10/12/2018, 13.01
CINA
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Liao Yiwu: Il coraggio viene dalla prigione

di Liao Yiwu

Lo scrittore e dissidente in esilio in Germania, è stato torturato fino allo stremo delle forze e ha tentato il suicidio due volte. Quando si tocca il fondo, non si ha più paura di denunciare e di “lottare per la libertà degli altri con tutto il cuore”. Il controllo della dittatura comunista attraverso internet; l’utilizzo della propaganda anti-terrorismo per fare il lavaggio del cervello a milioni di uiguri. “Mi rifiuto di utilizzare gli smartphone made in China”.

Berlino (AsiaNews/China Change) – “Un uomo che possiede la libertà interiore è il nemico naturale di una dittatura”. Lo scrive Liao Yiwu, scrittore cinese dissidente in esilio in Germania. In occasione del 70mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, egli parla della difesa dei diritti umani. Un coraggio, afferma, “che viene dalla prigione”. Denunciare le violazioni dei diritti è diventato per lui come “una sorta di fede personale”. Per questo non ha paura di lottare per la memoria di Liu Xiaobo e di sua moglie Liu Xia, e contro la censura e il controllo del regime comunista cinese. Riportiamo di seguito la traduzione integrale di un suo articolo pubblicato oggi.

Ho detto spesso che il mio coraggio e tutto di me viene dalla prigione. È il motivo per cui sono diverso dagli altri scrittori. In prigione sono stato torturato finchè non ne potevo più e ho tentato il suicidio due volte. Ma ho imparato a scrivere in segreto; e da un anziano monaco ultraottantenne ho imparato a suonare lo xiao (un flauto antico). Dal suono del suo xiao, ho capito che la libertà viene dall’anima.

Un uomo che possiede libertà interiore è il nemico naturale di una dittatura. Le sue idee politiche arrivano in un pallido secondo posto.

La chiave sta nel fatto che, solo dopo aver sperimentato l’orrore, la tristezza e la pena di perdere la libertà ed essere calpestato, una persona lotta per la libertà degli altri con tutto il cuore, e per di più trasforma la lotta per la libertà in una sorta di fede personale.

Il più delle volte, a parte la scrittura, sono un fallimento. Per esempio il mio amico Liu Xiaobo, incarcerato per quattro volte, è stato ucciso in una gabbia il 13 luglio 2017. Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo, ma è stato tutto inutile. Il prezzo è stato troppo doloroso e troppo grande, nonostante alla fine sua moglie Liu Xia sia stata rilasciata e abbia avuto il permesso di venire in Germania. E presto tutto sarà dimenticato.

La Cina è ancora il più grande mercato capitalistico a livello mondiale e con la guerra dei dazi portata avanti dagli Stati Uniti e il costante dimenarsi delle notizie, la memoria di Liu Xiaobo e di sua moglie si è già smorzata e persa. È un mondo osceno e crudele, che non ha più bisogno di martiri come Liu Xiaobo che si battono e vengono incarcerati per la causa della democrazia. Io capisco tutto questo. Io so che devo continuare a scrivere, nonostante tutti i record già numerosi. Sono trascorsi 2.000 anni da quando Platone registrava i dibattiti filosofici nella cella di Socrate prima della sua morte; senza le parole che Platone ci ha lasciato, Socrate sarebbe stato cancellato dal tempo e la sua morte avvolta in un vago mistero. Le sue parole non provocherebbero un trambusto così profondo.

Ho scritto “4 giugno: La mia testimonianza” e “Proiettili e oppio”: entrambi sono parte di un unico lavoro che descrive le vittime del massacro di piazza Tiananmen di circa 30 anni fa, molte delle quali sono decedute, e molte altre distrutte dalla prigione (e altre che, anche se rilasciata dal carcere, sono morte in una prigione più grande senza muri). L’idea che “internet distruggerà l’autocrazia e il libero mercato porterà alla democrazia” è una nozione famosa per i politici americani, e coincideva con l’amministrazione dell’allora presidente Usa Bill Clinton. È questa frase che ha oliato l’ingresso della Cina nel Wto [Organizzazione mondiale del commercio] e ha contribuito a garantirle lo status di nazione più favorita più di 20 anni fa.

Ma chiaramente non è questo il caso in cui “internet mina la dittatura”. Al contrario, è il regime autoritario che ha fatto ampio uso delle reti tecnologiche occidentali per monitorare in maniera comprensiva l’intera popolazione cinese. Non importa dove tu sia o se sei un dissidente, tu sarai intercettato e tracciato; tutti i tuoi movimenti bancari e i discorsi online saranno registrati e, in un attimo, diventeranno la prova del tuo intento di danneggiare lo Stato. Il tuo volto verrà automaticamente identificato dalla polizia attraverso i telefoni cellulari e i computer negli hotel, nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti: è la tecnologia inventata dagli occidentali e potenziata da internet e dai liberi mercati che ha dato alla dittatura uno slancio straordinario.

La conseguenza naturale è che la dittatura porrà delle sfide alla democrazia occidentale. Per esempio la Cina ha il Great Firewall [sistema di censura e sorveglianza online, ndr], e chiunque tenti di aggirarlo e visitare siti web stranieri, potrà essere additato come “illegale” e forse arrestato. I Paesi occidentali non hanno sistemi di firewall e la maggior parte dei cinesi residenti all’estero, così come molti stranieri interessati alla Cina, fanno libero uso di WeChat, Weibo e dei cellulari Huawei – ma tutti loro sono monitorati in maniera silenziosa e anche tracciati. E se pronunci commenti “estremisti”, sospettosi, sarcastici o sovversivi nei confronti della Cina, gli amministratori di WeChat emetteranno un avviso che il tuo account potrebbe essere cancellato – o semplicemente lo cancellano senza nemmeno avvertire. Oppure potresti “sparire” in maniera temporanea e persino la tua famiglia e i tuoi amici potrebbero ritrovarsi in una nube di problemi. I dittatori non solo prendono in prestito la propaganda dell’ “anti-terrorismo” per portare avanti un forzato lavaggio del cervello – in stile campi di concentramento – di milioni di uiguri nel Xinjinag, ma usano internet anche per prevenire che siano liberi coloro che vivono nel mondo libero.

Attorno a me molti dissidenti usano WeChat e accettano il controllo e la sorveglianza del regime senza davvero ragionarci. Perciò io oggi, scrittore tra i dissidenti, non solo rifiuto di utilizzare gli smartphone made in China, ma anche di installare qualunque software dalla Cina, e pubblico il mio lavoro solo nella democratica Taiwan e nell’Occidente libero.

Cosa ancora più importante, io non mi tiro indietro, non mi arrendo al silenzio. Continuo a lottare per la libertà degli altri e questa è una lotta spesso infruttuosa, sono attratto da un appassionato bisogno di fare un record in questa epoca.

Sto preparando un altro libro che uscirà in futuro; dovrò essere pronto a trasformare la sconfitta in vittoria nella storia, che presto arriverà.

Lo stesso “1984” rende una persona senza speranza – ma l’atto di scrivere “1984” è già un lampo di speranza nell’abisso della disperazione.

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