30/06/2021, 11.21
MYANMAR
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Kalay: un altro sacerdote è morto per il Covid-19

Si è registrato un nuovo picco di contagi, ma gli ospedali sono al collasso per mancanza di personale e di ossigeno. In alcune città i funerali sono all'ordine del giorno. Nel frattempo continua la guerriglia tra l'esercito birmano e le milizie locali. Aung San Suu Kyi dagli arresti lancia un appello alla prudenza contro il virus

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Nella diocesi di Kalay, nel nordovest del Myanmar, ieri l’ennesimo sacerdote è morto di Covid-19. Monsignor Martin Suan Khan Mung è il terzo prete a perire per il coronavirus, ma secondo un rapporto di Radio Free Asia almeno 181 persone sono venute a mancare nella diocesi solo nel mese di giugno. 

Nelle zone che di recente hanno visto un nuovo aumento dei contagi, come Kalay, i funerali sono all’ordine del giorno. “Le morti in casa sono più comuni. Non ci sono abbastanza medici e infermieri o ossigeno negli ospedali, ecco perché la gente vuole curare i propri malati a casa”, hanno raccontato i residenti in forma anonima. “Più di 20 persone sono morte in un solo giorno. E la maggior parte di loro di Covid-19”. 

Nei giorni scorsi l’esercito ha imposto rigide misure di contenimento delle infezioni in almeno 11 città, imponendo alle persone di stare in casa e di non uscire dal proprio comune di residenza. 

In base ai dati ufficiali, ieri si sono registrati 1.312 nuovi casi d'infezione, ma gli esperti dicono che il tasso di contagio potrebbe essere molto più alto. Il giornale indipendente The Irrawaddy spiega che tra febbraio e giugno sono stati somministrati tra i 1.500 e i 2mila tamponi al giorno, mentre dal 12 giugno i test effettuati si aggirano tra i 3mila e i 7mila. Prima del golpe del Tatmadaw (l’esercito birmano) di febbraio la media era di 17mila test giornalieri. 

Il sistema sanitario ora è al collasso. A gennaio la campagna vaccinale del Myanmar era partita dai medici e dagli infermieri, ma dopo il colpo di Stato molti hanno rifiutato di farsi inoculare la seconda dose per protesta. I media di regime hanno inoltre riferito che sono state identificate tre varianti del virus, tra cui quella delta, inizialmente apparsa in India.

Il 28 giugno, quando è apparsa in tribunale per l’ennesima udienza, Aung San Suu Kyi si è informata sulla situazione sanitaria del proprio Paese. “Ha detto agli avvocati di stare attenti al Covid-19, ricordandoci di lavarci le mani e di indossare maschere”, ha detto Min Min Soe, rappresentante legale dell’ex leader. “Ha anche chiesto di inviare lo stesso messaggio alla gente, di essere più attenti al Covid-19”.

Nel frattempo in tutto il Paese continuano le violenze e i combattimenti. Secondo un nuovo report dell’International Crisis Group, “la repressione pesante e indiscriminata del regime ha provocato lo sfollamento di decine di migliaia di uomini, donne e bambini”. E avverte: “Il rapido emergere delle milizie, e la loro capacità di evolvere da gruppi poco coordinati in forze più strutturate, meglio armate e finanziate in modo stabile, segna con ogni probabilità una nuova fase nella decennale guerra civile in Myanmar”.

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