17/05/2016, 12.03
PAKISTAN
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Leader islamici: Il vescovo Joseph, profeta degli abusi della legge sulla blasfemia

di Kamran Chaudhry

In occasione del 18mo anniversario della morte del vescovo di Faisalabad, la comunità islamica ricorda “un grande combattente contro le atrocità, per l’armonia interreligiosa e per i diritti delle persone”. Attivista musulmano: “Mons. Joseph è stato un faro che ha visto l’inizio della fine. Per unire il Pakistan bisogna modificare le leggi sulla blasfemia”.

 

Lahore (AsiaNews) – Un leader profetico che ha previsto le crisi future; un uomo impegnato per combattere le atrocità; un messaggero dell’armonia fra le religioni; un capo sincero. Così attivisti e leader musulmani ricordano mons. John Joseph, vescovo di Faisalabad che ha combattuto per anni contro il fondamentalismo religioso e la discriminazione dei cristiani. Il presule, affetto per molto tempo da una forte depressione, si è suicidato il 6 maggio 1998 davanti al tribunale di Sahiwal, dove era stato condannato a morte per blasfemia Ayyub Masih, un cattolico da lui difeso.

In occasione del 18mo anniversario della morte, i leader musulmani si sono uniti alla comunità cattolica nel ricordare “il vescovo del popolo”. Irfan Mufti, direttore della ong South Asia Partnership Pakistan, afferma: “È stato come un faro che ha mandato un segnale forte riguardo a quello che sarebbe successo a causa dell’allerta voluta dallo Stato. Quello è stato l’inizio della discesa, e ora abbiamo toccato il fondo. Il vescovo aveva previste queste difficoltà”.

Il giorno in cui mons. Joseph è morto, Mufti stava partecipando ad una conferenza di pace: “Dopo aver saputo della tragedia, abbiamo discusso di come la situazione sarebbe peggiorata. Abbiamo avvertito il suo dolore e ci siamo schierati con la sua causa e il suo movimento. Egli ci ha ricordato del rispetto, dell’onore e della protezione che devono essere garantiti a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro religione. L’unica via è modificare le leggi sulla blasfemia e unire l’intera nazione”.

IA Rehman, segretario generale della Commissione per diritti umani del Pakistan (Hrcp), definisce mons. Joseph, primo vescovo proveniente dal Punjab, “un uomo impegnato nella lotta a tutte le atrocità. Egli aveva promesso ad un povero cristiano che lo avrebbe salvato da ogni ingiustizia e ha mantenuto la sua promessa. Gli attivisti per i diritti umani lo ricorderanno per sempre”.

La legge sulla blasfemia è stata introdotta nella Costituzione del Pakistan nel 1986 da parte del dittatore gen. Zia ul Haq, e commina la morte per coloro che sono accusati di offesa a Maometto e al Corano. La legge viene però abusata per eliminare nemici o requisire proprietà degli accusati. Ad oggi, circa 1.400 persone sono state accusate di blasfemia. Secondo il rapporto annuale di Hrcp, nel 2015 almeno 22 individui sono stati messi alla sbarra. Tra questi, 15 musulmani, quattro cristiani e tre ahmadi.

La comunità degli ulema pakistani si oppone alla cancellazione o all’emendamento delle leggi, ma richiede controlli che ne impediscano l’uso improprio. Sohail Ahmad Raza, direttore della ong per le relazioni interreligiose Minhaj-ul-Quran International, afferma: “Il 75% dei casi di blasfemia sono contro persone musulmane, la legge non è fatta per discriminare le minoranza religiose. Il vescovo Joseph è morto combattendo per i diritti della persone: al giorno d’oggi non vediamo più leader così onesti”.

 

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