09/10/2009, 00.00
CINA - VIETNAM - UE
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La Cina protesta contro il prolungamento dei dazi europei sulle scarpe

L’Unione europea discute se prolungare di 15 mesi i dazi anticoncorrenza sleale per le calzature cinesi e vietnamite. Proteste di ditte cinesi, ma anche occidentali che lì hanno la produzione, che paventano una ricaduta sui prezzi del prodotto, a danno del cittadino.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le industrie cinesi protestano contro il progetto dell’Unione Europea di mantenere per altri 15 mesi le speciali imposte all’importazione per le calzature cinesi (del 16,5%) e vietnamite (10%).

L’Unione europea, guidata dai Paesi grandi produttori di calzature (Spagna, Italia, Francia, Polonia), dice che le ditte dei due Paesi usufruiscono di speciali aiuti da parte dei rispettivi Stati, ad esempio sotto forma di locazioni agevolate di terreni e locali o di fornitura di materie prime a prezzo di favore. Per questo sulle loro calzature nel 2006 sono stati posti dazi speciali per due anni, quale sanzione per la concorrenza sleale e per impedire un loro vantaggio rispetto agli altri prodotti. La sanzione è stata ripristinata ad ottobre, ma scadrà il 3 gennaio se non ci sarà il prolungamento di 15 mesi, ora all’esame della Commissione.

Jerry Shum, dirigente della holding Yue Yuen Industrial, maggior produttore mondiale di scarpe sportive e casual e fornitore di marche leader come Nike, Adidas e Timberland, osserva che questa misura serve solo a tenere più alti i costi delle calzature, con conseguenze negative sui consumatori. Protesta che questi dazi “colpiscono lo spirito del commercio libero”.

Analisti osservano che, in realtà, è in atto una vera guerra commerciale tra le industrie dei diversi Paesi, anche a causa della crisi mondiale che porta ogni Stato a voler favorire l’industria interna. La Federazione delle  industrie di Hong Kong stima che nel 2009 la crisi ha fatto chiudere circa il 10% delle 70mila fabbriche delle ditte di Hong Kong in Cina.

Ma la proposta incontra l’opposizione anche della European Footwear Alliance, che rappresenta multinazionali come Nike, Adidas e Timberland, che hanno portato in Cina e Vietnam la produzione. Il gruppo dice che questi dazi sono loro costati circa 800 milioni di euro negli ultimi 3 anni e mezzo e osserva che non si è capito chi ne abbia tratto beneficio. Osservano che, anche a causa di questa misura, “i prezzi sono aumentati in media di almeno il 10%, dopo l’imposizione della tassa nel 2006”.

La proposta è molto discussa anche tra i 27 Paesi europei, perché quelli che non sono gradi produttori di calzature vedono comunque con favore i bassi prezzi delle scarpe cinesi. La decisione sarà presa entro 20 novembre.

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