16/09/2008, 00.00
INDIA
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Le violenze dei fondamentalisti indù hanno anche motivi politici

Gli attacchi contro i cristiani si alimentano alle dottrine dell’HIndutva, del nazionalismo estremista indù, con legami storici con il nazismo. Essi si diffondono soprattutto negli Stati governati dal Bharatiya Janata Party, che cerca di consolidare il suo elettorato indù. Le opinioni del card. Vithayathil e del direttore del prestigioso giornale “Satyadeepam”.

New Delhi (AsiaNews) L’odio verso i cristiani nell’India della tolleranza ha radici religiose e culturali, ma soprattutto nazionalistiche e politiche. Nelle ultime settimane nell’Orissa (India nord-est) si è scatenato un pogrom contro i cristiani con uccisioni di fedeli, distruzioni di chiese, case, centri sociali. La ragione immediata è l’accusa che i cristiani abbiano assassinato un leader radicale indù, Swami Laxmanananda. Anche se la polizia tuttora sospetta che gli assassini dello Swami siano un gruppo di guerriglieri maoisti, la campagna di distruzione contro i cristiani e le loro istituzioni sembra essere una risposta violenta alle “violenze” dei seguaci di Gesù.

In realtà in Orissa gli attacchi contro i cristiani datano da decenni. Lo stesso Swami assassinato aveva fatto dell’eliminazione dei cristiani uno dei suoi scopi primari. Il motivo: fermare le conversioni di tribali e paria dall’induismo al cristianesimo perché – secondo lui e la sua organizzazione – sono ottenute con l’inganno, la forza o dietro pagamento di denaro e benefici.

Le organizzazioni radicali indù continuano a pubblicizzare che vi sono milioni di conversioni ogni anno, paventando lo scenario di un’India “tutta cristiana” (o musulmana).

Il card. Varkey Vithayathil, parlando con AsiaNews, sgombra il terreno da queste accuse: “Alcuni settori estremisti accusano la Chiesa di convertire gente analfabeta o usando inganni o pressioni. Ma queste sono tutte accuse false e senza fondamento. Le statistiche del governo mostrano infatti che in questi anni il numero dei cristiani appare anzi in leggero declino. Nell’81 essi erano il 2,63% della popolazione; nel ’91 sono scesi al 2,53 e nel 2001 essi sono il 2,3% della popolazione, con  l’80,5% di indù e il 13,4% di musulmani”.

Condannando le violenze di questi giorni contro i cristiani, il porporato, che è anche presidente della Conferenza dei vescovi indiani, sottolinea la presenza di “poteri oscuri che istigano questi malviventi a perseguitare la Chiesa e tentare di eliminare il cristianesimo dalla nostra amata Patria, l’India”.

Questi “poteri oscuri” sono anzitutto le organizzazioni che si ispirano all’Hindutva, cioè al nazionalismo estremista che vede l’India solo come indù e vuole eliminare i cristiani e tutte le altre minoranze. L’Hindutva guarda ai cristiani e alle conversioni come un pericolo al sistema delle caste e quindi alla società.

P. Paul Thelakat, direttore dell’influente giornale Satyadeepam (La luce della verità), spiega ad AsiaNews: “Fra le alte caste indù, soprattutto nella cosiddetta ‘cow-belt’ (o hindu-belt, la zona del nord India), è molto diffuso il sentimento che i cristiani non sono per nulla indiani. Essi indottrinano molti indù all’idea che il diritto costituzionale di ‘professare, praticare e diffondere’ la propria religione, non esiste più”.  

La costituzione indiana difende la libertà di religione e di conversione. Nel frenare le conversioni, i gruppi delle caste alte mirano a mantenere lo status quo di sottomissione sociale ed economica dei tribali (adivasi) e dei paria. “Ogni conversione - continua p. Paul - per loro è proibita. Gli adivasi e i paria sono una specie di ovile privato delle classi alte, senza alcuna voce in materia di religione. Non possono scegliere la loro religione, devono chiedere il permesso alle caste più alte, non sono considerati liberi cittadini indiani. E a me come cristiano è proibito spendere energie o soldi per aiutare questi poveri e marginalizzati , veri perdenti del sistema delle caste”.

P. Paul accusa le organizzazioni dell’Hindutva di essere dei “terroristi”: “Non trovo alcuna differenza fra i terroristi del SIMI [Student Islamic Movement of India, che ha rivendicato l’attacco a New Delhi del 13 settembre – ndr] e le organizzazioni violente indù, che attaccano i cristiani e giustificano le loro azioni come ‘reazioni naturali’. Del resto non è un segreto che essi hanno legami storici con i nazisti. Anche questi ultimi sono arrivati al potere in modo democratico, con una campagna di odio contro le minoranze ”.

Questo odio e violenza contro le minoranze – soprattutto cristiane – ha anche dei risvolti politici. Non è un caso che gli attacchi ai cristiani siano avvenuti anzitutto nell’Orissa, poi nel Madya Pradesh, nel Chhattisghar e nel Karnataka: tutti questi stati sono governati dal Bjp [Bharatiya Janata Party, vicino ai fondamentalisti indù - ndr] in modo diretto o in alleanza con qualche altro partito conservatore.

“In molti degli Stati retti dal Bjp – spiega il card. Vithayathil – i cristiani sono trattati come cittadini di seconda classe. La persecuzione è una conseguenza di questa visione nemica della minoranza cristiana”.

“È possibile – dice p. Paul Thelakat – che tutte queste violenze contro i cristiani negli Stati retti dal Bjp abbiano come scopo il rafforzamento dei voti indù in prossimità delle elezioni generali, che si terranno nel marzo 2009”. (NC)

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