09/09/2020, 07.30
BIELORUSSIA-RUSSIA
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Maria Kolesnikova strappa il passaporto per non essere espulsa dalla Bielorussia

di Vladimir Rozanskij

È un alto esponente dell’opposizione. Altri due membri del Comitato di coordinamento sono stati deportati in Ucraina. I media statali li accusano di “fuga”. Svetlana Tikhanovskaja: “Terrorismo” di Stato. Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk, ancora bloccato in Polonia. Studenti di Mosca a sostegno dell’opposizione bielorussa.

Mosca (AsiaNews) - Maria Kolesnikova (foto1), maggiore esponente dell’opposizione in Bielorussia, ha strappato ieri il passaporto davanti ai doganieri ucraini, per evitare di essere forzatamente deportata dalla Bielorussia in Ucraina. La donna era stata prelevata il giorno precedente da uomini sconosciuti insieme ad altri due membri del Comitato di coordinamento dell’opposizione, Anton Rodnenkov e Ivan Kravtsov (foto 2), che si troverebbero attualmente in territorio ucraino. La candidata sconfitta Svetlana Tikhanovskaja, a sua volta trasferita forzatamente in Lituania, ha parlato di “terrore” da parte delle autorità bielorusse, per impedire qualunque attività delle opposizioni.

Lo scorso sabato, 5 settembre, era stata deportata in Polonia la principale collaboratrice della Tikhanovskaja, Olga Kovalkova, e ora le tre donne a capo del gruppo di oppositori a Lukašenko sono estromesse da ogni attività. Dopo l’espulsione della Kovalkova, i membri del Comitato hanno discusso che posizione prendere in caso di repressioni dirette, e la Kolesnikova aveva dichiarato di non voler lasciare il Paese in nessun modo, anche di fronte alla violenza. I canali televisivi statali hanno comunicato che Maria Kolesnikova ha tentato di lasciare illegalmente la Bielorussia ed è stata arrestata, mentre Rodnenkov e Kravtsov sono “fuggiti in Ucraina”; i doganieri avevano raccontato invece che tutti e tre avevano passato la frontiera.

Intanto, dal 31 agosto, all’arcivescovo di Minsk Tadeusz Kondrusiewicz, accusato dal presidente Lukašenko di “immischiarsi nella politica”, viene impedito il rientro in Bielorussia. Il presule è stato difeso da tutti i vescovi e i sacerdoti cattolici del Paese, che insieme ai fedeli danno testimonianza di essere vicini al popolo e alle sue preoccupazioni. Il parroco di S. Antonio di Padova a Vitebsk, una cittadina bielorussa molto vicina alla frontiera con la Russia, padre Vjačeslav Borok (foto 3), ha rilasciato un’intervista al portale Snob.ru in cui parla di “una vera guerra civile, in cui è stata violata la pace e la concordia degli abitanti della Bielorussia: più di 8000 persone arrestate, 6 hanno perso la vita, molti sono scomparsi senza dare notizia, centinaia hanno subito violenze. I colpevoli stanno dalla parte delle autorità statali; la Chiesa non protesta, ma predica la parola di Dio e difende la persona umana e la sua dignità”.

Padre Borok assicura che il comportamento dei sacerdoti cattolici bielorussi non è differente da quello dei rappresentanti delle altre confessioni religiose del Paese, come ortodossi e protestanti. “Anche il metropolita ortodosso Pavel è stato bruscamente trasferito in Russia, impedendogli di svolgere la sua missione”, mentre altri vescovi ortodossi, come Artemij di Grodno, parlano apertamente di violazione della verità e della giustizia. Ufficialmente gli ortodossi non rilasciano dichiarazioni, ma molti hanno comunicato in modo diretto la loro solidarietà agli stessi sacerdoti cattolici.

Secondo padre Borok, “non si tratta di una contrapposizione tra Oriente e Occidente. Abbiamo solo passato il Rubicone della giustizia sociale, e ora non si può tornare indietro, cercando di non arrivare a contrapporre la violenza alla disperazione: è la società civile che deve vincere questa guerra, con armi pacifiche, anche contro la belva feroce dell’apparato statale. Io sono un prete, e comincio dalla preghiera”.

Le repressioni e gli arresti hanno portato alla fine degli scioperi nelle fabbriche, per concentrare le manifestazioni nei fine settimana, soprattutto da parte delle donne e degli studenti. La gente ha paura delle azioni della polizia anche stando in casa, da dove le persone vengono prelevate anche se solo espongono la bandiera bianca-rosso-bianca. In segno di solidarietà, gli studenti dell’università Lomonosov di Mosca hanno cominciato a recarsi in aula con le magliette dei colori della Bielorussia democratica (foto 4).

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