03/10/2008, 00.00
MYANMAR
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Io, Ashin Pannasiri, monaco dissidente fuggito dalle carceri birmane

Arrestato nell’ottobre 2007 in un internet cafè, egli è riuscito a evadere lo scorso 16 settembre e a trovare rifugio da alcuni amici in India. Della prigione racconta le torture e le violenze “fisiche e psichiche” subite. Da New Delhi continuerà la “lotta perla libertà e la pace in Birmania”.

Yangon (AsiaNews) – Ashin Pannasiri, monaco buddista di 28 anni arrestato il 18 ottobre 2007 in un internet cafè della città di Monywa, è riuscito a evadere dalle carceri birmane. Egli stesso racconta la sua fuga sul giornale dissidente The Irrawaddy, riferendo che l'evasione risale al 16 settembre scorso e che, dopo un viaggio di 13 giorni, ha trovato rifugio a New Delhi in India.

Il magazine rivela anche i dettagli dell’evasione: verso l’una del mattino del 16 settembre il monaco ha scavalcato due diverse recinzioni di filo spinato approfittando del fatto che le due guardie stessero dormendo. Abbandonata la prigione di Lantalang, nello stato del Chin – nell’ovest del Paese, al confine con India e Bangladesh, e fra i più poveri e arretrati di tutto il Myanmar – egli si è diretto verso il confine; varcata la frontiera a Mizoram, il monaco è entrato in territorio indiano e – senza un’idea ben precisa del percorso – si è diretto verso New Delhi, dove è arrivato a fine settembre dopo una fuga di 13 giorni.

“Quando ho scavalcato il filo spinato – racconta Ashin Pannasiri – mi sono ferito mani e gambe, ma non sentivo nemmeno il dolore. L’unico mio desiderio era quello di fuggire e mettermi in salvo”. Egli a vagato a lungo da solo, ignaro del cammino e si è nutrito di frutta e verdura raccolti lungo il percorso, bevendo acqua dai ruscelli. Al momento di varcare la frontiera, egli racconta di aver “evitato con cura gli abitanti di Mizoram”, che hanno cominciato a seguirlo: “Ero spaventato, perché ho sentito storie di stranieri uccisi o torturati se arrestati nella zona”.

Durante il regime carcerario egli racconta di essere stato “più volte” sottoposto a “interrogatori, torture e minacce fisiche e psicologiche”. “I militari mi hanno interrogato dal 18 – giorno dell’arresto del monaco – al 20 ottobre. All’inizio mi facevano alzare e abbassare in continuazione, poi mi hanno legato le mani dietro la schiena e preso ripetutamente a calci e pungi. Ogni domanda – denuncia – era accompagnata da calci e pugni”. Le sofferenze sono state così intense che egli a un certo punto si è abbandonato alla disperazione e ha pensato anche “al suicidio”.

Il 24 ottobre del 2007 è stato rinchiuso nella prigione di Monywa, divisione di Sagaing, dove ha trascorso sette mesi. Il 18 gennaio 2008 è stato condannato a tre anni di carcere in base a diversi capi di accusa, fra i quali il possesso illegale di valuta estera. A metà maggio le autorità lo hanno trasferito alla prigione di Kale, sempre nella divisione di Sagaing, dove ha passato alcune settimane prima dell’ultimo spostamento al carcere di Lantalang.

Il 15 settembre scorso, il giorno precedente la fuga, egli è stato di nuovo interrogato dai militari, al termine del quale ha avuto la percezione che lo stessero trasferendo alla prigione di Kale con una “doppia punizione”, in base alla quale non gli restava altra soluzione se non “un disperato tentativo di fuga”. Oggi Ashin Pannasiri ha trovato salvezza da alcuni amici a New Delhi e da lì ribadisce di voler continuare “la lotta per la libertà e la pace in Birmania”.

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