Leader cristiani: se alle presidenziali vince Subianto, libertà religiosa a rischio
Jakarta (AsiaNews) - A pochi giorni dal voto per le presidenziali in Indonesia, in programma il prossimo 9 luglio, i leader cristiani - cattolici e protestanti - lanciano l'allarme per una possibile ingerenza dello Stato in chiave "totalitaria" in caso di vittoria dell'ex generale Subianto. A sfidarsi saranno la coppia formata dal governatore di Jakarta Joko "Jokowi" Widodo e dal vice Jusuf Kalla, ex numero due dell'attuale presidente Susilo Bambang Yudhoyono al primo mandato, e il gen. Prabowo Subianto e il vice Hatta Radjasa. I sondaggi danno la prima coppia in leggero vantaggio, ma la partita è aperta e potrebbe decidersi all'ultimo voto. A destare preoccupazione è il "Manifesto politico" del Gerindra Party dell'ex generale, pubblicato lo scorso aprile. Esso contiene due elementi "sensibili" e "controversi", legati al "potere dello Stato" di mettere al bando insegnamenti religiosi "illeciti" che contrastano con il "senso comune" e la "ufficialità" delle religioni ammesse dallo Stato.
A lanciare l'allarme, fra gli altri, il professore e intellettuale gesuita p. Franz Magnis-Suseno e il presidente del Sinodo cristiano indonesiano reverendo Andreas Yewangoe. Il manifesto politico del Gerindra afferma in linea di principio che "lo Stato garantisce la libertà religiosa", ma il governo è "politicamente e socialmente obbligato a verificare come questa libertà viene concretizzata". Ed è sempre compito dell'esecutivo e delle istituzioni dello Stato "garantire la purezza delle religioni riconosciute" in via ufficiale - islam, cattolicesimo, protestantesimo, Kong Hu Cu/taoismo, buddismo, induismo - da qualsiasi "aspetto blasfemo o eresia".
Contro le linee guida tracciate dal candidato presidente e dal suo partito si è espresso in torni durissimi p. Magnis-Suseno, che lancia l'allarme circa l'intrusione dello Stato in una sfera personale e delicata come la religione e la libera pratica del culto. Ad allarmare il gesuita di origine tedesca, il sostegno garantito dai partiti estremisti e filo-islamici alla coalizione guidata da Subianto, che rendono ancora più inquietante un possibile intervento dello Stato in materia di fede.
L'ipotetica amministrazione Subitanto avrebbe il potere di reprimere tutte le minoranze religiose che non sono in linea con i "gruppi ufficiali", fra cui la setta musulmana ahmadi già oggetto di persecuzione in Indonesia, gli sciiti, e fra i cristiani i testimoni di Geova e mormoni. Queste norme, spiega il sacerdote gesuita, che lo scorso anno aveva criticato l'assegnazione al presidente Yudhoyono di un premio pro diritti umani, contrastano con la Costituzione del 1945 e i Pancasila, i principi fondatori dello Stato, che garantiscono e tutelano la libertà religiosa. Fra le figure più controverse che sostengono la candidatura di Subianto vi è l'attuale ministro per gli Affari religiosi e leader dello United Development Party Suryadharma Ali, che in questi anni ha più volte espresso commenti ostili verso gli ahmadi e altre comunità minori. Vi sono poi gli islamisti del Prosperous Justice Party (Pks), noti per sostenere una visione estrema della religione musulmana e legati al mondo arabo, promuovendo il velo per le donne e la barba per gli uomini.
Preoccupazione condivise dal reverendo Andreas Yewangoe, presidente del Sinodo cristiano indonesiano (Pgi), che condanna in toto il manifesto politico del Gerindra, perché "non è compito dello Stato controllare la 'purezza' di una religione". Egli non risparmia critiche nemmeno all'amministrazione uscente di Susilo Bambang Yudhoyono, che non ha fatto nulla per evitare discriminazioni o persecuzioni contro ahmadi, sciiti e altre minoranze per ragioni di natura confessionale.
In Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, i cattolici sono una piccola minoranza composta da circa sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione totale. Nella sola arcidiocesi di Jakarta, i fedeli raggiungono il 3,6% della popolazione. La Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità è vittima di episodi di violenze e abusi, soprattutto nelle aree in cui è più radicata la visione estremista dell'islam, come ad Aceh.
08/07/2014