27/03/2007, 00.00
VATICANO - ISRAELE
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La delegazione israeliana diserta l’incontro in Vaticano

di Arieh Cohen
La riunione “plenaria” era fissata da tempo. Si doveva lavorare a un “trattato globale” su sicurezza giuridica e fiscale per la Chiesa in Israele. Il faticoso processo era iniziato anni fa, spinto dalla magnanimità e fiducia di Giovanni Paolo II. Delusione e dolore nel mondo ecclesiale.

Tel Aviv (AsiaNews) - La Delegazione dello Stato di Israele, attesa in Vaticano per il 29 marzo, ha deciso di non presentarsi all'appuntamento. Lo avrebbe comunicato solo ora, a pochissimi giorni da quella che sarebbe stata la prima "Plenaria" dei negoziati tra le due Parti dopo un intervallo di cinque anni.

La notizia si è subito diffusa tra i giornalisti a Roma, che si occupano del Vaticano, giacché alcuni tra i più influenti erano invitati ad incontrare il Capo della Delegazione israeliana il 29 sera, dopo i negoziati in Vaticano, così che le stesse Autorità israeliane si son viste costrette a informarli della decisione di non inviare la Delegazione.

In assenza, finora, di commento ufficiale da parte della Santa Sede, non è ancora possibile valutare quanto grave è la ferita che può essere stata inflitta ai rapporti bilaterali da questa mossa insolita, che segue una lunga serie di altri appuntamenti - sempre nel quadro dei negoziati, ma finora soltanto a livelli "inferiori" - che sono stati poi disdetti o disattesi dalla parte israeliana.

L'incontro disdetto da Israele, delle squadre dei negoziatori per la Santa Sede e per lo Stato di Israele, al completo, si sarebbe tenuto in Vaticano, giovedì 29 marzo, per fare ancora un altro tentativo di portare a conclusione le trattative iniziate l'11 marzo 1999. L'ultimo incontro dei negoziatori a questo livello si è tenuto 5 anni or sono. Da allora i negoziati hanno proceduto, seppur sporadicamente, al "livello di lavoro".

Come è ben noto, il fine dei negoziati è la firma di un "trattato globale" su tutte le questioni di tasse e proprietà attualmente pendenti, per dare alla Chiesa in Israele quella sicurezza giuridica e fiscale, di cui ha bisogno. In termini pratici, la Chiesa Cattolica desidera veder riconfermate le storiche esenzioni fiscali, che aveva già acquisito nel 1948, al momento della creazione dello Stato di Israele. Parimenti la Chiesa spera per la restituzione di proprietà ecclesiastiche confiscate - per esempio, la chiesa-santuario di Cesarea, confiscata negli anni '50 e successivamente rasa al suolo. In particolare poi, viene ritenuto importante per la sicurezza dei luoghi sacri di proprietà della Chiesa, assicurare che gli eventuali contenziosi che li riguardano siano decisi dalle corti giudiziarie di Israele, secondo il diritto, e non, come potrebbe accadere oggi, dai politici, in maniera puramente discrezionale.

Nella Chiesa in Israele c'era molta attesa per l'esito di questo incontro - ora disdetto in modo repentino da Israele - e la previsione della prima sessione "plenaria" dei negoziati dopo cinque anni, aveva suscitato un cauto ottimismo, ora sostituito per l'ennesima volta dalla delusione.

Un  esito positivo delle trattative avrebbe potuto confermare la fiducia nella saggezza della scelta della Chiesa, nel 1993, di procedere alla firma dell' "Accordo fondamentale" con lo Stato di Israele, e di allacciare con esso, pochi mesi dopo, i pieni rapporti diplomatici, anche mentre si affidavano a negoziati e accordi successivi materie di importanza decisiva.

Il giurista francescano p. David-Maria A. Jaeger, massimo esperto di rapporti Chiesa-Stato in Israele, (prima di essere informato dalla cancellazione unilaterale) aveva spiegato così ad AsiaNews  il ragionamento che aveva portato alla scelta del ‘93: "Si credeva meglio procedere comunque, per dimostrare, subito, sin dall'inizio, la buona fede della Chiesa, e la fiducia senza riserve che l'altra Parte avrebbe adempiuto i propri obblighi di diritto internazionale. C'era l'attesa, piena di speranza, che la fiducia e la magnanimità da parte della Chiesa non avrebbero mancato di suscitare magnanimità e fiducia anche dall'altra Parte. Si trattava di una decisione coraggiosa e generosa del Servo di Dio Giovanni Paolo II, e io, da parte mia, continuo a pregare e a sperare che si dimostri che davvero Egli aveva ragione". Richiesto da AsiaNews di esprimere un opinione sulla cancellazione unilaterale, il p. Jaeger si è limitato ad esprimere "incredulità" e "dolore", e ha rifiutato di fare altri commenti.

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