08/07/2017, 09.44
ISRAELE - SIRIA
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Il 'bizzarro caso' di Bashar al-Assad e del gas nervino

di Uri Avnery

Il grande statista israeliano commenta le accuse al presidente siriano di aver bombardato la città di Khan Sheikhoun, lo scorso 4 aprile, e di usare gas letali contro il suo popolo. Ma mancano le prove che condannino Assad. In Siria, “tutti combattono con tutti gli altri contro tutti gli altri”. L’attacco punitivo di Trump contro il volere dei generali Usa e con il plauso dei media, “inconsapevoli prigionieri di bugie”.

Gerusalemme (AsiaNews/Gush Shalom) – Conan Doyle, il creatore del leggendario Sherlock Holmes, avrebbe intitolato questo incidente “Il bizzarro caso di Bashar al-Assad”.

E bizzarro lo è.

Riguarda le cattive azioni di Bashar al-Assad, il dittatore siriano, che ha bombardato il suo stesso popolo con il sarin, un gas nervino, provocando la violenta morte delle vittime.

Come tutto il resto del mondo, ho sentito dell’orribile atto poche ore dopo che era accaduto. Come tutti gli altri ero scioccato. E tuttavia…

E tuttavia, sono un giornalista investigativo professionista. Per 40 anni della mia vita sono stato caporedattore di una rivista settimanale investigativa che ha svelato quasi tutti i più grandi scandali di Israele nel corso di quegli anni. Non ho mai perso una causa per calunnia, e in verità sono stato denunciato di rado. Non sto menzionando ciò per vantarmi, ma per dare un po’ di autorevolezza a quanto sto per dire.

A mio tempo ho deciso di pubblicare migliaia di articoli investigativi, inclusi alcuni riguardanti le persone più importanti di Israele. È meno risaputo che ho deciso anche di non pubblicare centinaia di altri, che credevo essere manchevoli della necessaria credibilità.

Come decidevo? Allora, prima di tutto chiedevo prove. Dove sono? Chi sono i testimoni? C’è documentazione scritta?

Ma c’era sempre qualcosa che non poteva essere definito. Al di là di testimoni e documenti c’è qualcosa nella mente di un editor che gli/ le dice: “Aspetta, c’è qualcosa di sbagliato. Qualcosa che manca. Qualcosa che non suona”.

È una sensazione. Chiamatela voce interiore. Un tipo di intuizione. Un avvertimento che ti dice, nel momento in cui senti parlare del caso per la prima volta: “Attento. Controlla ancora e ancora”.

Questo è quanto mi è accaduto la prima volta che ho udito che, il 4 aprile, Bashar al-Assad aveva bombardato Khan Sheikhoun con il gas nervino.

La mia voce interiore mi ha detto: “Qualcosa non va. Qualcosa in questa storia puzza”.

Prima di tutto, è stato troppo veloce. Poche ore dopo l’evento, tutti sapevano che era stato Bashar.

Certo, è stato Bashar! Non c’è bisogno di prove. Non c’è bisogno di perdere tempo a controllare. Chi altri oltre Bashar?

Ebbene, ci sono diversi altri candidati. La guerra in Siria non è su due fronti. Non è neanche su tre o quattro fronti. È quasi impossibile contare i fronti.

C’è Bashar, il dittatore, e i suoi vicini alleati: la Repubblica islamica di Iran e il Partito di Dio (Hezbollah) in Libano, entrambi sciiti. C’è la Russia, vicina sostenitrice. Ci sono gli Stati Uniti, il nemico lontano. Ci sono le milizie curde. E c’è, ovvio, Daesh (o Isis, o SI), lo Stato Islamico d’Iraq e al-Sham (nome arabo per la Grande Siria).

Non è una guerra netta di una coalizione contro l’altra. Tutti combattono con tutti gli altri contro tutti gli altri. Americani e russi con Bashar contro Daesh. Americani e curdi contro Bashar e i russi. Le milizie “ribelli” l’una contro l’altra e contro Bashar e l’Iran. E così via. (Da qualche parte c’è anche Israele, ma zitti).

Quindi, in questo campo di battaglia bizzarro, come si poteva dire che il responsabile era Bashar dopo pochi minuti dall’attacco chimico?

La logica politica non punta in quella direzione. Di recente, Bashar sta vincendo. Non aveva alcuna ragione di far qualcosa che avrebbe potuto imbarazzare i suoi alleati, specie i russi.

La prima domanda che Sherlock Holmes porrebbe è: “Quale è il movente? Chi ha da guadagnarci qualcosa?”

Bashar non aveva alcun motivo. Bombardando con il gas i suoi cittadini aveva solo da perdere.

A meno che, è naturale, non sia pazzo. E niente indica che lo sia. Al contrario, sembra essere nel pieno controllo di sé stesso. Anche più normale di Donald Trump.

Non mi piacciono i dittatori. Non mi piace Bashar al-Assad, dittatore e figlio di un dittatore. (Assad, comunque, significa leone). Ma capisco perché è dove sta.

Molto prima della Prima guerra mondiale, il Libano era parte dello Stato siriano. Entrambi i Paesi erano un miscuglio di fedi e popoli. In Libano c’erano cristiani maroniti, melchiti greci, cattolici greci, cattolici latini, drusi, musulmani sunniti, musulmani sciiti e molti altri. Gli ebrei se ne sono per lo più andati.

Tutti questi esistono anche in Siria, con l’aggiunta dei curdi e degli alauiti, i seguaci di Ali, che potrebbero essere musulmani come no (dipende da chi parla). La Siria è anche divisa da due città che si odiano l’un l’altra: Damasco, la capitale politica e religiosa e Aleppo, la capitale economica, con altre città – Homs, Hama, Latakia – in mezzo. La maggior parte del Paese è desertica.

Dopo molte guerre civili, i due Paesi hanno trovato due diverse soluzioni. In Libano, si sono accordati con un patto nazionale, sulla base del quale il presidente è sempre un maronita, il primo ministro sempre un musulmano sunnita, il comandante dell’esercito sempre un druso e il portavoce del parlamento, un ruolo senza poteri, sempre uno sciita. (Prima di Hezbollah, gli sciiti erano al più basso gradino della scala).

In Siria, un luogo molto più violento, hanno trovato una soluzione diversa: un tipo di dittatura concordata. Il dittatore è stato scelto in una delle meno potenti sette: gli alauiti. (Gli amanti della Bibbia ricorderanno che quando gli israeliti scelsero il loro primo re, decisero per Saul, un membro della tribù più piccola).

Questo è il motivo per cui Bashar continua a governare. Le diverse sette e località hanno paura l’una dell’altra. Hanno bisogno del dittatore.

Cosa sa Donald Trump di questi intrecci? Ebbene, nulla.

Le immagini delle vittime dell’attacco chimico lo hanno scioccato in profondità. Donne! Bambini! Bei bambini! Per questo ha deciso su due piedi di punire Bashar bombardando una delle sue basi aeree.

Dopo aver preso la decisione, ha chiamato i suoi generali. Loro hanno obiettato debolmente. Sapevano che Bashar non era coinvolto. Sebbene siano nemiche, le forze aeree americane e russe lavorano insieme in stretta cooperazione (un altro dettaglio bizzarro) per evitare incidenti e iniziare la Terza guerra mondiale. Quindi sono informati di tutte le missioni. L’aviazione siriana è parte dell’accordo.

I generali sembravano essere gli unici semi-normali intorno a Trump, ma Trump si rifiutò di ascoltarli. Così, lanciarono missili per distruggere la base aree siriana.

L’America era entusiasta. Tutti i quotidiani anti-Trump, guidati dal New York Times e dal Washington Post, si sono affrettati a esprimere ammirazione per il suo genio.

Ed ecco giungere Seymour Hersh, un reporter investigativo rinomato in tutto il mondo, l’uomo che ha smascherato i massacri americani in Vietnam e le camere di torture americane in Iraq. Egli aveva investigato l’incidente in profondità ed era giunto alla conclusione che non c’è in assoluto nessuna prova e quasi nessuna possibilità che Bashar abbia usato il gas nervino a Khan Sheikhoun.

Cosa è accaduto dopo? Qualcosa di incredibile: tutti i celebri quotidiani statunitensi, incluso il New York Times e il The New Yorker, si sono rifiutati di pubblicarlo. E altrettanto ha fatto il London Review of Books. Alla fine, ha trovato un rifugio nel tedesco Welt am Sonntag.

Per me, questa è la vera storia. A tutti piacerebbe poter credere che il mondo – e in specie il “mondo occidentale” – sia pieno di quotidiani onesti, che investigano in modo approfondito e pubblicano la verità. Non è così. Sicuro, è probabile che non mentano in modo conscio. Ma sono inconsapevoli prigionieri di bugie.

Qualche settimana dopo l’incidente una stazione radio israeliana mi ha intervistato al telefono. L’intervistatore, un giornalista di destra, mi ha chiesto dell’ignobile uso di gas nervino da parte di Bashar contro i suoi stessi cittadini. Gli ho risposto che non avevo visto prove della sua responsabilità.

L’intervistatore era evidentemente scioccato. Ha cambiato in fretta argomento. Ma il suo tono tradiva i suoi pensieri: “Ho sempre pensato che Avnery fosse un po’ pazzo, ma ora è uscito del tutto di testa”.

A differenza del buon vecchio Sherlock, non so chi sia il colpevole. Forse Bashar, dopo tutto. Io so solo che non c’è alcuna prova che lo sia.

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