17/06/2011, 00.00
TIBET - CINA
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La Cina chiude il Tibet ai turisti stranieri fino alla fine di luglio

di Nirmala Carvalho
Cancellate migliaia di prenotazioni, anche i viaggi di gruppo. Un colpo all’economia della regione, ma anche una mossa preventiva nel timore che avvengano rivolte il 1°luglio, anniversario della fondazione del partito comunista cinese. Penpa Tsering: Non vogliono che la reale situazione sia vista da occhi indipendenti.
Dharamsala (AsiaNews) – Fino alla fine di luglio a tutti gli stranieri è proibito recarsi in Tibet. Le agenzie turistiche sono nel panico perché devono cancellare migliaia di prenotazioni: agli ospiti stranieri è proibito perfino andare in gruppi controllati. Il presidente del parlamento tibetano in esilio afferma: La Cina non vuole testimonianze indipendenti sulla sua dittatura.

La mossa di Pechino ha immediate conseguenze economiche: l’estate è il momento di massimo turismo per la regione autonoma, e culmina con alcuni festival buddisti in agosto.

Il portavoce del ministero cinese degli esteri, interrogato dai giornalisti sul senso di questo divieto, ha dichiarato di non sapere il perché. I responsabili delle agenzie di viaggio affermano che ci deve essere qualche “motivazione politica” dietro e immaginano sia una “punizione” per le dimostrazioni tibetane del maggio scorso, al ricordo del 60mo anniversario del governo comunista nella regione.

M il divieto è stato diffuso ai primi di giugno, ad anniversario già passato. L’ipotesi più accreditata è che Pechino voglia prevenire rivolte con l’avvicinarsi del 1mo luglio, quando tutto il Paese celebrerà i 90 anni dalla fondazione del Partito comunista cinese.

La Cina teme che vi siano rivolte come nel 2008, a pochi mesi dalle Olimpiadi, in cui sono morte 22 persone cinesi (secondo Pechino). Secondo i tibetani i morti fra i locali sono oltre 150.

In queste settimane vi è molta tensione nel Sichuan tibetano, presso Kirti, dove un monaco si è dato fuoco per protestare contro la dittatura cinese. La polizia ha allora circondato il suo monastero e ha obbligato i monaci a sessioni politiche di indottrinamento.

Secondo Penpa Tsering, presidente del parlamento tibetano in esilio, la decisione di Pechino “mostra che mentre la Cina esibisce 60 anni di ‘liberazione’ del Tibet, evita che la realtà della situazione venga vista dagli stranieri. Se tutto quello che i cinesi rivendicano è vero, perché questa paura? Non hanno fiducia nella situazione interna e temono che il Tibet sia visto da fonti indipendenti della comunità internazionale”.
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