04/11/2009, 00.00
ISRAELE - PALESTINA
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Gerusalemme est: coloni israeliani espropriano a forza case palestinesi

Sempre più sentenze di tribunali israeliani per sgomberare famiglie palestinesi dalle loro case. Anche il governo di Tel Aviv contribuisce all’operazione abbattendo abitazioni che definisce abusive: dal 1967 ad oggi le demolizioni sono state circa 2mila, ma nel mirino delle autorità ci sono 15mila costruzioni da abbattere.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Un gruppo di 40 coloni israeliani ha assaltato con la forza una palazzina abitata da palestinesi a Sheikh Jarrah, Gerusalemme est, nel tentativo di espropriarla. Ieri, impugnando una sentenza del tribunale israeliano che attribuiva loro la proprietà della casa, i coloni hanno fatto irruzione nella palazzina abitata dalla famiglia al-Kurd accompagnati da una sorta di guardia privata.
 
I 29 palestinesi si sono trovati per strada sotto la pioggia, mentre i coloni buttavano dalle finestre i loro effetti personali. Alcuni testimoni affermano che la polizia ha tardato ad intervenire permettendo ai coloni di prolungare il loro assalto. Solo più tardi gli agenti si sono frapposti tra i sostenitori dei coloni ed alcuni dei palestinesi ormai venuti alle mani.
 
Attivisti palestinesi ed israeliani per i diritti umani, radunati nell'organizzazione Grassroots Jerusalem, per questa sera hanno indetto una veglia di protesta a Sheikh Jarrah per denunciare l’aggressione ed il fenomeno degli espropri forzati, sempre più frequenti nella zona araba di Gerusalemme.
 
Il caso della famiglia al-Kurd è solo l’ultimo registrato negli ultimi mesi. Il 30 ottobre una vicenda simile ha visto protagonista la famiglia Salah, residente a Beit Safafa. Una decina di coloni hanno fatto irruzione nella casa dei palestinesi affermando di aver acquistato l’abitato da un presunto proprietario armeno. Il Palestinian News Network riporta che i Salah hanno documenti che provano la proprietà dal 1966, ma in agosto la sentenza dell’Alta corte di giustizia israeliana ha emesso un’ordinanza di sgombero per la famiglia. All’irruzione sono seguiti tafferugli che hanno costretto in ospedale i cinque membri della famiglia. Due di loro, Sheha e Ali Ibrahim, hanno rispettivamente 89 e 100 anni.
 
Agli espropri dei coloni si aggiungono poi le demolizioni di proprietà palestinesi da parte delle autorità israeliane. Le ultime sono avvenute il 27 ottobre a Shuafat, Zur Baher, Silwan e Jabel Mukabar dove i bulldozer hanno abbattuto cinque abitati affermando che si trattava di costruzioni abusive.
 
Con questi metodi, dal 1967 ad oggi sono state abbattute 2mila case di palestinesi a Gerusalemme est; 400 solo nel 2008. Le costruzioni "abusive", in attesa di essere demolite, sono 15mila. A partire dalla Guerra dei sei giorni Israele ha insediato nella zona orientale della Città Santa quasi 190mila coloni contravvenendo alle leggi internazionali che sanciscono l’illegalità della presenza di Tel Aviv nei Territori occupati.
 
Il rabbino Yehiel Grenimann, membro dell’organizzazione israeliana Rabbis for Human Rights,afferma che il caso della famiglia al-Kurd “è l’ennesimo in cui i coloni impugnano la legge” per cacciare i palestinesi dalle loro case ed “è solo l’ennesimo passo per cacciarli fuori dalla zona”.
 
Il problema degli insediamenti illegali israeliani in territorio palestinese, a Gerusalemme est come in Cisgiordania, è il principale ostacolo alla ripresa dei colloqui di pace. L’Autorità palestinese chiede il congelamento di nuove colonie o almeno una moratoria di 9-12 mesi nella concessione di permessi per nuove costruzioni nella West Bank. Ma il governo di Tel Aviv non intende sospendere le costruzione e rilancia. Circa 2500 cantieri, aperti da tempo, proseguiranno i loro lavori. Ad essi se ne aggiungeranno altri 455 approvati dal governo di Benyamin Netanyahu ad inizio settembre.
 
A complicare ancor di più la situazione è giunta poi la visita a Gerusalemme di Hillary Clinton (vedi AsiaNews, 02/11/2009, “La visita di Hillary Clinton in Israele innesca la Terza Intifada”). Il 31 ottobre il Segretario di Stato Usa ha incontrato Netanyahu e al termine dei colloqui ha affermato che il processo di pace deve riprendere anche se Israele non congela gli insediamenti nei territori occupati. Una inversione a u rispetto alla posizione sin qui sostenuta dal presidente Usa Obama e dal suo inviato in Medio oriente, George Mitchell.
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