14/01/2005, 00.00
IRAQ
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Iraq, contro le elezioni sciiti nel mirino dei terroristi

Secondo mons. Warduni il Paese attraversa un “tunnel lungo e oscuro” e una parte degli iracheni “fa di tutto per impedire le elezioni”. Solidarietà alla comunità sciita, colpita dai terroristi.

Baghdad (AsiaNews) – “La situazione non è positiva e non si può essere ottimisti per il futuro: nel Paese manca la sicurezza e il clima di violenza aumenta ogni giorno”. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del patriarcato caldeo a Baghdad si dice “preoccupato” per l’escalation di violenze in Iraq e manifesta il proprio “cordoglio alla comunità sciita, nuovamente colpita dai terroristi”.

A tre settimane dalle elezioni presidenziali in Iraq, il timore di una guerra civile riappare con forza dopo l'omicidio di due assistenti del grande ayatollah Ali al Sistani. Ieri le forze ribelli hanno ucciso Halim al Mohaqeq, un collaboratore di al Sistani che lavorava nell'ufficio dell'ayatollah a Najaf. Mercoledì è finito nel mirino dei terroristi un altro rappresentante dell'ayatollah nella città di Salman Pak, assassinato insieme al figlio e a 4 guardie del corpo.

Gli omicidi sono gli ultimi di una serie di attacchi contro esponenti della comunità sciita, maggioritaria in Iraq. Il 27 dicembre, un'autobomba ha ucciso 13 persone nei pressi degli uffici del Consiglio supremo per la rivoluzione islamica (Sciri) a Baghdad. La comunità sciita rappresenta il 60% della popolazione in Iraq ed è stata oppressa per decenni sotto il regime di Saddam Hussein.

Mons. Warduni sottolinea che “la maggioranza degli attentatori viene dall’estero, ma ha trovato aiuti e appoggi in alcune frange della popolazione locale”.

La comunità sciita vuole portare il Paese alle elezioni, ma deve fronteggiare l’opposizione dei sunniti; mons. Warduni ribadisce che “c’è una parte del Paese che non vuole le elezioni e fa di tutto per impedirle” e le previsioni per il futuro non sono confortanti perché “l’Iraq si trova all’interno di un tunnel lungo e oscuro”. Un portavoce di Al Sistani afferma che “la forza degli sciiti è superiore” e potrebbe vincere con facilità una eventuale lotta contro i sunniti, ma “non è nostra intenzione trascinare l’Iraq in una guerra civile”.

La comunità internazionale si è mobilitata per garantire la sicurezza nel Paese e per consentire il regolare svolgimento delle elezioni, ma per il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad essa “non sta facendo tutto il possibile per aiutare l’Iraq” e denuncia l’atteggiamento ostile di alcune nazioni “che vogliono distruggere, non costruire”.(DS)

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