Leader islamico: a papa Francesco una fatwa contro l’estremismo firmata da 100mila imam
Allamma Majharul Islam è il grande custode della moschea Amber Shah Shahi Jami. Un gruppo interreligioso per promuovere l’armonia tra le fedi. Il dolore per l’attentato alla mosche nel Sinai. Per frenare il terrorismo, “puntare sull’educazione nella madrasse e controllare i sermoni nelle moschee”. Dall'inviato
Dhaka (AsiaNews) – A papa Francesco “consegneremo una lettera che contiene una fatwa contro l’estremismo firmata da 100mila imam”. Lo dice ad AsiaNews Allamma Majharul Islam, Grand Khatib (grande custode) della Amber Shah Shahi Jami Mosque, nella zona di Kawran Bazar a Dhaka. Lo incontriamo nella moschea di cui egli è custode, di sera, mentre gli studenti della sua madrassa (scuola coranica) recitano le preghiere islamiche (v. foto). Tra una tazza di thè e un dolce preparato dalla moglie di un imam che lo accompagna, egli parla di armonia interreligiosa, di come costruire la pace in Bangladesh, del fondamentalismo islamico. Soprattutto sottolinea: “L’islam non consente alcuna forma di terrorismo. Da predicatore, insegno ai miei studenti che islam vuol dire pace, e non offendere i sentimenti religiosi di nessuno”. Di seguito l’intervista.
Grand Khatib, come accoglierà il papa e cosa vuole dirgli?
Accogliamo papa Francesco con immensa gioia. Egli è un leader mondiale. Viene in un piccolo Paese islamico. La sua visita ci rende onore, perché egli non è solo il capo dei cristiani, ma è un leader di tutti i fedeli. Ogni religione porta con sé un messaggio di pace, e il Santo Padre lo promuove in maniera adeguata. Sarò uno dei 500 religiosi islamici che incontreranno papa Francesco [durante il raduno interreligioso ed ecumenico per la pace del primo dicembre, nel giardino dell’arcivescovado – ndr]. In quell’occasione gli consegneremo una lettera che contiene una fatwa contro la militanza islamica firmata da 100mila sacerdoti musulmani.
Cosa si aspetta che papa Francesco dirà a voi musulmani?
Il Santo Padre darà un messaggio di amore, in particolare per i Rohingya, e li aiuterà a risolvere il loro problema di rifugiati. Di sicuro la sua visita porterà ad una rapida risoluzione della crisi [dei profughi musulmani scappati dal Myanmar e accampati in centri di fortuna nella zona di Cox’s Bazar – ndr]. Allo stesso tempo, da leader islamico, io ritengo che essi debbano ritornare in Myanmar, perché essi non sono mai stati cittadini del Bangladesh. E soprattutto perché ognuno ha diritto di vivere nel proprio luogo di origine.
Secondo lei, come si può stimolare l’armonia e la convivenza tra le religioni in Bangladesh? E tra i fedeli musulmani sciiti, sunniti e sufi?
Abbiamo creato il World Religious Forum (Wrf), che raduna insieme i leader religiosi musulmani, cristiani, indù e buddisti. Io ne sono il coordinatore. Con questo forum non vogliamo solo costruire rapporti di fratellanza tra sunniti e sciiti, ma anche tra le altre religioni. Organizziamo programmi per il dialogo interreligioso con coloro che praticano la vera religione che è quella della pace. Anche il card. Patrick D’Rozario [arcivescovo di Dhaka] fa parte del gruppo ed è coinvolto in maniera diretta nelle iniziative. Per il nostro grande contributo alla costruzione dell’armonia interreligiosa abbiamo anche ricevuto numerose lettere di ringraziamento da parte del Vaticano.
Ci fa qualche esempio concreto di convivenza e di rispetto tra le religioni?
Negli scorsi anni sono stati pubblicati su Facebook alcuni commenti che incitavano alla violenza religiosa a Cox’s Bazar, o contro i cristiani di Rongpur, o che giustificavano l’omicidio di Sunil Gomes, un cattolico sgozzato a Natore. Noi abbiamo organizzato una marcia di protesta, cui hanno partecipato 5mila imam e fedeli. È stata la prima volta che il Wrf protestava contro gli attacchi settari nei confronti dei fedeli di altre religioni. Il programma interreligioso ha avuto anche risonanza su tutti i media e noi abbiamo ricevuto apprezzamento da più parti.
Avrà sentito del recente attentato nel Sinai, che ha fatto più di 300 morti e aveva come obiettivo una moschea frequentata da sufi. Quali sono i suoi sentimenti a riguardo?
Quando ho sentito la notizia, ho avvertito un profondo dolore nel cuore. Essi sono dei terroristi. Noi siamo contro la violenza. Siamo addolorati per tutte le atrocità che accadono nel mondo, non solo verso i musulmani ma anche verso i cristiani, i buddisti e gli indù.
In che modo si può assicurare la pace e la giustizia sociale nel suo Paese?
Noi lavoriamo per garantire la giustizia sociale e in questo siamo appoggiati dalle politiche del governo. Io sostengo che tutti debbano godere dei propri diritti, anche i Rohingya. Sosteniamo anche lo sviluppo delle donne e diamo aiuti alle vedove. Per assicurare la pace, operiamo insieme agli altri leader religiosi, in modo che essi godano della libertà di predicare secondo i valori della propria religione. Nessuna fede promuove la violenza religiosa. E per quanto riguarda il terrorismo islamico, nessuna religione permette il conflitto e le uccisioni.
E come frenare il terrorismo?
Dobbiamo ripartire dall’educazione. Noi insegniamo i nostri valori nelle madrasse. Agli alunni riportiamo i veri insegnamenti dell’islam. Motiviamo i giovani e diciamo loro che non c’è posto per le armi o per compiere attacchi contro altri fedeli. Sono orgoglioso di dire che il 90% dei membri del Wrf sono studenti coranici. Il fondamentalismo in questo Paese deriva dalla sbagliata educazione. Poi dobbiamo stare attenti ai sermoni. In Bangladesh ci sono circa 300mila moschee, di cui 10mila solo a Dhaka. Nella mia moschea vengono a pregare circa 8mila musulmani, tra cui diversi ministri del governo. Io sono consulente del ministro dell’Interno e ho il compito di controllare le predicazioni, per evitare che gli imam indulgano in discorsi d’odio. Se ci rendiamo conto che qualcuno predica gli insegnamenti sbagliati e incoraggia l’estremismo, dobbiamo agire contro di essi.
(Ha collaborato Sumon Corraya)
21/02/2017 09:10
18/01/2018 12:03