10/01/2020, 09.12
AFGHANISTAN
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Kabul inizia il rimpatrio in Pakistan di famiglie dell’Isis

Nella prima fase almeno 50 donne e 76 bambini saranno riconsegnati ai parenti. A novembre 2019 oltre 1.300 militanti islamici si sono arresi alle forze militari afghane, stanchi di combattere. Capo tribale: “Il governo afghano, il popolo afghano e gli ulema mandano indietro le donne con onore”.

Kabul (AsiaNews) – Le autorità afghane hanno iniziato il rimpatrio delle famiglie di combattenti dello Stato islamico che si sono arresi al governo di Kabul alla fine del 2019. Nella prima fase, riferisce la Bbc, saranno scortate fuori dal territorio 50 donne e 76 bambini, tutti nativi del Pakistan. Le operazioni d’identificazione per la “riconsegna ai parenti” sono iniziate ieri a Jalalabad, nella base militare della provincia di Nangarhar.

La resa dei militanti del Califfato islamico – Daesh nella terminologia araba – è avvenuta a novembre dello scorso anno. In quell’occasione, il presidente Ashraf Ghani ha dichiarato che più di 1.300 fondamentalisti hanno abbandonato le armi e si sono consegnati alle forze militari afghane, stanchi di combattere.

Essi sarebbero ex membri del gruppo islamico Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), giunti nelle aree di Nangarhar per unirsi all’Isis dopo l’avvio dell’operazione “Zarb-e-Azb” adottata da Islamabad contro vari gruppi militanti, tra cui il Ttp. Dopo essersi stabiliti delle aree controllate dai militanti, hanno fatto trasferire anche le famiglie.

Secondo le autorità di Kabul, tra i familiari di coloro che si sono arresi ci sarebbero donne e bambini provenienti dalla Valle di Tirah e dalle agenzie di Orakzai e Bajaur (nelle Aree tribali di amministrazione federale) in Pakistan. La loro riconsegna è stata stabilita durante alcuni incontri con i capi tribali. Dopo una di queste assemblee di anziani, chiamate “jirga”, è stata stabilita la cessione di mogli e figli degli arresi ai rispettivi parenti, a patto che fossero questi ultimi ad andare a prenderli.

Malik Usman, capo tribale di Jalalabad, dichiara: “Questa è la tradizione degli afghani. Queste persone sono giunte in Afghanistan per un’incomprensione. Il governo afghano, il popolo afghano e gli ulema mandano indietro le donne con onore”. Ad attendere alcune di esse, ieri c’era il signor Jan Mohammad, dalla Valle di Khyber. Egli ha aspettato alcuni giorni mentre i funzionari controllavano i documenti di tre donne e quattro bambini, trasferitisi in Afghanistan cinque anni fa con i suoi due figli.

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