02/05/2017, 16.33
PAKISTAN
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Lahore, leader cristiani contro le violenze religiose. Un imam: Per il blasfemo, l’unica punizione è la decapitazione (Video)

di Kamran Chaudhry

Gruppi islamici esigono il rilascio degli arrestati per linciaggio di un giovane studente “blasfemo”: I prigionieri “sono servitori del profeta Maometto!”. Lo Stato appare “assente” e i crimini rimangono impuniti.

Lahore (AsiaNews) – L’arresto di 47 giovani sospettati di essere gli autori del linciaggio di un giovane, accusato di blasfemia, sta dividendo la nazione. Mentre alcuni gruppi islamici domandano con insistenza la liberazione dei sospetti, leader cattolici e protestanti domandano un processo giusto e la fine dell’impunità per queste violenze.

“Il governo deve rifiutare ogni espediente e compiere quanto è buono nell’interesse della nazione”, afferma ad AsiaNews il pastore Shahid P. Meraj, decano della cattedrale anglicana della resurrezione a Lahore. “Vogliamo onorare il sacrificio di Mashal Khan [il giovane trucidato- ndr] e chiediamo una netta punizione per i suoi assassini. Quello che chiediamo è che vi sia un Paese imparziale che purtroppo sta svanendo tristemente! Per anni siamo stati vittime di questi estremisti. I politici dovrebbero pensare oltre le questioni di potere e incominciare a salvare la vita delle persone”.

Il pastore Meraj si è espresso così anche in una veglia per Khan, che accusato di aver commesso blasfemia contro l’islam, è stato ucciso da una folla violenta all’università Abdul Wali Khan di Mardan lo scorso 13 aprile. La veglia è stata organizzata il 30 aprile scorso dalla Cecil e Iris Chaudry Foundation (Cicf), una Ong a sostegno delle minoranze religiose al Liberty Roundabout. Oltre 100 partecipanti hanno gridato slogan contro l’estremismo religioso e le violenze di massa, mentre era esposta una gigantografia dello studente ucciso.

Diversi leader ecclesiali si sono complimentati con la polizia per aver arrestato Imran, il primo sospettato per l’assassinio, che era compagno di scuola di Khan. Nella sua dichiarazione di confessione, Imran afferma che egli ha aperto il fuoco contro Khan perché l’ucciso era colpevole di blasfemia ed egli non è per nulla dispiaciuto per averlo assassinato. La polizia di Mardan ha dichiarato che sui 49 accusati del caso, 47 sono stati già arrestati.

Intanto, lo scorso 28 aprile, dopo la preghiera del venerdì, il consiglio degli ulema Muttahida ha organizzato una dimostrazione vicino all’ufficio del distretto amministrativo di Mardan per chiedere il rilascio di tutti i sospettati che sono nelle mani della polizia. Qui una folla di almeno 8mila persone gridava slogan quali: “Maledetti blasfemi! Maledetto Mashal! Maledetti i suoi compagni!” oppure “Basta con i media inutili e insolenti!” (v. video)

Un dottore coranico, in un video visibile sui social media, afferma: “I giovani studenti universitari imprigionati a Mardan sono servitori del profeta Maometto. Ascoltate cosa dicono, altrimenti non so come potrete presentarvi al profeta Maometto nel giorno del giudizio. L’unica punizione per il blasfemo del profeta è la decapitazione”.

Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione episcopale di Giustizia e pace ha chiesto al governo di svegliarsi: “Solo lo Stato può fermare questi elementi; la società [civile] è indifesa. Le forze dell’ordine dovrebbero prendere nota di questo tipo di discorsi: essi sono una sfida aperta allo Stato stesso. Guardando i social media dopo questa tragedia, il livello di radicalizzazione è divenuta allarmante in modo estremo”.

La Cicf chiede anche giustizia per le vittime della blasfemia. In una dichiarazione pubblica affermano: “Se i responsabili dell’assassinio di Mashal Khan e di tutti gli assassinati in nome della religione non sono messi in prigione, incidente come questi continueranno e si moltiplicheranno”.

“L’attitudine a farsi giustizia in strada mostra una mancanza di governo, il fallimento dell’amministrazione civile nell’imporre la legge e le ambiguità del sistema giudiziario. Esso di continuo permette a questi crimini contro l’umanità di rimanere impuniti. L’impunità legata alla violenza in nome della religione deve avere fine”.

 

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