02/12/2008, 00.00
CINA
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La popolazione cinese applaude un omicida e critica la giustizia

Il sistema giudiziario, sotto il controllo del Partito comunista, è sempre più sentito come uno strumento di oppressione e controllo. Per reazione, la gente prende le parti di “criminali” trattati in modo ingiusto.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – E’ diventato quasi un eroe popolare contro le violenze della polizia e gli abusi Yang Jia, giustiziato il 26 novembre per l’uccisione di 6 poliziotti nel distretto di Zhabhei (Shanghai). Simbolo della scarsa fiducia della popolazione verso la giustizia.

Yang, disoccupato di 28 anni, il 1° giugno ha ucciso 6 poliziotti e feriti altri 3 con un coltello. Ma il suo caso ha suscitato la simpatia generale perché ha reagito a  un arresto ingiusto e alle torture subite ad opera della stessa polizia tempo prima. E anche perché nel processo non gli sono stati garantiti diritti elementari: non ha potuto scegliersi un avvocato e non è stato ammesso quello scelto da suo padre, che la Corte ha sostituito  con un difensore che lavora per il dipartimento governativo di Zhabei. In appello, del pari, non è stato ammesso il famoso avvocato scelto dalla famiglia. La questione della possibile infermità mentale è stata risolta in modo sbrigativo. L’intero processo è durato meno di tre mesi, compreso l’appello. Sua madre Wang Jingmei, l’unica a conoscenza dei maltrattamenti subiti dal figlio, è scomparsa durante il processo: poi è risultata internata all’ospedale mentale Ankang di Pechino gestito dalla polizia. L’esecuzione è avvenuta in tutta fretta, dandone notizia alla famiglia (che vive a Pechino) solo la sera prima.

Durante il processo, a Shanghai, centinaia di persone hanno manifestato fuori del Tribunale, perfino inneggiando slogan come “Lunga vita all’eroe col coltello”. Alla fine di ottobre oltre 2.500 persone hanno aderito in pochi giorni alla petizione online a suo favore, comprese note personalità, prima che fosse cancellata. Dopo l’esecuzione, qualche internauta ha persino proposto tre giorni di lutto.

Danny Gittings, accademico in diritto dell’Università di Hong Kong, commenta al South China Morning Post che “il vero problema è che il sistema legale cinese è controllato dal Partito comunista (Pc). Pubblica accusa, polizia e giudici sono tutti sotto controllo dei comitati politico-legali del Pc, che esistono a ogni livello dello Stato”. “Non hanno alcuna indipendenza”.

Esperti osservano che la giustizia in Cina è utilizzata per reprimere ogni dissenso, piuttosto che per tutelare i diritti. Anche in casi recenti, come il latte alla melamina, alle famiglie danneggiate non è stato (finora) concesso di agire per il risarcimento dei danni.

Sotto accusa è anche la pena di morte. Zhu Zhanping, avvocato di Xian, dice che “è troppo facile condannare a morte un innocente e troppo difficile far poi cambiare questo verdetto”. La pena è prevista per 68 crimini, comprese l’evasione fiscale e la caccia di frodo dei panda.

E’ rimasto famoso il caso del contadino cinese condannato a morte per l’omicidio della moglie, tornata poi a casa dopo 11 anni. La sentenza non era stata ancora eseguita. In appello l’uomo aveva affermato che la dettagliata confessione dell’omicidio gli era stata estorta dalla polizia con la tortura.

E’ significativo che mentre prima i condannati sfilavano in pubblico, additati alla vergogna, dal marzo 2007 una circolare ha “proibito” queste parate.

 

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