02/03/2021, 08.38
KAZAKISTAN
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Le proteste per le riforme: ‘Nursultan non si mangi la mia patria!’

di Vladimir Rozanskij

Manifestazioni in diverse città: Nur-Sultan, ad Almaty, Aktobe, Shimkent e Uralsk. Si chiedono le riforme politiche promesse da tempo e la liberazione dei prigionieri politici. Freno ai giornalisti, pestaggi dei manifestanti, arresti. Scesi in piazza anche i profughi dallo Xinjiang, che accusano Turchia e Kazakistan di essere troppo succubi della Cina e della sua repressione.

Mosca (AsiaNews) - “Nursultan otanymdy jeme! (Nursultan non si mangi la mia patria!)”: è lo slogan principale che ha dominato le manifestazioni di protesta in diverse città del Kazakistan lo scorso 28 febbraio (foto 1). Migliaia di persone hanno dimostrato nella capitale Nur-Sultan, ad Almaty, Aktobe, Shimkent e Uralsk chiedendo di realizzare le riforme politiche discusse da tempo, di liberare i prigionieri politici e prendendosela contro il “presidente eterno” Nursultan Nazarbaev. Anche il Kazakistan, quindi, si aggiunge ai tanti Paesi ex-sovietici agitati dai venti dei cambiamenti, fra cui spiccano la Bielorussia, la Moldavia e la stessa Russia, e altri Paesi dell’Asia centrale.

Ad Almaty, la ex-capitale, la folla si è radunata in due punti della città: presso il palazzo di Baluan Sholak, l’eroe kazako dell’800, dove si è radunato il gruppo che intende fondare il Partito Democratico, la polizia ha arrestato 20 persone, circondandole con la tattica del kettling (il “recinto”) e picchiandole selvaggiamente. Ai giornalisti è stato proibito il passaggio nella zona, che è stata chiusa al traffico, bloccando anche la stazione più vicina della metropolitana.

Nel Parco centrale della cultura e del riposo di Almaty si sono invece radunati i sostenitori del politico in esilio Mukhtar Ablyazov. Il parco è stato chiuso all’ingresso, dove la polizia ha fermato i manifestanti con altri arresti e repressioni di massa. Anche a Nur-Sultan i dimostranti sono stati circondati intorno alla moschea principale della città, dove intendevano ricordare l’attivista Dulat Agadil, morto un anno fa in prigione in circostanze misteriose. Anche in altre città la polizia ha effettuato arresti preventivi, e bloccato con violenza le proteste (foto 3).

Il primo a lanciare le iniziative di protesta è stato l’attivista Maks Bokaev, liberato dalla prigione il 4 febbraio scorso, che ha radunato un gruppo nella piazza centrale di Atyrau, città dov’è stato rilasciato. A lui si sono aggiunti nelle varie città altri gruppi di opposizione, come i democratici guidati da Janbolat Mamaev e i membri della “Scelta Democratica del Kazakistan”, guidata dall’estero da Ablyazov, che un tribunale kazako ha dichiarato “formazione estremista”.

Solo nella città di Uralsk la manifestazione di protesta era stata concordata con le autorità. Sulla piazza Manshuk Mametova è intervenuto a nome degli organizzatori il giornalista Lukpan Akhmedyarov, invocando cambiamenti politici e la definitiva uscita di scena del “dittatore Nazarbaev, con il suo Nur-potere”, oltre alla liberazione di tutti coloro che sono detenuti per motivi politici. Una delle riforme invocate è la libera elezione dei sindaci e governatori (Akimy) a tutti i livelli dell’amministrazione.

Tra i gruppi scesi in piazza ci sono anche i profughi dallo Xinjiang, sfuggiti alle repressioni cinesi, che temono cambiamenti nella politica di Turchia e Kazakistan nei confronti della Cina, dettate dal timore di offendere il potente vicino (foto 4). Lo scorso autunno, la concessione dell’asilo politico a due profughi, Kayshe Akan e Murager Alimuly, era stata accolta come una “lieta sorpresa”, come ha scritto l’agenzia Eurasianet, che però non ha avuto seguito. Gli stessi Akan e Alimuly sono stati oggetto di aggressioni il 21 gennaio scorso, e la polizia si è giustificata affermando che “stavano tentando di trasferirsi in Svizzera”.

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