26/05/2010, 00.00
IRAN
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Il giovane dissidente iraniano per cui “nessuno piange”

Majid Tavakoli, universitario e attivista, è in isolamento dal 23 maggio nel carcere di Evin, a Teheran. Egli ha iniziato lo sciopero della fame e della sete. La madre denuncia le pessime condizioni di salute e accusa: nessun politico è intervenuto per liberarlo, come avvenuto per il regista Jafar Panahi.

Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Mentre il mondo esulta per la liberazione del cineasta iraniano Jafar Panahi, un altro prigioniero politico – nell'indifferenza della comunità internazionale – rischia la vita per protestare in carcere contro la repressione in atto nella Repubblica islamica.  Majid Tavakoli, membro della Islamic Association of Amir Kabir University, è stato arrestato già tre volte. L'ultima risale allo scorso 7 dicembre, dopo un suo discorso all'università nell'ambito delle proteste contro il risultato delle elezioni presidenziali di giugno. Da domenica 23 maggio, il giovane attivista è stato trasferito in isolamento nella famigerata prigione di Evin a Teheran e contestualmente è entrato in sciopero della fame e della sete.

La famiglia di Majid ora denuncia le gravi condizioni di salute in cui versa il ragazzo - che soffre già di problemi ai reni – e l'indifferenza del mondo e dei politici “democratici” iraniani alla sua sorte. In un'intervista al sito web Jaras, vicino all'opposizione, la madre di Majid denuncia: “Mio figlio non è un politico e neppure un artista. Il mondo non sa nulla di lui e nessuno piange per il suo sciopero della fame”. Il riferimento è alle lacrime di Juliette Binoche, durante la premiazione al festival di Cannes la settimana scorsa. L'attrice francese si era mobilitata, insieme ad altri artisti internazionali, a favore della liberazione di Panahi, anche lui in sciopero della fame. Le pressioni internazionali hanno portato ieri alla scarcerazione del regista de “Il cerchio”, arrestato lo scorso 2 marzo. La liberazione è avvenuta dietro pagamento di una cauzione da circa 200mila dollari, su disposizione del procuratore generale di Teheran.

La signora Tavakoli sottolinea che suo figlio è un semplice studente in favore del quale nessun politico ha cercato di intercedere con la Giustizia iraniana. Tanto più che i giudici negano anche a lei la possibilità di parlargli. Finora solo il leader “riformista” Mehdi Karroubi ha fatto visita alla famiglia Tavakoli e si è interessato alle condizioni di salute del  dissidente. “Non ho altra scelta se non quella di chiedere al mondo di venire in nostro aiuto”, conclude la donna, che sta portando avanti uno sciopero della fame a casa in solidarietà col figlio.

 

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