uccisi decine di pellegrini copti in un attacco. 'Cristiani obiettivo dei terroristi'
Secondo p. Rafic, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, i miliziani vogliono “purificare l’Egitto e il Medio oriente dalla presenza cristiana”. L’attentato alla vigilia del Ramadan “la peggior pubblicità”. Un momento “triste” per l’Egitto, anche “per i musulmani che vogliono la pace”. Preghiere e messe in serata in ricordo delle vittime.
Il Cairo (AsiaNews) - I cristiani sono “un obiettivo dei terroristi”, questo è ormai un “dato di fatto”. Secondo un’ottica distorta, le loro azioni “sono un tentativo di “purificare l’Egitto e tutto il Medio oriente dalla presenza cristiana”. È quanto afferma ad AsiaNews p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, commentando l’ultimo attacco di oggi contro i cristiani copti nel Paese. “Vi sono diverse fonti contraddittorie - prosegue il sacerdote - sul numero delle vittime: secondo alcuni 23, per altri 25, ora le ultime voci parlano di 26 morti [un ultimo bilancio riferisce di 36 morti, ndr]. Quello che è certo è che fra le vittime, vi sarebbero anche numerosi bambini”.
In un primo momento alcune fonti locali, rilanciate dall’agenzia ufficiale di Stato, avevano parlato di una decina di uomini, armati di mitragliatrici, che hanno bloccato un bus carico di pellegrini diretti al monastero di Anba Samuel, nel governatorato di Minya, nell’ovest dell’Egitto. Gli assalitori hanno quindi aperto il fuoco sui passeggeri. Uno dei miliziani avrebbe filmato con il cellulare il massacro.
P. Rafic afferma che, dalle ultime informazioni, “i mezzi assaltati dai terroristi sono almeno tre”. Oltre alle vittime vi sono anche decine di feriti, alcuni dei quali versano in gravi condizioni. A colpire i mezzi con a bordo i cristiani copti un commando jihadista, forse riconducibile a uno dei gruppi affiliati allo Stato islamico (SI), attivi da tempo nella zona. Testimoni oculari affermano che i miliziani indossavano divise militari.
I fedeli si stavano dirigendo a un monastero ortodosso nell’Alto Egitto, a circa 300 km dal Cairo. Un luogo di culto frequentato nel fine settimana per la preghiera e la messa, in particolare il venerdì che è il giorno di festa e di riposo settimanale nel Paese. “La gente - racconta il sacerdote - si reca numerosa nella zona per le funzioni. Essi rappresentavano un facile obiettivo per i terroristi”.
“Oggi è la vigilia dell’inizio del Ramadan - osserva il portavoce della Chiesa cattolica - e i terroristi hanno deciso di attaccare. Come avevano fatto l’11 dicembre, in concomitanza con la festa del profeta Maometto. Attaccano quando c’è gente, per colpire nel mucchio”.
Un nuovo attentato a poche ore dall’apertura del mese islamico di digiuno e preghiera “è la peggior pubblicità” che possano fare i terroristi, aggiunge p. Rafic, oltre che “un momento triste per l’Egitto, gli egiziani ma soprattutto i musulmani che vogliono vivere in pace”. “Questa sera - conclude - nelle messe e nelle funzioni, pregheremo per queste nuove vittime cristiane”.
L’attacco di oggi è solo ultimo episodio di una lunga scia di sangue. Dal dicembre scorso sono almeno 75 i membri della minoranza religiosa (il 10% circa del totale della popolazione) a essere morti sotto i colpi dei fondamentalisti islamici. Fra questi le vittime delle esplosioni alle chiese del mese scorso, la domenica delle Palme, e i fedeli deceduti nel contesto dell’attacco contro la cattedrale copta di san Marco in Abassiya, al Cairo, a dicembre.
Nelle ore successive agli attacchi, i vertici di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] hanno rivendicato gli attentati e minacciato nuove violenze contro la minoranza nel Paese.
L’escalation di violenze aveva fatto temere anche la cancellazione del viaggio apostolico di papa Francesco in Egitto, in programma a fine aprile. Tuttavia, il pontefice ha voluto rispettare il programma iniziale incontrando il presidente della Repubblica al-Sisi, il grande imam di al-Azhar Ahmad Al-Tayeb e celebrando una messa davanti a decine di migliaia di fedeli.
Nei giorni scorsi il pubblico ministero egiziano ha rinviato a giudizio 48 (presunti) miliziani o simpatizzanti dello Stato islamico (SI), per legami con i tre attentati alle chiese copte. Ad oggi, 31 di questi sono rinchiusi in carcere in base a un provvedimento di custodia cautelare; i rimanenti risultano tuttora latitanti. In risposta alle violenze il presidente egiziano Abdul Fattah al-Sisi ha proclamato uno stato di emergenza per tutta la nazione. Oggi egli ha presieduto una riunione del Gabinetto per la sicurezza, durante il quale ha confermato la “guerra a tutto campo” contro i movimenti jihadisti e l’estremismo nel Paese.(DS)
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