Legge sulla blasfemia: il 2020 l’anno dei maggiori abusi
L’anno scorso vi sono state 200 vittime accusate di blasfemia. Va notato che il 75% di queste sono musulmani; il 70% sono sciiti; il 20% ahmadi. I cristiani sono il 3,5%. Dall’inizio, in cui musulmani accusavano non-musulmani, si è giunti a musulmani che accusano in maggioranza altri musulmani. Almeno 78 persone sono state uccise con assassini extra-giudiziari, dopo essere stati accusati di blasfemia o apostasia. Peter Jacob: Il governo presti molta attenzione a chi guida la macchina dell’intolleranza religiosa.
Lahore (AsiaNews) – Dati recenti diffusi dal Centre for Social Justice (Csj, Centro di giustizia sociale), mostrano che le leggi sulla blasfemia creano sempre più vittime. Dal 1987 fino al dicembre 2020, almeno 1855 persone sono state accusate di offese legate alla religione, specie sotto le Sezioni 295 B, C - 298 C, conosciute come “leggi sulla blasfemia”. Il 2020 è l’anno in cui vi sono stati più accusati: 200 (foto 2). Il fatto considerevole è che il 75% degli accusati sono musulmani e il più alto numero di vittime sono sciiti (il 70%). Le altre vittime sono ahmadi (20%); sunniti (5%); cristiani (3,5%) indù (1,5) e altre religioni, o religioni non confermate (0,5%) (cfr. foto 3).
Fra le vittime più note all’opinione pubblica mondiale, vi è Asia Bibi, la donna cristiana che, accusata di blasfemia da alcune donne e dall’imam del villaggio, è stata condannata a morte e poi liberata dopo 10 anni e un processo in appello.
Se si tiene presente che nel 1987 vi sono state solo 19 accuse, ci si accorge che è diventato evidente l’uso della legge uno strumento facile per togliere di mezzo un avversario economico, politico, o religioso. Dall’inizio, in cui musulmani accusavano non-musulmani, si è giunti a musulmani che accusano in maggioranza altri musulmani, sebbene sia errato pensare che i diversi gruppi minoritari siano adesso immuni dall’accusa di blasfemia.
Il percorso di questi anni rende evidente anche la forte divisione settaria fra gruppi (soprattutto sunniti contro sciiti) e la crescita di abusi di una legge religiosa che rimane come una spada di Damocle sulla testa di tutti i cittadini pakistani.
Un altro dato interessante è che fin dal 1987, il Punjab è la regione che ha il tasso più alto di denunce per blasfemia (76%), seguita dal Sindh (19%) (v. foto 4)
A dicembre 2020, le prigioni del Punjab contengono 337 prigionieri per blasfemia, fra condannati e in attesa di giudizio. Il maggior numero di carcerati sono nella prigione distrettuale di Lahore (60).
Almeno 78 persone sono state uccise con assassini extra-giudiziari, dopo essere stati accusati di blasfemia o apostasia. Di questi, 42 sono musulmani; 23 cristiani; 9 ahmadi; 2 indù; 2 la cui identità religiosa non è chiara.
Questi dati escludono le esecuzioni o gli attentati verso sètte considerate eretiche o blasfeme, il cui numero supera di molto quelli citati sopra. Le uccisioni di gruppi di hazara, ahmadi, sciiti sono attribuiti spesso ad azioni terroriste, anche se la questione della blasfemia viene utilizzata nelle campagne di opinione, per raccogliere fondi e per indottrinare quadri da dirigere verso la violenza.
Peter Jacob, direttore esecutivo del Csj, commenta: “Queste statistiche mostrano il Pakistan come un luogo in cui l’abuso della blasfemia è il più alto al mondo. La legge è usata di frequente per infliggere miserabili violazioni ai diritti umani, comprese violenze fisiche, perdite della proprietà e dei mezzi di sussistenza, espulsioni e perfino perdita della vita. E questo non avviene solo con gli accusati, ma anche con i familiari e la comunità dell’accusato.
È tempo che il governo presti molta attenzione a chi guida la macchina dell’intolleranza religiosa”.