15/02/2016, 07.48
UCRAINA-VATICANO-RUSSIA
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Greco-cattolici ucraini: “traditi” dalle “mezze verità” nella Dichiarazione comune di Francesco e Kirill

di Marta Allevato

L’arcivescovo maggiore di Kiev commenta l’incontro di Cuba: si sono incontrati “due mondi paralleli”. La Dichiarazione comune “in generale positiva” per la futura cooperazione. “Controversi” i punti che riguardano l’Ucraina: il Vaticano si è fatto sfruttare dalla diplomazia ortodossa russa.  Shevchuk ribadisce: la Chiesa greco-cattolica non ha mai sostenuto la guerra, causata invece dalla “aggressione russa”.

Mosca (AsiaNews) - La Chiesa greco cattolica ucraina si sente "tradita" dal Vaticano dopo l’incontro tra papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, lo scorso 12 febbraio a Cuba. Secondo il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, è stato l’incontro tra “due mondi paralleli”. “Lo abbiamo visto specialmente dai commenti seguiti all’incontro che le due parti che si trovano su due dimensioni diverse e si sono prefissi diversi obiettivi”, ha dichiarato Shevchuk in un’intervista pubblicata sul sito d’informazione della Chiesa greco-cattolica. Il Patriarcato di Mosca ha ribadito anche prima dello storico incontro che la Chiesa greco-cattolica è il più grande ostacolo al riavvicinamento di russo-ortodossi e cattolici. “Nessuna preghiera comune, l’aeroporto come un ambiente neutrale e non ecclesiastico. L’impressione - ha detto Shevchuk - è che esistano in due mondi paralleli; non so se queste due realtà si siano intersecate durante questo incontro, ma secondo le regole matematiche due rette parallele non si intersecano mai”.

L’arcivescovo di Kiev ha ammirato l’ “umiltà” del papa, “che cerca una sola cosa: portare la testimonianza del Vangelo di Cristo davanti all’umanità oggi”. Ha poi invitato a “non affrettarsi a giudicarlo, a non rimanere sul livello della realtà di coloro che si aspettano solo politica da questo incontro, che vogliono sfruttare a tutti i costi un Papa umile per i loro piani umani”. “Se non entriamo nella realtà spirituale del Santo Padre e non percepiamo con lui le azioni dello Spirito Santo, rimarremo imprigionati nel principi di questo mondo e dei suoi seguaci”, ha aggiunto, avvertendo che così “questo diventerà un incontro capitato e non accaduto”.

Sulla Dichiarazione comune (v.foto della firma), l’arcivescovo è poi stato più duro. Pur ammettendo che si tratta di un testo “in generale positivo”, che “solleva questioni che preoccupano sia cattolici che ortodossi e apre nuove prospettive di cooperazione”, ha sottolineato che i punti relativi all’Ucraina e in particolare alla Chiesa greco-cattolica “creano più domande che risposte”. La Dichiarazione congiunta firmata a Cuba lascia intendere che nell’ex repubblica sovietica  sia in corso "un  conflitto civile e non l'aggressione di un Paese vicino". “Per un documento che doveva essere non teologico, ma essenzialmente socio-politico è difficile immaginare una squadra più debole di quella che ha steso questo testo”, ha denunciato l’arcivescovo riferendosi esplicitamente al capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato russo ortodosso, il metropolita Hilarion e al cardinale Koch, del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Quest’ultimo, ha fatto notare, “è competente in questioni teologiche nelle relazioni con varie Chiese e comunità cristiane ma non è esperto in questioni di politica internazionale, specialmente in questioni delicate come l’aggressione russa in Ucraina”. “Questo è stato sfruttato dal Dipartimento per le relazioni esterne che è, prima di tutto, lo strumento della diplomazia del Patriarcato di Mosca”, ha denunciato Shevchuk, il quale ha poi fatto notare che pur essendo membro del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, nominato da papa Benedetto, “nessuno mi ha invitato a esprimere il mio pensiero e, come è successo già in passato, parlano di noi senza di noi, senza darci voce”.

Allo stesso tempo, al paragrafo 25 della Dichiarazione comune, si parla con rispetto della chiesa greco-ucraina riconosciuta come un soggetto delle relazioni tra Chiesa cattolica e ortodossa. “Sembra che non obiettino più al nostro diritto di esistere”, ha commentato l’arcivescovo di Kiev. “In realtà per esistere e agire non siamo obbligati a chiedere il permesso a nessuno”, ha poi aggiunto. “In passato siamo stati accusati di espansione nel territorio canonico del patriarcato di Mosca - ha ricordato - e ora il nostro diritti di occuparci dei nostri fedeli dovunque abbiano bisogno è riconosciuto. Presumo che questo si applichi anche alla Federazione russa, dove oggi non abbiamo la possibilità di esistere in modo libero e legale, o sul territorio dell’annessa Crimea, dove siamo ‘ri-registrati’ secondo la legislazione russa e nei fatto liquidati”.

Più critico Shevchuk si è dimostrato sul punto in cui la dichiarazione comune invita “le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto”. “Il punto 26 è il più controverso”, ha detto secco. “Si ha l’impressione che il Patriarcato di Mosca rifiuti di riconoscere che sia parte del conflitto, che apertamente supporta l’aggressione della Russia contro l’Ucraina e benedice le azioni militari della Russia in Siria come una ‘guerra santa’”, ha denunciato. “La stessa espressione ‘conflitto’ qui è oscura e sembra suggerire al lettore che vi sia un ‘conflitto civile’, piuttosto che un’aggressione da uno Stato confinante”. “Le Chiese e le organizzazioni religiose in Ucraina non hanno mai sostenuto la guerra e hanno lavorato costantemente per la pace e l’armonia sociale”, ha aggiunto, rilanciando:  “Indubbiamente questo testo ha suscitato profonda delusione fra i numerosi fedeli della nostra  Chiesa e tra i coscienziosi cittadini ucraini”.  “Mi hanno contattato in molti per dirmi che si sentivano traditi dal Vaticano, delusi dalle mezze verità del testo e dal sostegno indiretto  della Santa sede all'aggressione contro l'Ucraina”, ha riferito. “A ogni modo, incoraggio i nostri fedeli a non drammatizzare questa dichiarazione e non esagerare la sua importanza nella vita della Chiesa - ha poi concluso l’arcivescovo - Abbiamo sperimentato diverse dichiarazioni e sopravviveremo anche a questa”. “L’unione e la comunione con il Santo Padre, successore dell’apostolo Pietro, non è il risultato di un accordo politico o di un compromesso diplomatico, ma  è una questione della nostra fede”.

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