14/04/2006, 00.00
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Il dibattito sull'apostasia e l'Islam politico

di Samir Khalil Samir, sj

Il dibattito sull'apostasia sollevato nel mondo islamico dal caso di Abdul Rahman mette in luce lo sconcerto esistente nel mondo islamico, non solo sulla questione apostasia, ma su tutti i punti: i kamikaze, il terrorismo, il diritto familiare, l'amore.

Roma (AsiaNews) - Il peccato di apostasia di Abdul Rahman, che rischiava di portarlo alla condanna a morte, si è concluso in modo diplomatico con il suo espatrio in Italia. Ma la storia della conversione di Rahman al cristianesimo ha sollevato nel mondo islamico moltissime reazioni. Ho potuto leggere alcune centinaia di queste in alcuni forum di lingua araba, con commenti che venivano da tutte le parti del mondo.

Più precisamente, ho letto quasi 400 interventi del sito di al-Arabiya, con base nel Dubai, e dal sito arabo della Bbc, dove sono riportati diverse centinaia di interventi.

Leggendo questi interventi, ci si accorge che circa il 50% afferma che Rahman dovrebbe essere ucciso perché così è la sharia. Fra questi, per almeno uno su quattro, il motivo essenziale per comminare la pena di morte ad un apostata è questo: se si permette la conversione a un'altra religione, sarà fitnah (sedizione), spingerà altre persone a seguire questa strada, facendo divenire tutti cristiani. Per interrompere questa corrente, perché non sia considerata una via "normale" è meglio uccidere. Il tema della fitnah è coranico  (s'incontra 30 volte nel Corano) e spesso giustifica la violenza.

Ma vi è una minoranza, un 15%, dice che non è giusto ucciderlo, con i motivi che sappiamo (il Corano non dice nulla a riguardo, vi sono solo degli hadith che parlano di condanna a morte; ecc…); alcuni affermano anche che non è giusto uccidere Rahman perché ciò "è contrario ai diritti umani".

Di rado si afferma una specie di dovere della reciprocità. Qualcuno afferma: "noi ammettiamo che un cristiano si converta all'Islam, quindi in buona logica, dovremmo anche accettare il contrario".

Molti interventi però rifiutano questa opinione dicendo che "l'Islam è l'unica vera religione, l'ultima religione rivelata, che ha cancellato tutto ciò che le altre religioni hanno detto prima. Lasciare l'Islam sarebbe un tornare indietro nell'errore".

C'è anche la bellissima testimonianza di una donna, che si firma come "una credente musulmana egiziana". In uno scritto ben articolato, questa donna spiega che nel Corano vi è la libertà di scelta. In effetti vi sono versetti che dicono "Chi vuole creda; chi non vuole, non creda". Oppure: "Sei tu [Maometto –ndr] che costringerà la gente a credere?". Ma l'argomento della donna credente va oltre: "Se costringiamo la gente a credere nell'Islam, ella dice, allora avremo dentro la nostra comunità degli ipocriti, che non credono e questo fa più male che bene. Allora non si saprà più cos'è l'Islam, ma si ridurrà a un espediente politico". "Non ci serve – conclude la donna – aumentare il numero dei musulmani di nome, ma che non sono musulmani nel cuore e nelle azioni".

Motivi di conflitti e crisi nell'islam

Questo dibattito mette in luce lo sconcerto esistente nel mondo islamico, non solo sulla questione apostasia, ma su tutti i punti: i kamikaze, il terrorismo, il diritto familiare, l'amore, ecc. Vi è sempre una parte molto fondamentalista, soprattutto gli imam, che difendono la sharia, il jihad, che giungono fino alla brutalità. Poi vi sono i musulmani moderati che non approvano queste cose e sono in disaccordo su tanti punti: il valore della donna, il matrimonio, … Questa è la vera e profonda crisi dell'Islam: la gente non sa più cos'è il vero islam, non sa più a cosa credere perché per ogni elemento di fede vi sono tante interpretazioni.

Si cercano delle soluzioni, ma il problema fondamentale è il confronto fra il pensiero tradizionale – costituitosi nel IX-X secolo – indurito poi nei secoli seguenti  (nel Medioevo l'Islam era molto più aperto di oggi)  e la realtà che vivono i musulmani nei Paesi arabi, dove vi è un'evoluzione dei costumi.

Il secondo motivo di conflitto è dovuto all'immensità del mondo islamico, che abbraccia popoli poveri ed arretrati e popoli molto moderni. Paragonare un tribale dell'Afghanistan ad un uomo di Beirut o Tunisi, significa paragonare mondi molto diversi fra loro.

Tutto ciò causa una perdita di fiducia e di identità nel mondo musulmano. Il fatto che i Paesi islamici non siano fra i Paesi leader nella comunità internazionale; il fatto che non  vi sia un'autorità riconosciuta da tutti i musulmani, dopo la fine del Califfato (nel 1924) ad opera di Kemal Ataturk.

Le autorità religiose sono sempre meno aperte alla vita dei musulmani.

False soluzioni a questa crisi

Vedere il mondo musulmano che grosso modo fa parte del terzo mondo, spinge a tante soluzioni per riaffermare l'Islam.

- Il primo tentativo è stato il nazionalismo arabo, cominciato con Nasser nel 1954 e continuato in Libano, Siria, Iraq, che non ha dato alcun risultato né economico, né politico;

- poi venne il panislamismo (nel '69 è nata l'organizzazione internazionale dei Paesi islamici), assolutamente inconcludente. Noi Arabi diciamo che i Paesi islamici si sono messi d'accordo solo su un punto: quello di non essere d'accordo tra di loro. Questa ironia la dice lunga sulla nostra sfiducia;

- negli anni '60-70 è venuta l'ondata del socialismo e anche questo è fallito e concluso con gli anni '90.

Nei Paesi islamici, l'opposizione era stata sempre di sinistra: affermavano che l'Islam è "da sempre" e per natura socialista. Anche queste ideologie sono cadute.

A far fallire le pretese islamiche ha anche contribuito lo stato d'Israele: un piccolo stato è riuscito sempre a contrastare il blocco di tutti i Paesi arabi ed islamici.

Da tutti questi fallimenti è emerso come soluzione quasi disperata, il motto dei Fratelli Musulmani, da Hassan al-Banna: l'Islam è la soluzione (al-Islâm huwa al-hall)! A qualunque problema si accenni,  si afferma che l'Islam è la soluzione. Nel Corano e nella tradizione si cercano risposte ai problemi politici, economici, culturali, sociali, di famiglia… Questa specie di panislamismo estremista non ha altra visione che applicare la legge islamica come modo per far vincere l'Islam e per salvarlo dall'annegamento. Così vi è stato il recupero della religione, soprattutto il ricorso alla religione come argomento ideologico per la politica. Situazione che non serve né la politica né la religione!

 

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