04/08/2009, 00.00
PAKISTAN
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Legge sulla blasfemia, pretesto per colpire le minoranze religiose in Pakistan

di Fareed Khan
Sale a otto il bilancio ufficiale delle vittime della strage di Gorja. Ieri sera è morto un uomo di 35 anni per le gravi ferite riportate durante l’assalto dei fondamentalisti islamici. Attivisti ed esponenti delle minoranze accusano il governo di avallare i massacri, legittimando la norma sull’offesa alla religione musulmana. Solidarietà della Chiesa in India e dal Congresso delle Chiese di Ginevra.
Lahore (AsiaNews) – Condanna unanime del Parlamento; assicurazioni circa un’inchiesta rapida ed efficace che possa assicurare alla giustizia i colpevoli; il presidente Asif Ali Zardari annuncia un risarcimento per le vittime. Ma in Pakistan i cristiani continuano a subire violenze e discriminazioni: il bilancio della strage di Gojra sale a otto vittime; attivisti per i diritti umani ed esponenti delle minoranze puntano il dito contro la legge sulla blasfemia, la “vera responsabile” dei crimini nel Paese.
 
Ieri sera una tv privata pakistana ha diffuso la notizia della morte di un cristiano di 35 anni, ricoverato all’ospedale di Gorja per le gravi ferite riportate il primo agosto, durante l’assalto di una folla di musulmani inferociti contro la comunità cristiana locale. Shahbaz Bhatti, Ministro federale per le minoranze, e Salmaan Taseer, Governatore del Punjab, hanno riferito al presidente pakistano Asif Ali Zardari sulla situazione nella zona, dove regna una situazione di “calma apparente” in seguito al massiccio dispiegamento di forze dell’ordine.
 
Zardari ha annunciato un programma di aiuti per le vittime della strage, pari a 500mila rupie (poco più di 4.500 euro) per ogni famiglia che ha registrato dei morti e 300mila rupie (circa 2.700 euro) per le famiglie che hanno perso la casa, data alle fiamme con una benzina speciale dagli estremisti islamici.
 
Iqbal Hameedur Rehman, giudice dell’Alta Corte di Lahore, ha raggiunto Gorja per aprire una inchiesta ufficiale, ordinata dal premier Yousaf Raza Gilani. L’Assemblea nazionale pakistana ha adottato una mozione all’unanimità di condanna ai massacri, chiedendo al governo del Punjab di trovare i colpevoli e punirli secondo la legge. I parlamentari definiscono la strage “una cospirazione che intende diffamare il Pakistan e l’islam”. Il Ministero pakistano degli esteri assicura il proprio impegno “a tutela dei diritti di tutti i cittadini, senza distinzioni di casta o fede religiosa”.
 
A dispetto di promesse e annunci, la comunità cristiana denuncia l’ennesimo caso di violenze in nome e sotto l’egida della legge sulla blasfemia, che è ormai il pretesto per colpire le minoranze religiose. Shahbaz Bhatti, cattolico, afferma che “le accuse di profanazione del Corano, usate dai fondamentalisti per fomentare violenze di larga scala, sono prive di qualsiasi fondamento”.
 
Nazir S Bhatti, presidente del Pakistan Christian Congress (Pcc), aggiunge che “gli omicidi di cristiani, i casi di stupro contro donne cristiane, le conversioni forzate e le accuse di blasfemia” aumentano in misura esponenziale “quando salgono al potere il Pakistan Peoples Party PPP o il Pakistan Muslim League Nawaz PML(N)” perché entrambi gli schieramenti politici hanno contribuito “ad applicare la legge sulla blasfemia, che è alla base del fondamentalismo islamico”.
 
Solidarietà ai cristiani del Pakistan viene espressa dalla Conferenza episcopale indiana (Cbci) e dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), con sede a Ginevra. “La Chiesa in India è profondamente addolorata e angosciata – afferma ad AsiaNews mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale Cbci – dagli eventi successi in Pakistan. Ho parlato con l’arcivescovo di Lahore [mons. John Saldanha] esprimendogli il nostro cordoglio e assicurandogli la preghiera e la solidarietà della Chiesa indiana”. Il prelato chiede al governo di Islamabad di “garantire la sicurezza alle minoranze” perché nessun gruppo va “discriminato o emarginato” per ragioni di fede.
 
La morte dei cristiani a Gorja – scrive Samuel Kobia, segretario generale Cec, in una lettera al presidente pakistano Zardari – confermano il timore che “il governo non sia in grado di assicurare la protezione dei cittadini”. Alla base dei massacri vi è la legge sulla blasfemia, prosegue, di cui “chiediamo l’abolizione perché in contraddizione con i diritti fondamentali dei cittadini”.
 
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
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