Islamabad, prosciolti dall’accusa di blasfemia gli intellettuali rapiti
I blogger e attivisti si trovano tutti in fuga all’estero. Il loro rilascio favorito dalle pressioni dell’opinione pubblica. Un attivista ha parlato di tortura. La richiesta di un’indagine contro coloro che diffondono “falsa propaganda”.
Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – L’Alta corte di Islamabad ha prosciolto dall’accusa di blasfemia perché “il fatto non sussiste” i cinque intellettuali attivisti rapiti e poi ricomparsi lo scorso anno in Pakistan. Gli attivisti, tra cui un noto professore universitario critico del governo, si trovano tutti all’estero, fuggiti per scampare proprio alle ritorsioni degli estremisti che li incolpavano di oltraggio al profeta Maometto. I funzionari della Federal Investigation Agency (Fia), che avevano aperto il caso, hanno dichiarato davanti al giudice di non aver trovato prove evidenti che dimostrino la colpevolezza degli indagati.
Asad Tariq, avvocato difensore, ha dichiarato che la corte ha respinto tutte le accuse e affermato che “nessuno deve essere indagato secondo la falsa accusa di blasfemia”. In Pakistan il caso dei blogger e intellettuali rapiti a gennaio 2017 ha fatto tanto scalpore che il loro rilascio è stato reso possibile grazie alle pressioni della società civile.
Nel giro di una settimana lo scorso anno sono spariti tra Lahore e la capitale: Samar Abbas, presidente della Civil Progressive Alliance Pakistan (Cpap); Salman Haider, noto poeta e professore alla Fatima Jinnah Women’s University di Rawalpindi; Ahmad Waqas Goraya e Aasim Saeed, cugini e blogger; Ahmed Raza Naseer, malato di poliomelite, blogger e attivista.
Da subito attivisti e organizzazioni internazionali hanno addebitato le misteriose sparizioni alle forze di sicurezza, nel tentativo di mettere a tacere le voci critiche verso il governo e diffondere un clima di terrore tra la popolazione. In seguito la violenta campagna attuata su radio e canali televisivi da parte di estremisti islamici ha portato alla registrazione del caso per “blasfemia sui social network”.
Dopo il rilascio, il blogger Goraya è fuggito in Olanda ed è stato l’unico ad aver rotto il silenzio sulla detenzione. In quell’occasione egli ha parlato apertamente di tortura da parte dei militari dell’esercito e ha ribadito: “Non ho niente contro il Pakistan. Niente contro l’islam. Sono critico nei confronti della politica perché vorrei vedere un Pakistan migliore”. Ora, dopo la decisione dei giudici di Islamabad, chiede al tribunale “di aprire un’indagine contro coloro che hanno tentato di coinvolgere i blogger nelle accuse di oltraggio al profeta e hanno condotto una falsa propaganda contro di noi”.
02/01/2018 15:06
01/02/2017 12:30