29/06/2021, 08.53
TAGIKISTAN
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Il Tagikistan festeggia l’unità nazionale (anche con il Covid)

di Vladimir Rozanskij

Nel 1997 il Paese è uscito da una sanguinosa guerra civile. Le celebrazioni segnano la perennità del potere di Emomali Rakhmon, il “presidente eterno”. Le sfide attuali della globalizzazione e della pandemia. Il governo tagiko nega ancora la diffusione del coronavirus.

Mosca (AsiaNews) – Tornano in Tagikistan i festeggiamenti per il Giorno dell’unità nazionale, limitati lo scorso anno a causa della pandemia da Covid-19. Il 27 giugno del 1997 il Paese è uscito da una sanguinosa guerra civile. Quel giorno il capo dello Stato tagiko Emomali Rakhmon (ancora in carica) e i leader dell’opposizione Said Abdullo Nuri e Khodži Akbar Turadžonsod hanno sottoscritto l’accordo “per la restaurazione della pace e dell’armonia nazionale”. La firma è avvenuta a Mosca, alla presenza dell’allora presidente russo Boris Eltsyn.

Il “presidente eterno” Rakhmon ha così potuto congratularsi con gli abitanti del Tagikistan, a 24 anni dall’intesa che segna anche la perennità del suo potere. Egli era del resto già al comando dal 1992, subito dopo la fine dell’Urss, essendo uno dei leader del Partito comunista sovietico poi scomparso. Con i suoi 68 anni (è nato due giorni prima di Vladimir Putin), Rakhmon potrebbe ambire a battere molti record di longevità al potere, vista anche l’assenza di qualunque forma di opposizione.

Il messaggio di Rakhmon è stato pubblicato sul sito presidenziale. Il leader tagiko ha ricordato i momenti drammatici della guerra civile, combattuta nei primi anni dell’indipendenza del Paese dall’Unione Sovietica, in cui sono morte tra 30mila e 60mila persone. “Decine di migliaia di madri – sottolinea l’uomo forte di Dushanbe – hanno perso i propri figli, molte mogli i propri mariti. Più di un milione di nostri concittadini sono diventati dei rifugiati, all’interno e fuori dei nostri confini”.

Rakhmon spiega che “la minaccia più terribile di quei giorni oscuri veniva dal fatto che abbiamo rischiato di distruggere la nazione tagika; il nostro giovane Stato poteva scomparire e la nostra storia finire nel nulla”. Il presidente ha dichiarato con enfasi che “il merito principale e il ruolo decisivo per garantire la pace e la sicurezza, la comprensione reciproca e l’unità nazionale, appartiene soltanto al popolo del Tagikistan”.

Il messaggio avverte dei pericoli  legati alle “condizioni imprevedibili” della società internazionale di oggi. Rakhmon nota che in tutto il pianeta vi è una “sempre maggiore complessità della situazione economica e politica”, con la diffusione delle infezioni pandemiche e l’ingovernabile processo della globalizzazione. Di fronte a tali sfide il compito del popolo tagiko non si può affatto considerare concluso.

Del resto anche le trattative che hanno portato alla pace nel 1997 sono state assai lunghe e faticose, con otto round di incontri che si sono prolungati per ben quattro anni. Rakhmon ha istituito la Festa dell’unità nazionale con un decreto del 22 maggio 1998. Da allora essa è celebrata con grande solennità, tranne lo scorso anno, quando per la pandemia (pur negata dalla leadership) le autorità hanno organizzato festeggiamenti in tono ridotto.

Anche in questi giorni, in realtà, il Covid-19 ha ricominciato a farsi sentire in Tagikistan e in tutta l’Asia centrale, già colpita da picchi di caldo estremo e siccità diffusa. Il governo tagiko cerca di tenere la situazione sotto controllo, ma come in tutti i mesi precedenti la tendenza rimane la negazione della diffusione del virus, declassando la maggior parte dei casi a “forme anomale” di polmonite o altre malattie.

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