30/11/2018, 14.36
INDIA
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Kashmir, la chiesa dell’Holy Family un ‘faro di speranza’ contro le violenze

La parrocchia di Srinagar è composta da 35 famiglie di fedeli, anche se è frequentata da musulmani, sikh e indù. Il parroco: “La vita quotidiana è segnata da incertezza e assenza di pace”. Il sostegno a poveri e malati; i rapporti d’amicizia che vanno al di là dell’appartenenza di fede.

Srinagar (AsiaNews) – Un “faro di speranza e pace” in mezzo alle violenze. È quello che “tenta di essere” l’Holy Family Catholic Church, l’unica chiesa cattolica di Srinagar e la seconda in tutta la Valle del Kashmir. Lo dice ad AsiaNews il parroco, p. Roy Mathew, che racconta la vita della comunità locale segnata da incertezza e povertà. La Valle del Kashmir è infatti al centro di una lunga contesa tra India e Pakistan che si riaccende in maniera ciclica, lasciando dietro di sé solo una scia di “ferite aperte: povertà, disoccupazione, scuole che operano a singhiozzo, impossibilità di studiare, traumi psicologici, persone accecate dai proiettili pellet [pallini ad aria compressa, vietati ma ancora molto diffusi nei tafferugli che avvengono in zona, ndr]. I bambini sono quelli che soffrono di più”. Nessuno “sa che ne sarà di noi domani. Il risultato di tutto questo, è ovviamente l’assenza di pace”.

Nei giorni scorsi in Kashmir è riesploso il conflitto tra separatisti ed esercito. Nello Stato, riferisce il sacerdote, “l’incertezza domina la vita quotidiana ed è difficile programmare anche solo l’oggi”. La vita delle persone è segnata dal conflitto continuo tra le fazioni in campo, che portano l’amministrazione locale a decretare frequenti periodi di coprifuoco. Da parte loro, i guerriglieri legati a gruppi islamici danno vita a manifestazioni, scioperi, blocchi. Il parroco evidenzia che “le violenze affliggono anche i cattolici, i bambini vanno a scuola al massimo 100 giorni in tutto l’anno. I servizi della parrocchia però sono sempre attivi e tentiamo di mantenere una certa continuità”.

In mezzo a tutta questa situazione, dice p. Roy, “la Chiesa fa quello che può, sostenendo incontri di pace tra i gruppi. Organizziamo incontri nei ‘club per la pace’ all’interno delle scuole: in questo modo proviamo a gettare semi di pace e coesistenza nelle menti più ricettive dei giovani. Inoltre portiamo avanti iniziative di pace nelle scuole al confine tra India e Pakistan”.

Fondata nel 1896 su iniziativa dei missionari Mill Hill come cappella per il personale dell’esercito britannico di stanza in India, oggi la parrocchia conta 35 famiglie con 115 membri. I fedeli appartengono a diversi gruppi etnici (kashmiri, punjabi, dalit, adivasi, bengalesi) e la liturgia viene celebrata in tre lingue (urdu, inglese e hindi). “Ogni anno avvengono 2-3 battesimi, tutti all’interno della stessa comunità”. Alla chiesa sono legati tre conventi (suore di Madre Teresa, del Carmelo e della Presentazione della Beata Vergine Maria); si organizzano lezioni di catechismo; i parrocchiani più poveri sono aiutati nel pagare le rette scolastiche; medicine gratuite vengono offerte ai bisognosi, soprattutto musulmani.

La parrocchia è frequentata anche da fedeli di altre religioni: “Sikh, indù, buddisti vengono la domenica e partecipano alla messa. Centinaia di giovani musulmani si fermano in chiesa a pregare”. P. Roy fa notare che in tanti “chiedono di essere battezzati, perché credono che far parte delle Chiesa li faccia diventare ricchi. Noi però non li assecondiamo, ma manteniamo con loro un’amicizia fraterna”.

Secondo il parroco, “non sono ancora maturi i tempi per organizzare incontri [a livello istituzionale] per il dialogo interreligioso, dato che in diversi settori della popolazione è in crescita il fenomeno della radicalizzazione”. Inoltre solo quattro famiglie di cattolici “possiedono una casa di proprietà, tutte le altre vivono in affitto in abitazioni di proprietà di musulmani”. Questi ultimi non vedono di buon occhio “se sacerdoti e suore visitano le famiglie vestiti con l’abito talare, che ‘tradisce’ il credo religioso. I proprietari si potrebbero offendere e c’è il rischio che i cattolici vengano sfrattati”. Quindi i religiosi preferiscono effettuare le visite alle famiglie indossando abiti civili.

Al contrario, sottolinea, “incentiviamo la creazione di buoni rapporti con fedeli di altre religioni, per esempio partecipando ognuno alle feste dell’altro. A Natale li invitiamo a venire in chiesa e di solito [musulmani e sikh] portano regali e dolci”. Un esempio concreto di convivenza interreligiosa, conclude, è avvenuto a ottobre 2017 “quando dopo 50 anni è tornata a suonare la campana della chiesa, distrutta nel 1967 durante un rogo appiccato nei giorni della guerra arabo-israeliana. Alla cerimonia hanno partecipato un imam musulmano, un sacerdote indù, un monaco buddista, un leader Baha’i e uno sikh”.

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