Hariri si dimette: 'Nessuno è più grande del proprio Paese'
Il premier rende il mandato nelle mani del presidente Aoun, che ora ha due scelte: re-incaricaricarlo, magari con un esecutivo tecnico, oppure cercare una figura terza. I manifestanti esultano ma annunciano di non voler abbandonare le piazze. Il nodo di Gebran Basil, odiato dai dimostranti ma stimato dai vertici del Libano. La paralisi del Paese costa circa 500 milioni di dollari al giorno.
Beirut (AsiaNews) - Rien ne va plus fra il ministro degli esteri Gebran Bassil e Saad Hariri. Dopo 13 giorni di proteste anti-governative di oltre un millione di libanesi, il presidente del Consiglio libanese ha rinunciato al proprio incarico.
È la seconda volta che Saad Hariri si dimette: la prima poco meno di due anni fa, nel novembre 2017, quando venne costretto al passo durante un periodo di prigionia in Arabia Saudita, desiderosa di creare una crisi in Libano. La seconda volta ieri pomeriggio, quando con una dichiarazione-lampo ha annunciato di essere “arrivato ad un vicolo cieco”.
In base all’art. 53 della Costituzione libanese, il Presidente della Repubblica deve accettare le dimissioni ed emettere un Decreto presidenziale per nominare un nuovo premier; oppure chiedere al premier in carica di restare per un periodo di garanzia. Un anno fa il presidente della Repubblica Michel Aoun aveva congelato l’emissione del Decreto, con la giustificazione che il dimissionario era prigioniero e non in pieno possesso delle proprie facoltà. Questa volta le cose sono diverse: Hariri ha consegnato personalmente le proprie dimissioni in mano al Presidente.
Gioia ed applausi in piazza dei manifestanti che hanno considerato queste dimissione come una prima vittoria. Tuttavia, hanno sottolineato di non voler abbandonare le piazze fino alla sanzione di tutti i politici ladri e la restituzione dei soldi da loro rubati allo Stato in quattro decenni. Secondo una stima statunitense, la cifra si aggira sugli 800mila milliardi di dollari nei conti esteri, 367mila milliardi solo nelle banche svizzere.
Pochi minuti prima delle dimissioni di Hariri, visto che le forze dell’ordine non aprivano le strade bloccate, alcune squadre di motociclisti del centro di Beirut (che si sono presentati come abitanti locali, ma che tutti pensano siano seguaci di Amal e Hezbollah) hanno deciso di fare da soli e si sono riversati sulle piazze, aggredendo i manifestanti che sono fuggiti. Hanno dato alle fiamme (senza riuscire ad incendiarlo del tutto) il simbolo del pugno innalzato in piazza.
I motociclisti hanno poi distrutto le tende ed il podio con altoparlanti e megaschermo e non hanno abbandonato la Piazza dei Martiri fin quando non si è svuotata dai manifestanti fuggiti e con l’arrivo tardivo delle Forze dell’ordine e dell’esercito.
Secondo fonti sicure di AsiaNews, Hariri avrebbe chiesto di tenere fuori Gebran Basil (il più insultato fra tutti i politici durante le manifestazioni) da qualsiasi governo futuro che gli avrebbero chiesto di formare. La proposta è stata rifiutata dallo stesso Basil, che meno di anno fa aveva attivato i canali diplomatici internazionali ed il diritto internazionale per salvare Hariri e farlo rientrare in patria da quello che allora era stato definito come “arresti domiciliari facoltativi” a Riyadh.
Proposta respinta anche da Nabih Berri, presidente della Camera, e dal Presidente della Repubblica Michel Aoun, suocero del ministro Basil. Secondo Mostafa Alush, ex deputato libanese, uno dei motivi del “vicolo cieco” menzionato da Saad Hariri è dovuto proprio a Gebran Basil. E secondo molti seguaci di Basil (che gode dell’appoggio di metà dei cristiani in Libano) egli è odiato perché ha voluto andare in visita ufficiale in Siria e vuole far rimpatriare i siriani.
In un discorso di meno di 5 minuti e prima di dirigersi al Palazzo presidenziale, Saad Hariri ha cercato di giustificare la sua azione dovuta con le “sfide interne al Paese” e con la sua convinzione “di dover creare uno shock positivo e formare un nuovo governo capace di far fronte alle sfide e difendere gli alti interessi dei libanesi”.
Hariri è convinto che verrà richiamato a formare un governo transitorio di tecnocrati, vista la difficoltà di poter chiedere la stessa cosa alle tre altre figure carismatiche sunnite: Fuad Siniora, sospettato di aver rubato oltre 13 milliardi di dollari; Nagib Mikati, accusato di un furto di circa 14 millioni; e Tamam Salam. Hariri è sicuro anche dell’appoggio del Gran Mufti sunnita Abdelatif Fayez Darian, che è andato a trovarlo dopo le dimissioni. Tuttavia secondo fonti vicine al Movimento libero di Gebran Basil che conta la maggioranza al Parlamento, la ricandidatura di Hariri è fuori discussione.
Le banche e la Borsa continuano ad essere chiusi mentre il dollaro ha raggiunto in alcuni cambi del mercato nero la soglia delle 1800/2000 lire libanesi, contro le 1515 prima della chiusura delle banche. Ogni giorno di paralisi del mercato interno costa al Paese circa 500 millioni di dollari. Per questo motivo aumentano le richieste di molti saggi in Libano di continuare le manifestazioni ma senza bloccare le strade e paralizzare del tutto il Paese. Un governo transitorio composto da tecnocrati che viene approvato dal Parlamento sarebbe sufficente per i manifestanti?
Sembra di no, dal momento che continuano a chiedere le dimissioni di tutti i parlamentari e del presidente della Repubblica: chi dovrà allora, come sanscice la Constituzione, nominare un nuovo governo anche di facce pulite se non un premier nominato dal Presidente e approvato dal Parlamento? Il Libano è entrato in pieno in un circolo vizioso economico e politico: le rivendicazioni della gente sono giuste, ma nessuno sa come realizzarle. Mancano leader, ed ecco perché il presidente Aoun ha chiesto ai manifestanti di scegliere fra di loro qualcuno per avere interlocutori di dialogo.
03/11/2016 08:52
02/11/2016 10:13