27/08/2015, 00.00
YEMEN - ARABIA SAUDITA
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Hrw contro Riyadh: la coalizione saudita usa bombe a grappolo in Yemen

Fra aprile e luglio i sauditi avrebbero effettuato almeno sette attacchi con questi armamenti “dall’impatto devastante”. Gli attivisti chiedono la fine immediata dell’uso delle bombe a grappolo e la firma del trattato per la messa al bando. Dietro pressioni di Riyadh rinviata “a data da destinarsi” la riunione della Lega araba dedicata alla lotta allo Stato islamico.

Sana’a (AsiaNews/Agenzie) - La coalizione guidata dall’Arabia Saudita, impegnata in Yemen in una guerra contro i ribelli sciiti Houthi, continua a usare bombe a grappolo che colpiscono la popolazione civile, provocando morti e feriti. È quanto denunciano gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw) in un rapporto pubblicato in questi giorni e che mostra in almeno sette casi - tra fine aprile e metà luglio - l’uso di questi ordigni letali. L’organizzazione con base a New York lancia un appello a Riyadh, perché fermi l’uso di questi armamenti “dall’impatto devastante”. 

Le bombe a grappolo - ordigni contenenti un certo numero di sub-munizioni, che spesso restano inesplose sul terreno provocando danni a distanza di tempo dal lancio - hanno ucciso o ferito decine di civili. Sette i casi documentati e riguardano la provincia nord-occidentale di Hajja. 

Ole Solvang, ricercatore di Hrw e fra i curatori del rapporto, sottolinea che “le forze della coalizione devono interrompere immediatamente l’uso di queste armi e sottoscrivere il trattato che ne sancisce la messa al bando”. Gli attivisti avrebbero visitato di persona quattro dei siti teatro di attacchi, trovando sub-munizioni inesplose e altri ordigni riconducibili alle bombe a grappolo. 

Per questo Hrw si unisce all’appello di altre ong internazionali, chiedendo al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di dar vita a una commissione internazionale di inchiesta, per indagare sulle “gravissime violazioni” compiute dalle parti in lotta in Yemen. Le accuse riguardano sia le forze governative che le milizie ribelli, entrambe colpevoli di gravissime violazioni ai diritti umani. 

Dal gennaio scorso la nazione è teatro di un sanguinoso conflitto interno che vede opposte la leadership sunnita, sostenuta dall’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti Houthi, vicini all’Iran. Da marzo, i sauditi a capo di una coalizione, hanno lanciato raid aerei contro i ribelli. Secondo quanto riferiscono le Nazioni Unite, dal 19 marzo il conflitto ha causato la morte di almeno 4.500 persone – oltre un migliaio i civili – e il ferimento di altre 6mila. Nel contesto del conflitto sarebbero stati distrutti anche molti siti artistici antichi della capitale, considerati patrimonio dell’Unesco.

Intanto è stata rinviata “a data da destinarsi” su richiesta dell’Arabia Saudita la riunione della Lega araba, che avrebbe dovuto dare il via libera a una forza multinazionale regionale impegnata nella lotta contro lo Stato islamico (SI). Dopo quattro mesi, infatti, Riyadh - col sostegno di Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati e Iraq - ha ottenuto lo slittamento dell’incontro finale e decisivo. 

Analisti ed esperti di politica internazionale spiegano questo atteggiamento “attendista” con la lotta di potere “interna” al governo di Riyadh, cui si uniscono gli sviluppi del recente accordo nucleare iraniano. Perché una coalizione regionale abbia successo nella lotta contro i jihadisti, aggiungono gli esperti, è necessaria la presenza al suo interno di sunniti e sciiti e, di riflesso, del sostegno attivo di Teheran e di Riyadh, naturalmente.. 

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