21/03/2013, 00.00
CAMBOGIA - VATICANO
Invia ad un amico

Lettera a papa Francesco: il saluto dei poveri, "crocifissi" della Cambogia

di Mario Ghezzi
P. Mario Ghezzi, missionario Pime, vicario generale della capitale, racconta al nuovo pontefice le sue visite fra i poveri: una vecchietta sdentata buddista che va in chiesa a pregare il rosario; alcune donne abbandonate e sporche. Tutti sono di casa nella Chiesa, che è madre.

Phnom Penh (AsiaNews) - Riportiamo qui il testo integrale della lettera inviata da p. Mario Ghezzi, da 14 anni in Cambogia.

 

Phnom Penh, 18 marzo, 2013.

Caro Papa Francesco,

                               Ieri, domenica pomeriggio, sono partito alle 2.30 dalla parrocchia insieme a Giacomo e dieci ragazzotti, si tratta del Gruppo San Michele Arcangelo, composto da giovani ventenni che stanno riflettendo sulla vocazione sacerdotale e che vivono in parrocchia in comunità. Qualche giorno fa mi dissero: padre, Domenica andiamo a portare un po' di provviste  a tre famiglie povere di Arey Ksat. Questo villaggio si trova sulle sponde del fiume Mekong, vi abitano una cinquantina di famiglie vietnamite che vivono in Cambogia da profughi-apolidi. Non hanno diritto a possedere terre e documenti, per cui resta loro solo la possibilità di aggrapparsi, con le loro case, alla sponda del fiume che a volte si rende inclemente ed entra nelle loro povere case e spazza tutto.

Partiamo col pulmino e giungiamo al traghetto improbabile che carica auto moto persone animali e merci fino al limite del verosimile. Per noi resta posto solo sul "ponte levatoio" che non viene alzato per dare posto a più gente possibile. Il caldo è quasi insostenibile, il sole brucia la pelle, ma la brezza dell'attraversamento del fiume rende tutto più sopportabile.

Giunti a destinazione percorriamo a piedi qualche centinaia di metri sulla strada polverosa e ci addentriamo nel villaggio: case di legno, a palafitta, improbabili si affiancano una all'altra, sembrano quasi volersi rubare la poca terra che è a diposizione. Qui non si sente più parlare Cambogiano ma solo vietnamita, spesso devo chiedere ai ragazzi di tradurmi l'idioma che non conosco.

Una breve visita alla chiesa e poi si prosegue a trovare I nostri "Cristi in croce", ne visitiamo tre di Signori crocifissi, ma il crocifisso più bello, ha la pelle rugosa, non ha più denti ed ha un nome impossibile da ricordare: è una nonnina sola che vive col figlio malato di aids. Questo Cristo abita  in una palafitta relegata letteralmente sulla sponda del fiume, anzi tra qualche mese sarà completamente nel fiume. Salgo sulla palafitta per primo e il mio dolce peso la fa traballare, I ragazzi non possono salire tutti e dieci perché la casa non li reggerebbe. Salgono solo alcuni di loro, portano lo scatolone di provviste e ci sediamo chiacchierare. Questo Signore Gesù senza denti parla anche il Cambogiano abbastanza bene, ma il vietnamita le esce più fluente. Qualche convenevole e poi Sela (Pietro) mi dice: Padre, la nonna vuole condividere un po' della sua storia. Mi dico: raccontami della tua Passione, Gesù, voglio sentire!

Prima di tutto un bel sorriso e poi comincia: mio marito è morto due anni fa, lui lavorava un po', pescava, ma ora non ho nessuna forma di sostentamento, sono troppo vecchia per lavorare, ma faccio qualcosa ogni tanto, quando capita, qualche lavorettino per guadagnare 2.000 riel (mezzo dollaro). Mio figlio è malato e non riesce a lavorare in modo regolare, viviamo della carità dei vicini e della parrocchia qui vicino. C'è sempre qualcuno che ci porta un po'di riso, un pesce, o un po' verdura. Vado in chiesa ogni giorno perché là mi sento bene, c'è gente buona, e prego con loro. Ah, dico, ma allora sei cattolica! No, dice, sono buddista, ma mi piace andare in chiesa....

Vedi che bello, Papa Francesco? I poveri, lo sai bene, non si fermano a schemi e regole, loro sono più liberi di noi, cercano solo un po'di luce, un po'di conforto e un po'di amore. Se un rosario serve a questo, loro ci vanno, anche se non sono battezzati; che libertà interiore!

Chiedo di tradurre la mia domanda: vuoi essere battezzata? No, bisogna studiare troppo ed io sono troppo vecchia. Dico: non c'è problema, se vuoi, ti battezziamo senza studiare troppo, l'importante è che tu conosca Gesù e voglia bene a Gesù e a Maria. Mi dice: si voglio bene a entrambi, ma devo chiedere in Pagoda se mi lasciano diventare cattolica... Ma no, va bene così, dico, il Signore Gesù ti conosce e tu già godi del suo amore. Basta così.

Le chiediamo il permesso di poter dire due preghiere in vietnamita a cui lei si unisce con gioia. Tutto si conclude con un sorriso e un grazie da parte di tutti, ma il sorriso più bello era quello sdentato perché pieno di gratitudine e di gioia. Ma Signore, è possibile sorridere dall'alto della croce? Ci alziamo, la casa dondola pericolosamente ma sopravvive allo scossone.

Sai papa Francesco, ieri ho avuto l'impressione che tu fossi con me in quella visita ai bordi del mondo. Le tue parole di affetto verso I poveri mi hanno dato una nota di coraggio in più per proseguire nel lavoro che facciamo coi poveri, un lavoro che spesso è "a perdere", che comincia sempre daccapo, ma che è il segno più eloquente dell'Amore gratuito di Dio. Senza l'attenzione ai poveri non saremmo Chiesa, saremmo solo una congrega di persone che si ritrovano a recitare preghiere, magari belle e perfette ma sterili. L'incontro coi poveri rende le nostre preghiere vive, carne, sangue; l'Eucaristia si fa vita quando un cristiano incontra un povero dicendosi nel cuore: qui c'è Gesù crocifisso!

Qualche giorno fa sono tornato per una visita veloce e borghese (ero in macchina..) ad una periferia del mondo in cui non andavo da tempo, nel punto più estremo di questa periferia, dove andavo spesso a sedermi ad ascoltare le sofferenze di questi disperati, un gruppo di donne mi avvicina e mi saluta con calore. Uno spettacolo tenero e inguardabile allo stesso tempo, una più sporca dell'altra, con capelli e vestiti che sembrano dimore per pulci e pidocchi, ma tutte sorridono contente e una mi dice: padre torna ancora, quando vieni tu, anche solo per pochi minuti, noi ci sentiamo meglio, ci si alleggerisce il cuore...

Che bel regalo che mi sono portato  a casa! Vuol dire che il tempo "sprecato" con questi crocifissi che sembrano auto inchiodarsi alla loro miseria, non è mai tempo perso ma è tempo che regala loro un briciolo di Dio.

Ognuno di noi dovrebbe avere almeno un povero di cui prendersi cura, non coi soldi, ma con la compagnia, l'affetto e la preghiera, ci aiuterebbe a ridimensionare le nostre difficoltà e a ricollocare I nostri umori negativi.

Caro Papa Francesco, continua a parlarci dei poveri e della misericordia perché questi sono i luoghi privilegiati dove abita Gesù, quello crocifisso.

E lasciamelo dire: è proprio bello sentirsi parte, fare parte di una Chiesa così, una Chiesa che si può solo amare così com'è, così come si ama la mamma così com'è.

 

P. Mario Ghezzi

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Andheri East, la parrocchia condivide il pasto con i poveri di tutte le fedi (Foto)
18/11/2019 11:12
Papa: Stando con i poveri, impariamo i gusti di Gesù, comprendiamo cosa resta e cosa passa
17/11/2019 10:47
Missionario Pime: Papa Francesco in Svezia e il mio incontro con i protestanti
02/11/2016 12:18
Vicario di Phnom Penh: fra guerre e violenze, la Misericordia è la via per riconciliare l’uomo
01/12/2015
Vescovo di Phnom Penh: come Papa Francesco, "Chiesa cambogiana povera per i poveri”
13/03/2014


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”