14/04/2005, 00.00
COREA DEL SUD – COREA DEL NORD – VATICANO
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L'eredità del papa per le due Coree

di Teresa Kim Hwa-young
Martiri, unità, diritti umani, convivenza interreligiosa: l'impatto del papato di Giovanni Paolo II sulla seconda chiesa d'Asia, nell'analisi di una giornalista di Seoul.

Seoul (AsiaNews) – I giornali sudcoreani hanno dato grande spazio alla morte e all'eredità di Giovanni Paolo II, per 2 volte in visita in Corea del Sud. Il giorno del funerale del pontefice il The Korea Times, il principale quotidiano in lingua inglese, ha dedicato 4 pagine al pontefice scomparso, intervistando il card. Stefano Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seoul, e il superiore dei missionari di Maryknoll nel paese, padre Gerald Hammond. Entrambi ricordano il grande affetto di Giovanni Paolo II per la Corea, e la sua preghiere per la riconciliazione fra Nord e Sud. AsiaNews presenta qui l'analisi di una giornalista cattolica sudcoreana sull'eredità del papa polacco per la società e la Chiesa delle due Coree.

Giovanni Paolo II lascia 4 eredità per la Chiesa e la società coreana: la memoria dei martiri, l'impegno per la riconciliazione delle due Coree, la testimonianza cristiana per la democrazia e la libertà, l'autentico dialogo interreligioso per il bene dell'uomo.

All'inizio del suo primo viaggio Giovanni Paolo II baciò il suolo coreano chiamandolo "terra di martiri": "Ho sempre pregato" disse il papa "perché mi venisse data la grazia e la gioia un giorno di visitare questo meraviglioso paese e il caro popolo di Corea, che ho sempre sentito vicino al mio cuore. Ora sono qui come vostro amico e apostolo della pace di Dio". Il pontefice ricordò il periodo delle persecuzioni dei cristiani: "La vostra terra, che ha attraversato prove e difficoltà, ha imparato come rinascere a nuova vita". E questo il papa lo ha riferito anzitutto alla vita della Chiesa: "Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani". Con la canonizzazione di Andrew Kim Tae-gon e altri 102 martiri Giovanni Paolo II realizzò anche una novità nella storia della Chiesa: la prima canonizzazione fuori dal Vaticano.

Con le preghiere, la costante solidarietà e l'azione concreta Giovanni Paolo II ha manifestato il suo interesse e preoccupazione per la Corea del Nord e la pacificazione fra le due Coree. Egli ha invitato i vescovi del Sud a manifestare solidarietà – con aiuti concreti e la vicinanza spirituale – alla popolazione del Nord. Quando nel 1995 la Corea del Nord soffrì una grave crisi umanitaria, il pontefice inviò una delegazione vaticana per fornire assistenza e soccorsi. Il papa contribuì offrendo un dono personale di 1 milione di dollari. In occasione della tragedia ferroviaria di Ryongchon del marzo 2004 il papa espresse la sua profonda vicinanza al popolo nordcoreano. Di recente aveva partecipato all'iniziativa di carità promossa dall'arcidiocesi di Seoul, "il digiuno di un pasto per aiutare i nordcoreani". Giovanni Paolo II ha sempre desiderato che si arrivi alla riunificazione della Corea attraverso il dialogo, il mutuo rispetto e l'amore fraterno: "La sofferenza di una Corea divisa" ha detto in un'occasione "è il simbolo di un mondo diviso, di una situazione mondiale che reclama la risposta di un atteggiamento nuovo e di un cuore nuovo".

Nei suoi viaggi in Corea il papa ha visitato anche Kwanju, la città dove centinaia di persone innocenti, impegnate per la libertà e la democrazia, sono state uccise dal regime militare negli anni '80. "Un cristiano" disse Giovanni Paolo II in quell'occasione "non può restare in silenzio di fronte alle gravi minacce della dignità umana, della pace e del vero progresso. La nostra fede ci obbliga a resistere quando ad un individuo, a gruppi sociali o ad interi popoli è impedito di essere pienamente se stessi". Con parole di consolazione per gli abitanti di Kwangju il papa disse: "Mi rendo conto delle vostre profonde ferite, difficilmente superabili da un punto di vista puramente umano. Proprio per questo spero che vi sia concessa la grazia della riconciliazione".

Visitando l'ospedale nazionale nell'isola di Sorokdo il papa ebbe parole di elogio per la "fraterna collaborazione interreligiosa" verso gli ammalati: "È per me una grande gioia vedere tra voi" disse il papa agli operatori e ai degenti dell'ospedali "cattolici, protestanti e buddisti vivere insieme in genuina fratellanza".

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