La Chiesa condanna gli stupri di due bambine a Kathua e Unnao: ‘Non siamo una nazione senz’anima’
Oggi è iniziato il processo contro gli stupratori e assassini di Asifa Bano, otto anni. La chief minister del Jammu e Kashmir accetta le dimissioni di due ministri del Bjp che difendevano i killer. Vescovi: “Colpire le donne o le bambine per il solo scopo personale, politico o religioso, è un crimine contro l’umanità”.
New Delhi (AsiaNews) – La Chiesa cattolica dell’India condanna lo stupro di gruppo e l’omicidio della piccola Asifa Bano, 8 anni, avvenuto a Kathua (Jammu e Kashmir) e di una 16enne a Unnao (Uttar Pradesh), entrambi perpetrati e coperti da esponenti locali del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito nazionalista indù). In una nota diffusa da mons. Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), i vescovi esprimono “profondo dolore e angoscia per gli incidenti contro le donne”. Poi ribadiscono con forza: “Non siamo una nazione senz’anima”.
“È difficile rimanere indifferenti – continua la nota inviata ad AsiaNews – di fronte a quanto avvenuto a Kathua, dove una bambina di otto anni è stata brutalmente stuprata, torturata e uccisa con crudeltà. […] Ciò che ha reso ancora più deplorabili gli incidenti di Kathua e Unnao è la giustificazione di alcuni settori della società: le persone che avrebbero dovuto far rispettare la legge sono diventate sia persecutori sia difensori dell’indifendibile”.
Secondo i vescovi indiani, “non c’è giustificazione allo stupro; nessuno deve commetterlo e tutte le opinioni di buon senso devono parlare in una sola voce contro tali crimini”. “Colpire le donne o le bambine per il solo scopo personale, religioso o politico – aggiungono – non è nient’altro che un crimine contro l’umanità”. Allo stesso tempo, sottolineano, “non siamo una nazione senz’anima. Se così fosse, non si sarebbe manifestato quello sfogo di rabbia che abbiamo visto in tutto il Paese. La nostra nazione ha un’anima, un cuore o una mente”.
La Chiesa indiana si riferisce alle manifestazioni scoppiate in varie parti dell’India, a sostegno delle vittime e contro i criminali. Centinaia di persone sono scese in strada in Guajarat, Bandra (Mumbai), Chandigarh (Punjab), Pilibhit (Uttar Pradesh), Bangalore (Karnataka), Hyderabad (Telangana), Vijayawada e Visakhapatnam (Andhra Pradesh), e nella capitale Delhi. Le proteste della popolazione hanno spinto Lal Singh e Chander Prakash Ganga, i due ministri di governo del Bjp in Jammu e Kashmir che si erano espressi in favore degli assassini della piccola Asifa, a rassegnare le dimissioni; ieri sono state accettate dalla chief minister Mehbooba Mufti.
Oggi è iniziato il processo a carico degli otto arrestati per lo stupro di gruppo, tra cui un ex funzionario di governo e quattro poliziotti; l’unico minorenne del gruppo verrà giudicato con un procedimento a parte. A giudicare i colpevoli saranno due speciali procuratori di religione sikh, nominati per garantire la neutralità del caso che vede contrapposte le comunità indù e musulmana dello Stato indiano. La bambina infatti apparteneva alla comunità dei Gujjars, pastori nomadi di religione musulmana. Secondo la popolazione locale, a maggioranza indù, i pastori occupano le terre con il bestiame per modificare la composizione demografica del territorio. Il rapimento di Asifa Bano doveva servire ad allontanare i musulmani; ma poi si è trasformato in un brutale crimine.
Mons. Allwyn D’Silva, capo della Commissione Giustizia e pace dell’arcidiocesi di Mumbai, invita tutti a partecipare mercoledì prossimo (18 aprile) “ad un rally per la pace, per riconoscere la dignità intrinseca di ogni persona. Chiederemo giustizia per le vittime e raccoglieremo le firme”. Sr. Arina Gonsalves, della Pontificia commissione per la protezione dei minori, condanna “questo odioso crimine che è una vergogna per il nostro Paese. Il mio cuore è con la famiglia della bambina”.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
13/04/2018 14:47
06/12/2019 13:21