04/06/2020, 12.04
FILIPPINE-STATI UNITI
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Manila cambia idea e mantiene l’accordo militare con gli Usa

In febbraio, il presidente Rodrigo Duterte aveva annunciato la volontà di cancellare il Visiting Forces Agreement con Washington, che permette alle forze statunitensi di operare nel Paese. Crisi pandemica e tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno portato al dietrofront. Militari filippini accusano Duterte di piegarsi al volere di Pechino per investimenti che non arrivano mai.

Manila (AsiaNews) – Le Filippine hanno sospeso le procedure per l’annullamento di un ventennale accordo militare con gli Stati Uniti. Lo ha rivelato ieri Teodoro Locsin Jr, ministro filippino degli Esteri, spiegando che la decisione è dettata da esigenze di sicurezza nazionale dovute alle crescenti tensioni tra le superpotenze nel sud-est asiatico: un indiretto riferimento allo scontro geopolitico in corso tra Usa e Cina nel pieno della pandemia di coronavirus.  

In febbraio, il presidente Rodrigo Duterte aveva annunciato la volontà di cancellare il Visiting Forces Agreement con Washington. Firmato nel 1999, esso permette ai soldati statunitensi di operare in territorio filippino, e alle unità militari Usa di compiere esercitazioni congiunte di vasta portata con le Forze armate di Manila.

Sin dalla sua elezione nel 2016, Duterte ha fatto di tutto per costruire un rapporto privilegiato con la Cina. A differenza del suo predecessore, ha cercato di ridurre le tensioni nel Mar Cinese meridionale, decidendo di ignorare una sentenza della Corte internazionale di arbitrato dell’Aia, che nel 2016 ha definito “senza basi legali” le rivendicazioni cinesi su quasi il 90% delle acque contestate.

Manila, insieme a Vietnam, Malaysia, Brunei, Taiwan, e in parte l’Indonesia, si oppone alle pretese territoriali cinesi. Ciò non ha impedito a Pechino di militarizzare alcune isole dell’area. Per contenere l’espansione cinese, le navi da guerra degli Stati Uniti compiono regolari pattugliamenti nei pressi di questi avamposti militari.

Secondo diversi osservatori, l’aggressività cinese nel Mar Cinese meridionale, combinata con la necessità di ricevere aiuti dagli Usa per combattere il Covid-19, ha spinto Duterte al passo indietro. Il presidente filippino è anche bersaglio di forti critiche dai circoli militari del Paese, che gli imputano di piegarsi al volere di Pechino per investimenti promessi e mai arrivati.

Un primo segno del cambio di clima a Manila si è avuto lo scorso aprile, quando il governo filippino ha condannato l’affondamento di un peschereccio vietnamita nel Mar Cinese meridionale, che Hanoi attribuisce a una nave della guardia costiera di Pechino.

Anche l’Indonesia, che di solito evita di polemizzare con la Cina sulle contese territoriali nella regione, ha preso posizione contro i cinesi. In una nota ufficiale inviata alle Nazioni Uniti a fine maggio, Jakarta riconosce la validità della sentenza della Corte dell’Aia, sostenendo che la “Nine-Dash line”, la demarcazione territoriale rivendicata da Pechino secondo motivazioni storiche, non ha alcun fondamento legale e viola la Convenzione Onu sul diritto del mare.

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