12/11/2008, 00.00
THAILANDIA – MYANMAR
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Il card. Martino con la Chiesa thai nei campi profughi birmani lungo il confine

di Weena Kowitwanij
La visita del porporato sottolinea l’attenzione della Chiesa per i rifugiati. Secondo i responsabili delle associazioni cattoliche non bisogna solo portare aiuti, ma vanno eliminate le cause che spingono i profughi a fuggire.

Bangkok (AsiaNews) – “La vita in Thailandia è più confortevole che in Myanmar, la nostra terra d’origine, ma nei campi profughi ci sono restrizioni alla libertà di movimento. Ci sentiamo come uccelli in gabbia”. È la testimonianza di Moo Sa Pai, 19 anni, nata e vissuta in un campo profughi in Thailandia che accoglie i rifugiati birmani. Uno dei tanti dislocati lungo il confine fra Thailandia e Myanmar, visitato nei giorni scorsi dal cardinal Renato Martino, prefetto del Pontificio consiglio per la cura pastorale dei migranti. “La sua presenza ci ha riempito di gioia – racconta Pai, in attesa di raggiungere i genitori negli Stati Uniti – perché dimostra di avere a cuore la nostra sorte. Gli sono riconoscente per il suo aiuto”.

Il 9 novembre scorso il card Renato Martino ha celebrato una messa alla quale hanno partecipato oltre 1000 persone – metà delle quali non cattoliche – nel campo profughi di Mae-Lah, distretto di Maesod, appartenente alla diocesi di Nakhon Sawan. Durante la funzione il porporato ha ricordato le parole di Papa Benedetto XVI, che ha invitato quanti hanno l’occasione di andare in Thailandia a “visitare il campo profughi vicino al confine”.

Il dramma dei profughi risale agli anni ’70, quando la guerra in Indocina ha costretto centinaia di migliaia di persone ad abbandonare Laos, Cambogia e Vietnam alla volta della Thailandia. Secondo stime ufficiali, negli ultimi 20 anni sono 758mila i profughi accolti nei centri allestiti lungo il confine, ai quali il governo – sostenuto da associazioni e Ong, alcune cattoliche – ha fornito aiuti umanitari e un rifugio.

Nel dicembre del 1978 la Chiesa cattolica thailandese ha dato vita a una organizzazione – il Coerr, Commissione cattolica per gli interventi d’emergenza e i rifugiati – per portare assistenza umanitaria ai bisognosi. Fra i progetti avviati dal Coerr vi è anche la cura di oltre 2000 orfani sparsi in nove centri. I progetti di assistenza sono elaborati insieme al governo thailandese e sono un modo per far comprendere lo spirito e le motivazioni che animano i volontari cattolici impegnati nel sociale. “Ci occupiamo di igiene, istruzione e agricoltura”, dice p. Phibun Visitnonthachai, direttore del Coerr, ma ciò che conta è “costruire unità e armonia tra i diversi gruppi etnici, oltre a promuovere la collaborazione con gli enti thailandesi e i responsabili governativi”.

P. Manas Supphalak, 59 anni, trenta dei quali trascorsi come responsabile del campo profughi per i birmani Karen, sottolinea che “il sostegno fornito è solo il risultato finale”, ma vanno risolti i problemi che spingono i profughi alla fuga. “La vera ragione – conclude il religioso – è che queste persone non ricevono giustizia dai loro governi, i quali spesso li perseguitano nel tentativo di sterminarne la razza”.

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